N. 23 - Aprile 2007
Dall'unità all'Inchiesta
Ornitologica Italiana
Storia dei primi tentativi di legge unitaria
sulla caccia - Parte I
di
Matteo Liberti
“In Italia esistono, è vero, prescrizioni legislative,
le quali limitano le epoche della caccia, [...], però
per difetti intrinseci, e direi dell’organismo delle
leggi medesime, [...], danno poco o niun frutto."
(Carlo Ohlsen)
La
questione della protezione degli uccelli utili in
Italia, alla fine del secolo XIX, era fortemente
condizionata dall’assenza di una legge unitaria.
Già
sul finire degli anni sessanta in molte decine di
Comuni avevano reclamato per ottenere provvedimenti al
riguardo, senza però ottenere risultato alcuno; ciò
avveniva soprattutto a causa della diversità delle
opinioni che erano coinvolte, diversità che affossava
puntualmente ogni proposta. Le disposizioni
legislative che regolavano la caccia erano ancora
quelle vigenti negli antichi Stati Italiani: c’erano
leggi Siciliane, leggi Napoletane, Pontificie,
Toscane, Lombarde, Venete, Marchigiane e altre a
decine; una molteplicità di norme differenti
portatrici di confusione e contraddizioni.
“Sembra impossibile, ma è così! In
Italia ogni regione possiede il codice di caccia che
aveva sotto gli antichi regimi. Dall’unificazione del
Regno sino ad oggi non si è ancor riusciti, malgrado i
molteplici progetti presentati, ad avere una legge
unica.”
Il
panorama generale, quando il secolo stava per finire,
era quindi caratterizzato dagli interessi distinti
delle singole province, dalla mancanza totale di
uniformità nelle disposizioni e nei regolamenti e, in
ultimo, da una probabilmente erronea e superficiale
considerazione generale sulle reali necessità di una
nuova legge per la caccia.
A
ciò si tentò di riparare con un’infinità di progetti e
proposte che furono presentati al Parlamento con
cadenze quasi annuali e con esiti spesso negativi.
Vediamoli nel dettaglio.
“Dirò che il primo Progetto di Legge sulla Caccia
venne avanzato il 18 novembre 1862 da Giovacchino
Pepoli, allora Ministro d’Agricoltura, Industria e
Commercio davanti al Senato del Regno, ove non venne
però discusso; non erano passati nemmeno due anni che
il Deputato Sanguinetti l’11 giugno 1864 presentava
alla Camera un suo Progetto di Legge […].”
Tale
progetto disegnava una radicale riforma, esso
proponeva una unificazione delle molteplici leggi e
delle infinite ordinanze che erano state emanate dai
governi degli antichi Stati italiani, ma non per
questo ebbe un destino fortunato. Esattamente come il
precedente, non fu neanche discusso. Così, nel maggio
del 1867, fu riprodotto dallo stesso deputato per
essere poi proposto, ancora una volta dal ministro
Pepoli.
Esso
aveva il proprio aspetto più rilevante nell’art.7, col
quale ci si preoccupava di tutelare i nidi e le uova
in particolare: “Durante il
periodo di caccia vietata è proibito di prendere,
distruggere, vendere o comperare le uova degli uccelli
selvaggi, gli uccelli di nido ed i piccoli dei
quadrupedi selvaggi non dannosi all’uomo.”
Dopo
esser stato deferito all’esame di una Commissione
incaricata d’esaminarlo, nel 1869 venne approvato
dalla Camera per poi arrestarsi nuovamente presso gli
uffici del senato, dove il nuovo Ministro
d’Agricoltura Minghetti lo aveva presentato
“con una Relazione così scolorita e
fredda da far dubitare che avesse poco valore.”
Una
nuova iniziativa del deputato Sanguinetti, in accordo
col deputato Salvatoli, restò alla stessa maniera
senza seguito.
Dopo
una pausa di una decina d’anni, il 7 giugno 1879 il
ministro Majorana-Calatabiano presentava un nuovo ed
ottimo progetto, le Disposizioni per l’esercizio
della caccia e dell’uccellagione, che esprimeva in
questa maniera i suoi concetti fondamentali (articoli
4 ed 8): “E’ proibita in
qualsiasi tempo e luogo la distruzione in qualsivoglia
modo operata e la cattura degli uccelli di nido
eccettuati quelli dannosi alla economia agraria e
domestica […] (art.4)”; “E’ vietato in ogni tempo di
trasportare, esporre in vendita in qualsiasi luogo, di
comprare, di ritenere uova, covate ed uccelli di nido
[…] (art.8)”
Questo disegno veniva con prontezza approvato dal
senato, il 26 aprile dell’anno successivo, “ma
malgrado questa approvazione non ebbe più lieta
fortuna”. Venne presto bloccato e, ripresentato
dal Ministro Grimaldi nella tornata del 1885, fu
riveduto e corretto dalla Commissione Parlamentare
(che sostanzialmente lo svuotò di qualsiasi senso)
prima di trovar definitivo posto “e in questo caso
grazie al cielo,” in archivio.
