La "Piccola Venezia"
SULLA colonia sudamericana dei
conquistadores tedeschi
di Enrico Targa
La Piccola Venezia (in tedesco
Klein-Venedig chiamata anche
Welser-Kolonie – colonia Welser – o
Welserland, Paese Welser) fu il nome
dato a una parte del territorio
dell’attuale Venezuela dal 1528 al 1556
e concesso da Carlo V d’Asburgo
imperatore del Sacro Romano Impero alla
famiglia di banchieri tedeschi dei
Welser dal 1528 al 1546 con lo scopo di
colonizzare le terre in cambio del
pagamento di alcuni debiti che
l’imperatore aveva contratto con i
Welser per comprare i favori dei
principi elettori.
.
Nieuwe caerte van het Wonderbaer ende
Goudrjcke Landt Guiana di Jodocus
Hondius (1598)
mostra la mitica città di Manoa o di El
Dorado come la chiamano gli spagnoli
sita sulla sponda nord-orientale
dell’altrettanto leggendario lago
Parime. La carta si ispira ai racconti
di Sir Walter Raleigh,
partito alla ricerca di El Dorado nel
1595 nel pieno della guerra
anglo-spagnola (1585-1608).
I Welser furono una famiglia patrizia
delle libere città imperiali di Augusta
e Norimberga e la colonizzazione della
Klein-Venedig rappresenta il più grande
sforzo di colonizzazione tedesca nelle
Americhe nel XVI secolo. La motivazione
principale di tale impresa fu la ricerca
della leggendaria città di El Dorado
ricca di oro che avrebbe consentito ai
banchieri di rientrare dei capitali
prestati all’imperatore.
La compagnia fu inizialmente guidata da
Ambrosio Alfinger, che fondò Nueva
Núremberg (l’attuale Maracaibo) nel
1529. Dopo la morte di Alfinger (1533) e
del suo successore Georg Hohermut von
Speyer, in spagnolo Jorge de Espira,
(1540), Philipp von Hutten fratello del
noto cavaliere ribelle Urlich continuò
l’esplorazione nell’entroterra ma in sua
assenza dalla capitale della provincia
la corona di Spagna rivendicò il diritto
di nominare un governatore.
Al ritorno di Hutten nella capitale,
Santa Ana de Coro nel 1546, il
governatore spagnolo Juan de Carvajal
giustiziò de Hutten e Bartolomeo Welser
e l’imperatore Carlo V prendendo come
pretesto l’anarchia in cui versava la
colonia revocò quindi lo statuto di
concessione ai Walser.Gli antefatti
risalgono al 1519 quando il re Carlo I
di Spagna, per poter accedere al trono
imperiale del Sacro Romano Impero (sotto
il nome di Carlo V), ottenne importanti
prestiti dalle famiglie di Augusta dei
Welser e dei Fugger. Secondo le stime,
Carlo I doveva a queste famiglie di
banchieri tra 143.000 e 158.000 fiorini,
grazie ai quali poté affermarsi sul
trono contro il rivale Francesco I di
Francia.
Carlo V pagò solo una piccola parte del
suo debitoe allora si giunse a un
accordo:nel contratto stipulato da
García de Lerma di Burgos per conto del
re con Bartolomeo V Welser, capo della
società bancaria, si decise di affittare
parte del Nuovo Mondo ai Welser come
forma di pagamento, convertendo la
provincia del Venezuela in feudo sotto
il suo potere nel 1528, situazione che
sarebbe finita nel 1546 quando la
colonia passò a Juan Pérez de Tolosa,
anche se i Welser avrebbero perso
definitivamente i loro diritti nel 1556.
Il 27 marzo 1528 l’imperatore e i Welser
concordarono nel “Contratto del
Venezuela” (dagli storici viene
ricordato con il nome “Contratto di
Madrid”) le condizioni dell’accordo:i
tedeschi avrebbero dovuto conquistare il
paese da soli, reclutare solo truppe
spagnole e fiamminghe (Carlo V ereditò
tra gli altri territori anche le Fiandre
e visse più qui che non in Spagna),
equipaggiare due spedizioni di quattro
navi e costruire due città e tre
fortezze entro due anni dalla presa di
possesso; potevano anche utilizzare
governatori e dipendenti propri e
ottennero anche l’esenzione dalla tassa
sul sale e da tutti i dazi portuali nel
porto spagnolo di Siviglia (sede della
Casa de Contratación che possedeva il
monopolio del commercio con le
Americhe).
