N. 68 - Agosto 2013
(XCIX)
MARGARET THATCHER
LA STORIA DELLA LADY DI FERRO
di Laura Ballerini
Da
una
parte
lacrime,
dispiacere
e
raccoglimento,
dall’altra
muri
con
le
scritte
“Iron
Lady
rust
(=arrugginisci)
in
peace”,
e la
canzone
“Ding
Dong
the
witch
is
dead”
(celebre
brano
del
Mago
di
Oz,
recentemente
riproposto
sul
grande
schermo)
che
spopola
nelle
classifiche
inglesi.
Questa
è la
controversa
eredità
che
lascia
al
suo
popolo
Margaret
Thatcher,
primo
ministro
britannico
dal
1979
al
1990,
morta
per
un
ictus,
dopo
un
lungo
periodo
di
malattia,
lo
scorso
8
aprile
all’età
di
87
anni.
Ma
quali
sono
i
motivi
di
queste
reazioni
così
diverse?
Per
cercare
di
capirlo,
bisogna
iniziare
dal
chiedersi
chi
fu
Margaret
Thatcher
e
ripercorrere
le
tappe
più
significative
della
sua
vita
politica.
Accenni
al
passato
La
Thatcher
nacque
nel
1925
a
Lincolnshire,
dalla
famiglia
di
un
droghiere
molto
impegnato
nella
politica
locale.
Nonostante
le
umili
origini
portò
avanti
i
suoi
studi
laureandosi
in
chimica
all’università
di
Oxford,
divenendo
poi
ricercatrice.
L’esempio
del
padre
la
portò
a
mantenere
sempre
alto
il
suo
impegno
politico
e i
suoi
solidi
valori
religiosi
la
spinsero
a
iscriversi
al
Partito
Conservatore.
Dopo
iniziali
sconfitte,
nel
1959,
venne
eletta
alla
Camera
dei
Comuni
e
nel
1970
divenne
Ministro
dell’Istruzione.
Non
fu
un
ministro
particolarmente
apprezzato,
anzi,
a
causa
dei
numerosi
tagli
operati
dal
governo,
adottò
delle
misure
che
la
allontanarono
dal
ben
volere
dell’opinione
pubblica.
Abolì
infatti
il
latte
gratuito
nelle
scuole
per
i
bambini
dai
7
agli
11
anni,
prendendo
l’infelice
nomignolo
di
“milk
snatcher”,
ruba
latte.
Decise
allora
di
intraprendere
un’altra
strada,
proponendosi
alla
guida
del
Partito
Conservatore;
nel
1975
divenne
la
prima
donna
ad
assumerne
la
leadership.
A
capo
dell’opposizione
riuscì
a
riportare
numerosi
consensi
verso
i
conservatori
e
tenne
poi
un
discorso
molto
duro
nei
confronti
dell’URSS,
che
gli
valse
il
soprannome
con
cui
è
passata
alla
Storia,
“la
donna
di
ferro”.
Nel
1979,
il
governo
laburista
entro
in
crisi
e i
conservatori
riuscirono
a
portare
Margaret
Thatcher
alla
guida
del
paese,
la
prima,
e a
oggi
l’unica
donna
divenuta
Primo
ministro
britannico.
Da
questo
momento
comincia
il
discusso
operato
della
Donna
di
ferro.
Politica
economica
Nel
corso
dei
sue
tre
mandati
la
Thatcher
mise
in
atto
una
politica
economica
fortemente
influenzata
dal
pensiero
degli
economisti
Friedman
e
Von
Hayek:
a
grandi
linee
si
possono
definire
come
due
teorici
anti-keynesiani,
favorevoli
al
ritorno
al
liberismo,
al
lassaiz
faire:
il
primo
sosteneva
che
le
politiche
di
domanda
espansiva
cercavano
di
risolvere
la
disoccupazione
con
la
svalutazione
della
moneta,
ottenendo
solamente
l’aumento
dell’inflazione;
il
secondo,
famoso
per
la
teoria
dei
cicli
economici,
riteneva
che
l’inflazione,
portata
avanti
dalle
banche
centrali,
falsificava
il
valore
degli
investimenti
e
che
la
recessione,
dunque,
si
rivelava
necessaria
per
una
giusta
ridistribuzione
delle
risorse.
Queste
teorie
aiutano
a
spiegare
le
misure
intraprese
dalla
Thatcher
per
far
uscire
il
Regno
Unito
dalla
crisi
economica
scaturita
in
seguito
allo
shock
petrolifero
del
`73.
