contemporanea
KYRA FROSINI IOANNINA
UNA PICCOLA SPILLA LEGATA A TRAGICI
EVENTI
di Matteo Pierro
Tra i tanti eventi della seconda guerra
mondiale sembra difficile trovare un
nesso fra la campagna di Grecia, lo
sbarco a Salerno e l’Olocausto. Eppure,
un piccolo ritrovamento effettuato
dall’associazione Salerno 1943, un
gruppo di volontari che recupera le
tracce dell’operazione Avalanche, unisce
questi tre episodi.
Si tratta di una spilla ovale in metallo
di colore argento rinvenuta insieme a
equipaggiamento militare nei pressi di
una trincea tedesca. Sul davanti vi è
riprodotta la moschea di Aslan Pashà, un
edificio costruito dagli ottomani a
Giannina (Ioannina), in Grecia, nel
1618. In alto vi è l’iscrizione KYRA
FROSINI IOANNINA che ricorda Euphrosyne
Vasileiou, meglio conosciuta come Kyra
Frosini, una nobildonna greca
giustiziata si ritiene per motivi
politici da Aslan Pashà e che per questo
in Grecia è considerata un’eroina
nazionale.
Come e perchè questa spilla greca è
arrivata a Salerno?
La città di Giannina fu teatro,
nell’aprile del 1941, di violentissimi
combattimenti tra le forze armate greche
da una parte e italiani e tedeschi della
SS-Leibstandarte “Adolf Hitler”
dall’altra. Il 19 aprile i tedeschi
presero la città completando così
l’accerchiamento delle due armate greche
schierate contro gli Italiani.
Il giorno dopo, nella stessa città, alti
ufficiali dell’esercito greco si
incontrarono con quelli della Wehrmacht
per discutere dell’armistizio. Esso
venne ratificato il 21 aprile a Larissa,
presso il comando della 12° armata
tedesca di von List, con la sola
Germania escludendo gli italiani
dall’accordo. Mussolini, però, pieno di
sdegno per quell’atto unilaterale, non
ne accettò i termini e protestò con
Hitler, ottenendo che la cerimonia fosse
ripetuta il 23 aprile alla presenza di
rappresentanti italiani in una villa nei
pressi di Salonicco.
È lecito supporre che uno dei militari
tedeschi presenti a Giannina in quei
giorni avesse preso un souvenir in
ricordo della battaglia lì sostenuta.
Era infatti molto comune fra i soldati
della seconda guerra mondiale conservare
un cimelio sotto forma di un anello, un
bracciale o una spilla, che ricordasse
la regione o la città delle battaglie
alle quali aveva preso parte.
Si può ipotizzare che, in seguito,
questo soldato abbia partecipato ai
combattimenti che si svolsero fra le
colline del salernitano nel settembre
1943 dove perse il souvenir greco
insieme a parte del suo equipaggiamento.
Ma in che modo questo ritrovamento si
ricollega alla Shoah?
Durante la guerra a Salerno non vi era
una comunità ebraica. Nella cittadina
campana gli ebrei erano stati presenti
fin dai tempi antichi, relegati in un
ghetto collocato nella parte
maggiormente esposta ai pericoli
provenienti dal mare, in quello che oggi
è noto come Vicolo Giudaica.
Gli ebrei salernitani sperimentarono
periodi di relativa pace alternati a
periodi di persecuzioni e umiliazioni
come, ad esempio, quando il rabbino era
obbligato a offrire il suo capo come
leggio per il canto del Vangelo alla
vigilia della festa di San Matteo
davanti alla porta dei Leoni del Duomo.
Gli ebrei scomparvero da Salerno nel
1541 quando vennero espulsi da tutto il
Mezzogiorno d’Italia dall’imperatore
Carlo V.
Eppure questa spilla ritrovata a Salerno
richiama alla mente lo sterminio ebraico
a motivo di ciò che accadde negli anni
Quaranta del secolo scorso a Giannina.
Essa rientrava nel territorio occupato
dagli italiani. Dopo la battaglia, la
vita riprese relativamente tranquilla
per i suoi abitanti. Nella città vi era
una grossa comunità di ebrei romanioti.
Si trattava di ebrei presenti in Grecia
da oltre 2.000 anni i quali avevano
adottato la lingua e i costumi greci pur
conservando le tradizioni e la lingua
ebraica nel culto.
Fino a quando furono presenti in zona le
truppe del Regio Esercito essi non
ebbero particolari problemi benchè nelle
regioni occupate dai tedeschi fosse già
iniziata la deportazione nei campi di
sterminio. Le cose cambiarono
drasticamente dopo la caduta di
Mussolini e il conseguente armistizio
dell’8 settembre 1943. Con la scomparsa
dei militari italiani l’intera Grecia e
quindi anche Giannina venne a trovarsi
sotto il controllo nazista.
I tedeschi guidati dal generale Jurgen
von Stettner occuparono la città. Fin da
subito indussero, Sabbethai Kambilis, un
membro di spicco della comunità ebraica
a credere che gli ebrei sarebbero stati
al sicuro da pericoli e dalla
persecuzione se avessero obbedito agli
ordini impartiti dalle forze di
occupazione. Nonostante le iniziali
rassicurazioni tedesche, le cose presero
una brutta piega. Venne distrutta la
sinagoga e, nel marzo del 1944, furono
censite tutte le famiglie ebraiche e le
loro case contrassegnate da croci.
Quanti non si fidarono delle promesse
naziste si diedero alla macchia.
In una gelida alba del 25 marzo 1944
tutti gli ebrei di Giannina furono
cacciati a forza dalle loro case e
radunati nella piazza Mavilis e presso
l’Ospedale Militare. Fu permesso loro di
portare solo un bagaglio a mano. I
mariti vennero separati dalle mogli e
dai figli provocando i primi traumi come
si evince da alcune drammatiche foto
scattate da un soldato tedesco e
conservate presso il Bundesarchiv di
Koblenz. Furono tutti caricati su
autocarri che li condussero prima a
Trikala e poi a Larissa, e da lì, in
condizioni spaventose, in treno ad
Auschwitz dove arrivarono l’11 aprile.
Dei 1.870 uomini, donne e bambini
deportati quel giorno sopravvissero solo
in 112.
Gli ebrei di Giannina furono fra le
milioni di vittime dell’Olocausto. La
gigantesca macchina di morte messa in
piedi da Hitler e dai suoi gerarchi
stritolò tante persone semplicemente per
quello che erano, come nel caso degli
ebrei, degli zingari e degli slavi.
Tanti altri vennero sterminati per
quello che facevano, ad esempio gli
oppositori politici o gli omosessuali.
Altri ancora vennero perseguitati per
quello che si rifiutavano di fare come
accadde per gli obiettori di coscienza e
i testimoni di Geova che non
imbracciarono le armi contro il prossimo
e non sostennero la politica nazista.
Questo piccolo ritrovamento diventa
quindi una muta, ma significativa
testimonianza dei tragici anni della
seconda guerra mondiale e unisce tre
eventi all’apparenza non connessi fra
loro.
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