N. 90 - Giugno 2015
(CXXI)
I lancieri di Montebello
La
storia
dell'unità
d'Italia
a
piazza
di
Siena
di
Leila
Tavi
Il carosello di lance dello Squadrone a
Cavallo
del
Reggimento
Lancieri
di
Montebello,
accompagnato
dalla
fanfara
su
cavalli
grigi,
come
da
tradizione,
ha
concluso
l’ottantatreesimo
CSIO
di
Roma.
Lo spettacolo ha tenuto il pubblico con il
fiato
sospeso
per
la
destrezza
con
cui
i
Lancieri
fanno
volteggiare
le
loro
lunghe
e
appuntite
lance.
Il gruppo, formato da squadroni a cavallo,
fa
parte
dell’omonimo
reggimento
di
stanza
a
Roma
ed è
normalmente
impiegato
in
servizi
di
scorta
e di
onore.
Lo stendardo che rappresenta il reggimento
è di
colore
verde,
decorato
con
una
medaglia
d’argento
al
valore
militare
e il
motto
dei
Lancieri
è
“Impetu
hostem
perterre”
(Con
l’ardore
della
carica
atterrisco
il
nemico)
e a
tale
motto
i
suoi
cavalieri
hanno
fatto
sempre
fede,
rispettando
la
regola
aurea
della
Cavalleria,
per
cui
la
il
corpo
a
cavallo
è
sempre
il
primo
a
entrare
sul
campo
di
battaglia
e
l’ultimo
a
lasciarlo.
La festa del Reggimento di Montebello cade
in
questo
periodo,
il
24
giugno,
data
in
cui
nel
1866
si
svolsero
i
combattimenti
nei
dintorni
di
Custoza.
Durante
la
battaglia
i
Lancieri
di
Montebello
si
distinsero
per
coraggio
e
determinazione,
tanto
da
meritarsi
la
medaglia
d’oro
al
valore
militare.
Nonostante l’esemplare comportamento dei
soldati
italiani
a
Custoza,
la
vittoria
decisiva
fu
riportata
dall’esercito
austroungarico,
che
con
il
triplo
degli
uomini
rispetto
allo
schieramento
delle
truppe
italiane,
formate
da
soli
10.000
uomini,
sbaragliò
le
divisioni
nemiche.
La battaglia di Custoza è considerata dagli
storici
come
l’evento
che
scatenò
l’inizio
della
Terza
Guerra
d’Indipendenza
italiana.
A dare il nome agli squadroni a cavallo
fu,
invece,
una
battaglia
avvenuta
durante
la
Seconda
Guerra
d’Indipendenza,
la
battaglia
di
Montebello;
il
corpo
di
cavalleria
fu
fondato
a
Voghera
proprio
nel
1859
per
la
causa
dell’indipendenza
italiana.
Montebello,
paesino
in
provincia
di
Pavia,
fu
già
nel
1800
teatro
di
scontri
tra
l’esercito
austriaco
e
quello
napoleonico
durante
la
Seconda
Campagna
d’Italia:
il 6
giugno
i
due
eserciti
si
affrontarono
nel
territorio
dell’Oltrepo
e
l’abile
generale
francese
Jean
Lannes
riuscì
ad
avere
la
meglio,
a
dispetto
della
schiacciante
superiorità
numerica
degli
austriaci.
Il 29 maggio 1859 i francesi, questa volta
alleati
con
i
piemontesi,
fronteggiarono
ancora
una
volta
gli
austriaci
sulle
alture
e
nelle
pianure
nei
dintorni
di
Montebello,
riportando
un’importante
vittoria.
La località e inoltre tristemente nota
perché,
pochi
giorni
prima
della
battaglia,
per
mano
austriaca
fu
commessa
“La
strage
della
famiglia
Cignoli”,
una
famiglia
di
umili
contadini
di
Torricella,
che
durante
una
persecuzione
di
una
pattuglia
dell’esercito
austroungarico
fu
trovata
in
possesso
di
un
sacchetto
contenente
polvere
da
sparo:
tutti
i
membri
della
famiglia
e
alcuni
loro
conoscenti
furono
arrestati
e
immediatamente
fucilati
sul
ciglio
della
strada.
Nel secolo successivo i Lancieri di Montebello
parteciparono
a
quelle
che
furono
considerate
le
ultime
due
cariche
di
cavalleria
del
Regio
Esercito
Italiani:
la
prima
ha
avuto
luogo
durante
la
Spedizione
di
Russia
ed è
ricordata
come
la
carica
di
Isbuscenkij
o
Isbuschenkij
(dal
nome
del
paesino
Избушенский, situato in un’ansa del fiume Don), del 24 agosto 1942.
Alla fine della carica gli italiani riportarono
perdite
contenute:
trentadue
cavalieri,
di
cui
solo
tre
ufficiali
e
solo
cinquantadue
feriti,
di
cui
cinque
ufficiali,
nonché
un
centinaio
di
cavalli
fuori
combattimento;
le
perdite
da
parte
dell’esercito
sovietico
furono
maggiori:
centocinquanta
morti
e
circa
seicento
soldati
caduti
prigionieri.
Nonostante l’eroica azione dei cavalieri
italiani,
i
nemici
riuscirono
comunque
a
consolidare
le
teste
di
ponte
acquisite
sulla
riva
opposta
del
Don.
La
carica
di
Isbuscenkij
ebbe
una
vasta
risonanza
in
Italia
e fu
sfruttata
dalla
propaganda
fascista
per
l’esaltazione
delle
gesta
degli
eroi
italiani
sul
fronte
orientale.
In territorio russo i Lancieri di Montebello
si
erano
distinti
appena
due
giorni
prima
per
il
loro
valore
anche
nella
carica
di
Jagodnij,
che
fu
combattuta
dai
cavalieri
del
Regio
Esercito
Italiano
solo
con
le
sciabole.
La
battaglia
di
Jagodnij,
sciabl-mano,
con
tanto
di
stendardo
e
ufficiale
in
testa,
sebbene
spettacolare,
fu
considerata
sia
dai
nemici
che
dagli
alleati
tedeschi
una
tangibile
prova
dell’arretratezza
delle
tecniche
di
guerra
utilizzate
dall’esercito
fascista.
I Lancieri di Montebello presero parte
anche
all’ultimissima
carica
nella
storia
militare
italiana,
quella
del
17
ottobre
1942,
svoltasi
a
Poloj,
in
Croazia,
contro
un
gruppo
di
partigiani
jugoslavi.
Furono protagonisti, all’indomani dell’armistizio
dell’8
settembre
1943,
della
Resistenza
italiana,
combattendo
contro
l’avanzata
dei
Kampfgruppen
tedeschi
a
Porta
San
Paolo;
durante
i
combattimenti
perse
la
vita
il
sessanta
percento
dei
Lancieri.
Oggi Montebello è l’unico reggimento dell’Esercito
Italiano
a
cavallo;
è
stato
attivo
non
soltanto
in
patria,
ma
in
numerose
missioni
di
peacekeeping
quali:
“Antica
Babilonia”
in
Iraq,
“KFOR”
in
Kosovo
e
“Ibis”
in
Somalia,
dove
il
giovane
sottotenente
Andrea
Millevoi
ha
perduto
la
vita.
Il corpo a cavallo ha dato un notevole
apporto
anche
alle
tecniche
equestri,
grazie
all’operato
del
capitano
Federico
Caprilli,
che
alla
fine
dell’Ottocento
ha
teorizzato
l’equitazione
naturale,
esportata
in
tutto
il
mondo
il
motto:
“Cavallo
calmo,
in
avanti,
diritto
e
leggero
nella
mano”.