Il contratto autorizzò i Welser a
ridurre in schiavitù gli indigeni ostili
eludendo le leggi di Burgos del 1512
(previo avviso) e trasportare circa
4.000 schiavi africani mentre per gli
immigrati europei in arrivo nella
colonia erano previste assegnazioni di
terreni arabili (i Welser potevano
trattenere un utile netto del 4%
dall’intera azienda). Il re spagnolo
conservava un decimo dell’oro,
dell’argento o delle pietre preziose che
furono trovate; in seguito questa
frazione è stata aumentata a un quinto
(Il Quinto Real, o Quinto del rey fu
un’imposta del 20% istituita nel 1504
che la Spagna riscuoteva sull’estrazione
di metalli preziosi).
Poiché il Venezuela aveva la reputazione
di contenere miniere d’oro, in seguito
ottenne il permesso di inviare 150
minatori tedeschi. La Casa de la
Contratación fissava i limiti del
territorio locato: a ovest il Cabo de la
Vela e a est il Cabo de Maracapana,
distanti l’uno dall’altro circa 900
chilometri. Anche la fascia costiera
(denominata “Costa delle Perle”) e le
isole associate erano disponibili allo
sfruttamento da parte dei Welser, a
eccezione di Aruba, Bonaire e Curaçao.
Non è stato invece definito un confine
meridionale; si scriveva solo “da un
mare all’altro”: questi mari erano
probabilmente i Caraibi (“Mare del
Nord”) e l’Oceano Pacifico (“Mare del
Sud”).
Su un mappamondo appartenuto ai Welser
del 1530, è scritto che il territorio
dei Welser si estendeva fino allo
Stretto di Magellano. In conformità con
il loro contratto, i Welser radunarono
una flotta e salparono da Sanlúcar de
Barrameda (o Siviglia) il 7 ottobre 1528
sotto il comando di Ambrose von Alfinger
che fu nominato capitano generale,
insieme allo spagnolo García de Lerma e
281 coloni. Tra loro c’erano Don Pedro
Briceño y Verdugo, originario di
Arévalo, come Tesoriere Reale di Santa
Marta e poi di Santafé de Bogotá e suo
figlio Sancho Briceño e Verdugo Álvarez,
che andò con i tedeschi. A Santo
Domingo, da Lerma con 50 compagni
partirono per Santa Marta, per
ristabilire il controllo spagnolo dopo
l’assassinio del governatore.
Alfinger con il resto della spedizione
si diressero verso la costa venezuelana,
arrivando il 24 febbraio 1529 a Neu
Augsburg “Nuova Augusta” (l’attuale
Coro), l’allora capoluogo di provincia
del Venezuela; quasi immediatamente
Alfinger sostituì il suo vice spagnolo,
González de Leyva, con Nikolaus
Federmann. Gli accordi prevedevano la
riscossione dei debiti contratti da
Carlo I principalmente attraverso la
vendita di oro, sale, schiavi o legno
prezioso, ma solo la tratta degli
schiavi produceva il profitto
desiderato. Pertanto, i governatori si
impegnarono maggiormente nella vendita
degli schiavi e, a loro volta, stavano
diventando più spietati non solo contro
gli indigeni dato che la popolazione
spagnola si sentì sfruttata dai Welser.
Il missionario domenicano spagnolo
Bartolomé de Las Casas scrisse: «I
tedeschi sono peggio dei leoni più
selvaggi. Per avidità, questi demoni
umani agiscono molto più brutalmente di
tutti i loro predecessori». Così il
numero delle denunce all’Audiencia
aumentò considerevolmente: nel 1536, su
richiesta del Vescovo di Coro, si riunì
una commissione per indagare sulle
denunce di violenze contro spagnoli e
indigeni. Tuttavia, l’allora governatore
Speyer intraprese una spedizione alla
ricerca di El Dorado e anche il suo vice
Nikolaus Federmann non era interessato
alle questioni di giustizia e organizzò
anche una spedizione nel 1537.
