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N. 84 - Dicembre 2014 (CXV)

KIDZANIA, micro città dedicata ai bambini
TRA Giochi educativi E marketing

di Giovanna D'Arbitrio

 

Nel 1999 Xavier Lopez Ancona realizzò a Santa Fe un particolare parco per bambini, alquanto diverso da quelli tradizionali. Nei parchi Kidzania in effetti non ci sono giostre, né divertimenti di vario genere, ma aree ben organizzate in cui i bambini possono lavorare imitando gli adulti e sperimentando diversi mestieri e professioni.

 

In essi ragazzi dai 5 ai 16 anni possono guadagnare uno stipendio in “Kidzos” (moneta locale) che aumenta in base all’impegno e al merito e incassare assegni da versare su una sorta di conto corrente.

 

 I Kidzania sono in costante aumento nel mondo e si calcola che nel 2015 saranno circa una ventina: dopo Bombay, Tokyo, Cairo, Istanbul, Lisbona e Seoul e altre città, anche Londra ne avrà uno l’anno prossimo.

 

Joel Cadbury sarà il futuro presidente del Kidzania londinese che sorgerà nella parte ovest della città, all’interno dell’immenso centro commerciale Westfield.

 

Joel sta contattando numerosi sponsor tra i quali, a quanto pare, già sono presenti McDonald’s, Epson, Sony, DHL, Walmart e Mitsubishi che hanno accettato subito con entusiasmo. Anche a Londra, dunque, la formula sarà la stessa degli altri parchi sparsi per il mondo: è il trionfo dei marchi, in bella mostra nei settori dei vari mestieri e professioni.

 

Bambini e ragazzi, accompagnati dal personale, sono muniti di un microchip che consente di localizzarli in qualsiasi momento durante le quattro ore di permanenza nel parco. I genitori potranno aspettarli nel “Parents’ Clubhouse”, oppure fare shopping negli adiacenti centri commerciali.

 

I prezzi dei biglietti non sono alti e il tutto viene a costare meno di una babysitter a ore. All’ entrata del parco colpiscono slogan come, “preparatevi a un mondo migliore”, oppure “che la tua giornata sia produttiva”.

 

Malgrado le buone intenzioni dei sostenitori di tale iniziativa, il successo dei Kidzania appare a molti genitori ed educatori piuttosto inquietante, se si pensa alla presenza dei numerosi marchi e all’influsso di una pubblicità martellante che già condiziona le menti dei giovani in ogni momento della loro giornata. Ci si chiede inoltre se sia educativo inculcare nei minori la logica della produttività e del guadagno.

 

Sembra infine dannoso consentire tali esperienze a una fascia di minori che va dai 5 ai 16 anni, senza curarsi a livello pedagogico delle esigenze peculiari di ciascuna età all’interno di tale fascia: un bambino è diverso da un adolescente!

 

Non sarebbe più giusto che le attitudini dei minori fossero individuate da scuola e famiglia (operanti in stretta collaborazione con vigile e affettuosa cura) in modo da indirizzarle poi verso future attività lavorative?

 

Francamente l’ idea di bambini muniti di microchip che girano in una città “senza giochi”, ci rattrista e ci fa rimpiangere i bei tempi in cui ci rotolavamo sui prati e giocavamo all’ aria aperta con i nostri amici, liberi e felici nell’ inventarci giochi di ogni genere, nel goderci il sole, i fiori di campo e gli alberi che mutavano colori e forme a seconda delle stagioni: un positivo, educativo contatto con la Natura che ci ha accompagnato per tutta la vita.



 

 

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