Per
risanare
l’economia
britannica
il
Primo
ministro
perseguì
l’obbiettivo
di
contenere
l’aumento
dei
prezzi,
mantenendo
i
tassi
d’inflazione
bassi;
nel
farlo
però
sacrificò
il
lavoro
e la
disoccupazione
crebbe
fino
a
toccare
circa
i 3
milioni.
Incrementò
il
tasso
d’interesse,
aumentò
l’IVA
e le
imposte
indirette
(che
si
ripercuotono
sul
consumo
con
maggioranze
di
prezzo),
colpendo
maggiormente
l’industria
manifatturiera,
che
ridusse
i
propri
utili
di
un
terzo
in
quattro
anni.
Questo
tipo
di
misure
venne
adottato
anche
da
Ronald
Reagan,
presidente
USA
dal
1981
al
1989:
con
lui
alla
Casa
Bianca
e
Margaret
Thatcher
al
10
di
Downing
Street,
gli
anni
`80
furono
caratterizzati
dal
cosiddetto
Neoliberismo.
Con
questo
termine
si
intende
un
ritorno
al
liberismo,
dove
lo
stato
però
assume
un
ruolo,
quello
cioè
di
intervenire
per
espandere
le
dinamiche
competitive
del
mercato,
a
cui
non
viene
più
conferita
la
totale
autonomia,
come
la
dottrina
originaria
prevedeva.
In
quest’ottica
il
Welfare
–
ovvero
le
politiche
di
protezione
e
promozione
del
benessere
economico
e
sociale
dei
cittadini
–
viene
considerato
un
costo.
Nel
corso
del
periodo
Thatcheriano,
dunque,
il
Welfare
State
britannico
perde
i
suoi
connotati
garantisti
e
universalisti
che
lo
avvicinavano
ai
paesi
scandinavi.
Si
diede
avvio
infatti
ai
processi
di
privatizzazione,
ovvero
l’inserimento
di
aziende
pubbliche
nelle
logiche
del
mercato,
a
cui
precedentemente
erano
estranee:
in
questo
caso
la
compagnia
aerea
di
bandiera,
la
British
Airways,
il
colosso
energetico
della
British
Gas,
l’azienda
di
telecomunicazioni
British
Telecommunication,
e la
più
importante
produttrice
di
acciaio,
la
British
Steel.
Anche
le
politiche
di
previdenza,
come
il
settore
pensionistico,
vennero
affidate
ad
assicurazioni
private:
il
ruolo
centrale
del
servizio
pubblico
veniva
così
superato.
Questa
politica
non
risanò
la
disoccupazione,
che
iniziò
a
scendere
solo
negli
anni
`90,
ma
portò
l’economia
in
ripresa
e
consentì
di
diminuire
il
tasso
d’interesse
già
dal
1982.
Con
l’aumento
della
tassazione
durante
il
periodo
di
massima
recessione,
la
Lady
di
ferro
anticipò
di
fatto
le
odierne
politiche
di
austerity,
mettendo
a
dura
prova
il
popolo
britannico
per
riportarlo
poi
al
benessere;
un
benessere
diverso,
non
più
garantito
dal
servizio
pubblico,
dalle
politiche
di
sussistenza
dello
stato,
ma
dalla
crescente
economia
del
paese
Ecco
quindi
che
si
rivela
uno
dei
più
influenti
fattori
che
divide
oggi
la
popolazione
britannica
tra
“sostenitori”
e
“contrari”.
Vi
fu
infatti
chi,
più
interessato
a
politiche
economiche,
vedeva
nella
Thatcher
colei
che
avrebbe
potuto
riportare
il
Regno
Unito
allo
stato
di
grande
potenza
mondiale,
temuta
all’estero,
in
continua
ascesa
economica.
Ma
vi
fu
anche
chi,
più
interessato
a
politiche
di
cittadinanza,
considerava
l’Iron
lady
come
la
smantellatrice
del
Welfare
State
britannico.
Politica
interna
ed
estera
Oltre
alla
politica
economica,
anche
le
misure
intraprese
in
politica
interna
ed
estera
sono
motivo
di
dissidio
sull’interpretazione
del
suo
operato.