Da Coro, Alfinger esplorò l’interno alla
ricerca della leggendaria città d’oro di
El Dorado; nell’agosto del 1529 fece la
sua prima spedizione al lago Maracaibo
ma fu aspramente osteggiato dagli
indigeni Coquivacoa. Dopo aver vinto una
serie di sanguinose battaglie, fondò
l’insediamento di Nuova Norimberga (in
tedesco: Neu-Nürnberg) l’8 settembre
1529 e chiamò il lago “Mara” in onore
del valoroso capo dei Coquivacoa, morto
nei combattimenti, la città fu
ribattezzata Maracaibo dopo che gli
spagnoli ne presero possesso. Alfinger
contrasse la malaria e decise di
riprendersi nelle comodità relativamente
civili di Hispaniola, cedendo il potere
provvisorio a Federmann il 30 luglio
1530. Al suo ritorno, Alfinger, con 40
soldati a cavallo, 130 fanti e un numero
imprecisato di alleati indigeni, partì
da Coro il primo settembre 1531 per la
sua seconda spedizione nella presunta
regione dell’oro a ovest.
Attraversarono le montagne Oca e
Valledupar della Serranía del Perijá,
avanzarono lungo il fiume Cesar e infine
alla palude di Zapatosa. Lì la
spedizione si fermò per circa tre mesi,
poi proseguì verso sud, dove
incontrarono una forte resistenza da
parte delle tribù indigene, così si
voltarono a est, lungo il fiume Lebrija.
Durante questa spedizione furono
costretti a mangiare i loro cavalli e
cani e persero la maggior parte dei loro
alleati indigeni; molti di essi morirono
di freddo mentre attraversavano le
montagne. Mentre tornavano a casa,
furono attaccati dai Chitareros (così
chiamati dagli spagnoli a causa
dell’usanza che gli uomini dovevano
portare appeso alla vita un calabazo o
totumo “zucca” contenente vino di mais o
chicha come lo chiamavano gli spagnoli).
Il 27 maggio 1533, Alfinger e il
capitano Esteban Martín fuggirono in un
burrone, dove furono sorpresi dagli
indiani armati di frecce; Alfinger fu
colpito al collo una freccia avvelenata.
Nonostante le cure del padre agostiniano
Vicente de Requejada, Alfinger morì il
31 maggio 1533 e fu sepolto sotto un
albero. La spedizione tornò senza di lui
a Coro. Ritornato in Europa dopo la
morte di Alfinger, Speyer fu tra i
giovani cercatori di fortuna richiesti
dai Welser per colonizzare Nuova Granada
nel 1534 e ottenne da Carlo V la nomina
di governatore del Venezuela, nonostante
le proteste di Nikolaus
Federmannluogotenente del defunto
Alfinger.
Appena nominato governatore Speyer
organizzò una nuova spedizione in Spagna
e nelle Isole Canarie e sbarcò a Coro il
22 febbraio 1534. Tra il 1535 e il 1538
cercò El Dorado nel Venezuela
sudoccidentale e nel nord della
Colombia, in compagnia di Nikolaus
Federmann e di Philippvon Hutten. Contro
il consiglio di quest’ultimo Speyer
nominò Federmann suo luogotenente.
Accompagnati da 450 truppe regolari e
1.500 indiani alleati, intrapresero un
viaggio di esplorazione nell’entroterra.
Lasciando la città di Río de la Hacha
seguirono il fianco orientale della
catena montuosa seguendo l’esistente
rotta commerciale del sale, dove si
attraversavano le Ande e si entrava o
meglio invadeva le terre dei Chibcha. I
Chibcha rispetto alle altre popolazioni
indigene che popolavano il territorio
possedevano una cultura avanzatail cui
regno era già stato parzialmente
conquistato da Gonzalo Jiménez de
Quesada partito da Santa Marta,
l’attuale Colombia, agli ordini di Pedro
Fernández de Lugo.
Dopo aver marciato insieme per quasi 200
miglia, Speyer e Federmann si divisero
in due distinte spedizioni promettendo
di ritrovarsi lungo il cammino. Speyer
incontrò grandi difficoltà dovute alla
resistenza da parte sia dei nativi
ostili sia dai suoi soldati non abituati
a marciare sotto un sole cocente. Quando
finalmente raggiunsero il luogo
designato dell’incontro senza trovare
alcuna traccia degli altri, i soldati si
persero d’animo mentre nel frattempo
Federmann attraversò le Ande giungendo a
Bogotá, dove lui e Sebastián de
Belalcázar contestarono le pretese di
Gonzalo Jiménez de Quesada su quella
provincia.
