N. 3 - Marzo 2008
(XXXIV)
KOSOVO indipendente
UN CASO
INTERNAZIONALE
di Stefano De Luca
Era il 1999 quando le forze armate della Nato
intervennero in
Kosovo,
una provincia autonoma della Serbia abitata in
prevalenza da etnia albanese. Grande all’incirca come
l’Umbria, il Kosovo divenne un caso internazionale a
seguito delle operazioni di deportazione e di pulizia
etnica condotte dai serbi nei confronti degli albanesi,
che spinsero l’Alleanza Atlantica ad intervenire
per porre fine alle violenze.
Dopo otto anni sotto tutela internazionale,
17
febbraio 2008
il Parlamento di Pristina, riunito in seduta
straordinaria, ha approvato la
dichiarazione d'indipendenza
del Kosovo. Una dichiarazione unilaterale che se da un
lato corrisponde alle legittime aspirazioni dell’etnia
albanese dominante, dall’altra è vissuta come una
tragedia dalla minoranza serba e rischia di diventare un
precedente “pericoloso” per la comunità internazionale.
Il parlamento del Kosovo
ha accolto per acclamazione
la proposta del primo ministro
Hashim Thaci,
in carica dal novembre 2007,
di dichiarare unilateralmente l’indipendenza dalla Serbia: “da
questo momento - ha detto il presidente del
parlamento Jakup Krasniqi di fronte all'assemblea il 17
febbraio – il Kosovo è uno Stato indipendente,
sovrano e democratico”.
Immediata la replica del presidente serbo,
Boris Tadic,
che ha dichiarato che la Serbia “non riconoscerà mai
l'indipendenza del
Kosovo.
Belgrado ha reagito e reagirà con tutti i mezzi,
pacifici, diplomatici e legali per cancellare quanto
messo in atto dalle istituzioni kosovare”.
Ancora più dure le parole del premier serbo
Vojislav Kostunica, per il quale il parlamento di
Pristina ha dichiarato “in modo illegale la propria
indipendenza facendo nascere uno Stato fantoccio
dell’Alleanza Atlantica”.
“Gli Stati Uniti – ha proseguito
Kostunica
– hanno anteposto la violenza al diritto
internazionale e con forza cieca hanno spinto l'Unione
europea a calpestare i principi a cui si richiama. Il
presidente statunitense e i suoi seguaci europei sono
responsabili di questa violenza: la Serbia organizzerà
manifestazioni e proteste pacifiche in tutto il mondo
contro la violazione che ha subito la sua sovranità”.
La Russia, grande protettrice della
Serbia, ha immediatamente richiesto la convocazione del
Consiglio di sicurezza dell'Onu. “La Russia - si legge in
un comunicato del ministero degli esteri - sostiene
in pieno le reazioni della dirigenza serba sugli
avvenimenti del Kosovo e si associa alla giusta
rivendicazione di ristabilire l'integrità territoriale
del Paese. L’indipendenza proclamata a Pristina viola la
sovranità della Repubblica serba, lo statuto dell'Onu e
la risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza, i
principi della carta di Helsinki, la costituzione del
Kosovo e gli accordi del gruppo di contatto che
comprende Russia, Usa, Italia, Germania, Francia e Gran
Bretagna”.
Al termine del Consiglio di Sicurezza
straordinario, però, non è stato raggiunto alcun
accordo: “nessuno membro del Consiglio - ha
affermato il rappresentante britannico - ha sostenuto
la richiesta russa di dichiarare nulla la proclamazione
di Pristina”.
Il presidente degli Stati Uniti George
W. Bush ha annunciato da
Dar es Salaam, in
Tanzania, dove si trovava in occasione del suo viaggio
in Africa, che il suo Paese riconosce lo Stato del
Kosovo.
"La storia proverà - ha commentato a caldo Bush
ai giornalisti - quanto questa mossa sia
corretta per portare la pace nei Balcani. Stabiliremo
presto piene relazioni diplomatiche con la nazione
kosovara".
La
frattura tra Mosca e Washington sul riconoscimento del
Kosovo apre scenari di crisi nelle relazioni
internazionali e rischia di avere pesanti ripercussioni
che vanno ben al di là dei confini balcanici.
“Siamo fondamentalmente in disaccordo
sulla legalità dell'indipendenza” - ha chiarito poi
il numero tre del Dipartimento di Stato Usa Nicholas
Burns, che ha detto però di non aspettarsi “una
crisi con Mosca sull'argomento”.
Burns, ha quindi assicurato alla minoranza serba “la
tutela della Nato” sostenendo che, in assenza di
indipendenza, il rischio di violenze sarebbe stato molto
maggiore.
Rassicurazioni che non
hanno soddisfatto Belgrado, che considera la nazione
serba amputata di una propria regione in violazione
delle regole del diritto internazionale. La maggioranza
degli stati, europei e non, si è affrettata a
riconoscere l'indipendenza del Kosovo e si è detta
disponibile ad instaurare normali relazioni
internazionali.
Se una pietra è stata
gettata alle basi della costituzione di uno Stato
sovrano, la strada per il governo di Pristina è ancora
in salita per due ragioni: la netta contrarietà della
Russia di Putin e perchè l'autoproclamazione di
indipendenza rappresenta, di fatto, un precedente al
quale potranno richiamarsi quelle minoranze, come i
baschi in Spagna o i curdi in Turchia, che invocano la
loro indipendenza e che vedono nella mossa di Pristina
il riconoscimento della bontà delle loro rivendicazioni.
|