La
Thatcher
ebbe
una
relazione
particolarmente
conflittuale
con
i
sindacati;
nel
1984
in
particolare
fece
passare
una
legge
che
vietava
gli
scioperi
a
meno
che
non
fossero
stati
approvati
dalla
maggioranza
dei
lavoratori.
Si
scontrò
con
i
portuali
britannici,
ma
soprattutto
con
i
minatori
(come
rappresentato
dal
celebre
film
Billy
Elliot).
Per
opporsi
alla
chiusura
di
diverse
miniere,
infatti,
il
sindacato
dei
minatori
dichiarò
lo
sciopero
a
oltranza,
dando
luogo
a
episodi
molto
violenti
come
la
Battaglia
di
Orgreave
(dove
migliaia
di
poliziotti
affrontarono
altrettanti
minatori).
Il
Primo
ministro
infatti
utilizzò
metodi
molto
repressivi
per
sedare
gli
scioperi,
che
la
portarono
alla
fine
a
una
vittoria
senza
compromessi.
Anche
qui
l’opinione
pubblica
si
divide
tra
chi
ritiene
che
abbia
saputo
ristabilire
l’ordine
e
chi
la
accusa
di
violenza.
La
stessa
fermezza
aveva
mantenuto
anche
qualche
anno
prima,
nel
1980,
quando
alcuni
esponenti
dell’IRA
(organizzazione
che
si
batte
per
la
riunificazione
dell’Irlanda
e la
fine
della
presenza
britannica
nel
nord
dell’isola)
iniziarono
lo
sciopero
della
fame
per
riottenere
lo
status
di
prigionieri
politici;
ne
morirono
dieci,
senza
che
la
Thatcher
cedesse
a
nessuna
richiesta.
In
seguito,
nello
stesso
anno
dei
violenti
scioperi,
l’IRA
attentò
alla
vita
del
Primo
ministro,
che
ne
uscì
però
illesa.
La
politica
estera
convalidò
ancora
di
più
il
soprannome
di
Iron
Lady.
Nel
1982
l’Argentina
rivendicò
le
Isole
Falkland
ordinando
l’occupazione
militare.
La
risposta
fu
immediata,
rapida
e
decisa;
le
isole
erano
di
proprietà
britannica
e il
suo
leader
doveva
difenderle.
La
task
force
navale
inviata
dal
Regno
Unito
risolse
brevemente
la
questione
e il
paese
fu
attraversato
da
una
forte
ondata
di
patriottismo.
Le
operazioni
vennero
facilitate
da
alcune
informazioni
segrete
avute
dal
vicino
nemico
dell’Argentina,il
dittatore
cileno
Pinochet,
con
il
quale
la
Thatcher
instaurò
una
rapporto
di
amicizia
che
la
portò
poi
a
opporsi
a
processarlo.
Alla
luce
dei
crimini
di
guerra
commessi
dal
dittatore,
anche
questo
rapporto
divenne
un
argomento
assai
controverso.
I
rapporti
con
l’Argentina
non
sono
stati
mai
chiariti
e
anche
al
funerale
il
capo
di
stato
argentino
non
è
stato
invitato.
Per
quel
che
riguarda
una
politica
un
po’meno
estera
e
più
“europea”,
divenne
celebre
la
frase
“i
want
my
money
back”.
Margaret
Thatcher
non
era
una
favorevole
all’integrazione
europea,
tantomeno
all’unificazione
della
moneta
(argomento
che
scatenò
non
pochi
dissidi
interni
al
partito)
e
alla
cooperazione
economica.
Il
50%
dei
finanziamenti
per
l’Europa
finiva
poi
nel
settore
agricolo
e
poiché
l’economia
britannica
non
era
certo
fondata
sul
settore
primario,
finiva
per
finanziare
quello
altrui
e
voleva
indietro
i
suoi
soldi.
I
suoi
anni
di
governo
dipingono
Margaret
Thatcher
come
un
leader
estremamente
forte
e
determinato,
che
ottiene
sempre
il
suo
scopo,
anche
se
con
tanti
sacrifici.
Una
donna
determinante
nello
scacchiere
mondiale
ed
europeo,
che
ha
saputo
risollevare
l’economia
britannica
in
una
chiave
del
tutto
diversa,
contravvenendo
alle
soluzioni
solitamente
adottate
e
anticipando
così
i
governi
futuri.
Nei
riguardi
di
un
politico
del
genere
non
sono
possibili
mezze
misure:
o lo
si
rispetta
completamente
o lo
si
odia
dal
più
profondo.