Senza Federmann, Speyer radunò le sue
truppe nella speranza di scoprire le
ricchezze di El Dorado di cui i
sopravvissuti alla spedizione di
Alfinger, tra cui Federmann, avevano
portato i primi rapporti. Continuarono
la marcia verso sud, ma quando iniziò la
stagione delle piogge, lo straripamento
dei fiumi impediva il progresso e le
febbri che ne seguirono decimarono i
loro ranghi.
Speyer non si perse d’animo e perseverò
a lungo nella sua ricerca di El Dorado,
finché alla fine il suo progresso fu
fermato da un possente fiume,
probabilmente l’Orinoco, o il suo
affluente l’Apure, e all’inizio del 1539
tornò a Coro a mani vuote con solo 80
cenciosi e malati. A causa di problemi
di salute, Speyer si dimise da
governatore nel 1539 e morì nel giugno
1540. Nel dicembre 1540 Hutten divenne
Governatore (Capitano Generale) del
Venezuela senza abbandonare il mito
dell’El Dorado continuò la ricerca
nell’entroterra.
Dopo diversi anni di peregrinazioni,
vessato dagli indigeni e indebolito
dalla fame e dalla febbre, lui e i suoi
seguaci raggiunsero una grande città, la
capitale degli Omaguas, nel paese a nord
dell’Amazzonia, dove furono sconfitti
dagli indigeni e Hutten fu gravemente
ferito. Nel 1546 si recò con i
superstiti a Coro, per scoprire che lo
spagnolo Juan de Carvajal era stato
nominato capitano generale dall’audencia
real di Santo Domingoper preservare
l’ordine in Venezuela.
Con il passare degli anni senza notizie
di Hutten e dei suoi seguaci, Carvajal
aveva fondato El Tocuyo insieme ai
coloni di Coro e iniziò a sentirsi
sicuro nella sua posizione e il ritorno
degli avventurieri tedeschi ovviamente
non fu ben accolto dal nuovo
governatore. Quando si trovò davanti a
sé i superstiti indeboliti, affamati e
diminuiti di numero pensò bene che per i
tedeschi l’unica speranza di
sopravvivere fosse quella di riconoscere
la sua autorità. Ma questo non avvenne e
il tentativo di Carvajal di
sottometterli non ebbe successo e anzi
si rivelò quasi disastroso per lui,
poiché fu ferito da un compagno di
viaggio di Utre, Bartholomeo Welser (il
giovane). Carvajal fu costretto a
promettere il passaggio sicuro dei
tedeschi verso Coro sulla costa.
Durante il loro viaggio verso la costa,
gli avventurieri non presero precauzioni
contro gli attacchi e furono facilmente
catturati da una spedizione mandata da
Carvajal nell’aprile del 1546, che, dopo
aver tenuto Hutten e Welser in catene,
li decapitò.Carlos V annunciò nel 1546
la risoluzione del “Contratto del
Venezuela”; la politica coloniale dei
Welser per lui fu un fallimento in
quanto i governatori si arricchirono a
scapito delle finanze reali, Nuova
Norimberga era in rovina, Nuova Augusta
perse il suo ruolo di capitale, Juan de
Carvajal assunse il governo con
documenti falsi e il cristianesimo era
ancora completamente sconosciuto alla
maggior parte degli indiani pagani che
mostrarono un indomabile indole
guerriera.
Fino al 1556 Bartolomeo Welser (il
vecchio) difese i suoi di proprietà in
Sud America, ma alla fine perse
Klein-Venedig e la tenuta Federmann
nella Nuova Granada dopo che Carlo V
abdicò al trono del Sacro Romano Impero
in favore di suo fratello Ferdinando I
d’Asburgo mentre la colonia passò a suo
figlio Filippo II nuovo re di Spagna.
Riferimenti bibliografici:
Jörg Denzer, Die Konquista der
Augsburger Welser, 2005;
N. Federmann-H. Stades, Reisen in
Südamerica: 1529-1555, Stoccarda
1859;
Noble David Cook, Born to Die:
Disease and New World Conquest,
1492-1650, Cambridge University
Press, 1998;
Victor von Hagen, L’Eldorado,
Rizzoli, 2000.