Passarono altri otto anni (25 marzo 1893) ed il
deputato Compans, “tenuto conto dei voti di
Congressi venatori, come delle numerose pubblicazioni
comparse anteriormente”, presentò un nuovo breve
progetto di Legge alla Camera dei deputati che fu poi
seguito, l’anno successivo, da una nuova proposta del
Ministro d’Agricoltura onorevole Lacava (4 maggio
1894). Simile a quella del Majorana-Calatabiano, essa
teneva conto degli accordi internazionali che l’Italia
aveva nel frattempo stipulato e del nuovo Codice
Penale. Per esaminarla venne nominata una nuova
Commissione presieduta dall’on. Chiaradia, la quale
accettò con lievi modifiche il progetto. Ma
puntualmente accadde che:
“Per la sopravvenuta chiusura della Sessione tale
Progetto non poté essere discusso, susseguentemente il
6 dicembre 1894 il Ministro on. Barazzuoli lo
ripresentò chiedendo che fosse ripreso allo stato di
Relazione, ma esso pure non ebbe favorevoli le sorti
parlamentari.”
In
sostanza, tolta la parentesi dell’accordo con l’Austria-Ungheria
per la protezione degli uccelli utili, trascorsero
trenta anni pieni di proposte, dibattiti, progetti e
disposizioni al termine dei quali quel che più
risultava evidente era che nulla, praticamente,
si era fatto e si stava ancora facendo:
“Non consta quali sieno le misure prese
dall’Austria-Ungheria. In Italia per molto tempo non
vi si pensò…”
Se
vi fu un evento di qualche rilevanza, in questo
periodo, esso fu certamente costituito dall’avvio
dell’Inchiesta Ornitologica Italiana, che, come
abbiamo visto, venne intrapresa e diretta dal
professor Enrico Hillyer Giglioli.
Per
ogni regione venivano raccolte numerose informazioni e
dati statistici e, tra le varie domande poste nei
questionari distribuiti, vi era quella che invitava ad
osservare se vi fosse stata una diminuzione oppure un
aumento delle diverse specie di uccelli. Bisognava poi
indicare gli eventuali motivi e le cause di questi
fatti.
Ora,
tra le quasi sessanta risposte pervenute da ogni
angolo d’Italia, ben 54 denunciavano la diminuzione o
la scomparsa di varie specie di uccelli; le rimanenti,
invece, descrivevano sporadici aumenti o situazioni
stazionarie. La situazione era di emergenza ed una
buona ed unica legge si mostrava essere
indispensabile.“L’Italia
nostra, unita politicamente e chiamata a libertà dopo
tanti secoli di servaggio e divisione, se ha pensato a
promulgare una infinità di leggi (finanziarie
specialmente), se ha provvisto ad unificare le varie
leggi più essenziali al politico reggimento, non fu
invece ugualmente sollecita di provvedere
all’unificazione di quelle leggi, che parevano di
minore importanza.”
Una
legge sulla caccia avrebbe dovuto avere quale
fondamento l’utile dell’agricoltura intesa come bene
comune. Questo utile nazionale non doveva
essere infatti in alcun modo subordinato alle
consuetudini, che spesso venivano elevate al
carattere di diritto dagli amanti della caccia
e dagli ignoranti in materia.
Ma
l’applicazione di tale fondamento sembrava scontrarsi
di continuo contro un fato avverso, non essendovi
voto, relazione, esortazione di cacciatori, di
istituzioni agrarie, di studiosi o di deputati che
riuscisse a superare definitivamente lo scoglio del
Parlamento.
Ed
intanto, come denunciava l’Arrigoni degli Oddi,
“il nostro patrimonio venatorio
lentamente dileguavasi, la selvaggina perseguitata,
distrutta senza modo, senza misura diminuiva in modo
impressionante.”
Riferimenti
bibliografici:
Ettore
Arrigoni degli Oddi, Testo esplicativo ed
illustrativo delle disposizioni vigenti in materia
venatoria, Tip. Seminario, Padova 1926
G. B.
Cavarzerani, Per la protezione della selvaggina,
Tip. Del Bianco, Udine 1906
Cesare
Durando, La convenzione Europea per la protezione
degli uccelli utili all’agricoltura, Tip. Origlia,
Festa e C., Torino 1902
Carlo
Ohlsen, La protezione degli uccelli utili
all’agricoltura. Raccomandazione, Tip. Nazionale,
Salerno 1892
Lino
Vaccari, Per la protezione della fauna Italiana,
Stab. Tip. Bartelli e C., Perugia 1912
Arturo
Fancelli, Sulla diminuzione degli uccelli: cause,
effetti e rimedi, Tip. Egisto Bruscoli, Firenze
1892
Luigi
Simoni - Ettore Mattei, Gli uccelli e l’agricoltura.
Considerazioni, Cenerelli, Bologna 1893
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