N. 7 - Luglio 2008
(XXXVIII)
Khazari
Il popolo
dimenticato che
difese l'Europa
di Lawrence M.F.
Sudbury
è
possibile per la storia dimenticare quasi
completamente l'esistenza di un popolo? Sembrerebbe
incredibile. Eppure, si provi a sfogliare l'indice
di qualunque testo scolastico italiano e, più in
generale, europeo, alla ricerca delle vicende del
popolo khazaro (o, italianizzando, cazaro): è
impossibile trovarne traccia.
E' ovvio che qualunque manuale sia sempre
italo-centrico o, al più, euro-centrico, cosicché
molto difficilmente, nella necessità di dover
tagliare alcune parti poco inerenti alla propria
ottica di focalizzazione, un autore europeo, in un
trattato di storia generale, si soffermerà sulla
dinastia Ming o sulle diatribe feudali giapponesi
(sebbene alcuni provino almeno ad accennarne). Allo
stesso modo, qualora una popolazione sia così
ridotta da avere una scarsa incidenza sul contesto
generale (chi di noi può, ad esempio, dire di avere
una conoscenza approfondita della storia ladina?) è
assolutamente normale che venga, inevitabilmente,
trascurata.
Perché, allora, stupirsi del silenzio storico sui
Khazari? Semplicemente perché stiamo parlando di un
popolo che, nel suo periodo di massima espansione,
tra VIII e X secolo, occupava un territorio tra il
Mar Nero e il Mar Caspio oggi suddiviso tra cinque
nazioni e soprattutto perché stiamo parlando di un
impero che, per lungo tempo, difese, nel suo ruolo
di cuscinetto neutrale (legato, come vedremo, anche
alle sue scelte religiose) l'Europa intera dagli
attacchi delle orde arabiche che premevano ad
oriente.
Ma chi erano i Khazari, l'unica popolazione che,
molto dopo la caduta del Tempio di Gerusalemme e
molto prima della nascita di Israele, decise di
assumere l'ebraismo come religione di stato? Perché
sviluppò questa scelta a dir poco particolare in un
periodo in cui, invece, nell'Europa cristiana era
già da tempo in corso una ghettizzazione (per non
dire una persecuzione) del popolo ebraico? Come
poterono fiorire, schiacciati tra la grande massa
araba a sud-est e la cristianità a nord-ovest? Come
si delineò la loro decadenza che li portò in un
tempo relativamente breve addirittura a sparire non
solo dalle mappe ma anche dalla memoria dell'Europa?
La maggior parte delle informazioni sui Khazari in
nostro possesso deriva dall'antica storiografia
araba, ebraica, armena e bizantina, da antiche
leggende slave e, soprattutto, dalla notevole
quantità di reperti archeologici che questo popolo
ci ha lasciato e che ci fornisce molte informazioni
sul suo sistema socio-economico.
Ciononostante, le origini khazare sono ancora
piuttosto misteriose. I Khazari facevano risalire le
loro radici a partire da Kozar, figlio di quel
Togarmah menzionato nella Genesi come nipote di
Japhet. Si tratta ovviamente di un dato
assolutamente leggendario, ma che ha una grande
importanza per noi perché ci dice che già dalla più
remota antichità essi non si ritenevano discendenti
diretti dei semiti (cioè la progenie di Sem) ma
vedevano il loro israelitismo come un'acquisizione
posteriore, in piena contrapposizione con la nota
tesi di Arthur Koestler che vedeva nei Khazari la
Tredicesima Tribù perduta di Israele (una tribù
perduta, probabilmente inesistente, che, d'altra
parte, dovrebbe essere, a seconda degli autori,
progenitrice di praticamente tutti i gruppi
israeliti d'enclave, come, ad esempio, dei Falashà
in Etiopia), origine di tutto il ceppo
ebraico-ashkenazita.
Come l'origine indicata dal Koestler, così anche
l'idea, piuttosto diffusa tra gli storici
dell'ex-Unione Sovietica che i Khazari fossero
autoctoni del Caucaso settentrionale appare
piuttosto azzardata, soprattutto sulla base degli
studi di genetica comparata effettuati su alcune
inumazioni dell'area caspica e, allo stesso modo,
anche i riferimenti di alcuni manoscritti armeni ad
una genesi scito-sarmatica sembrano, per le stesse
ragioni, più dettati da elucubrazioni fantastiche
che da basi reali. Più sensata appare, invece, la
tesi di Dunlop, che vede i Khazari come connessi
agli Ugri, a causa della loro lingua chiaramente di
ceppo ugro-finnico e di ramo prossimo all'antico
bulgaro.
L'ipotesi più probabile rimane, comunque, quella di
una origine turcomanna, o meglio quella di una
origine mista di matrice turcomanna, dal momento che
notoriamente, i turcomanni non formarono mai una
etnia omogenea, sulla base della loro usanza di
inglobare ogni popolazione conquistata. D'altra
parte, anche il nome “Khazar” sembrerebbe derivare
dalla radice turca “*qaz”, che significa
“vagabondare”.
Come per le loro origini nomadiche, anche per quanto
riguarda tutta la iniziale storia khazara di
stanziamento nell'area a sud dell'odierna Russia, le
certezze sono molto poche. Certamente i Khazari
dovevano essere parte dell'impero Göktürk, fondato
dal clan Ashina dopo la loro vittoria contro gli
Juan Juan nel 552. Molto probabilmente, quando le
guerre tribali portarono alla frantumazione di tale
impero e allo sviluppo di numerose confederazioni
minori, i Khazari rimasero fedeli agli Ashina, tanto
che nel 670 li troviamo in guerra contro i bulgari,
della cui migrazione verso occidente furono
probabilmente causa.
E' in questo periodo che i Khazari divengono
indipendenti (pur mantenendo molte delle istituzioni
del vecchio impero) e fondano un loro khanato con
capitale prima a Balanjar (oggi identificata con il
sito archeologico di Verkhneye Chir-Yurt), poi,
intorno al 720, a Samandar, città costiera del
Caucaso settentrionale, infine, verso il 750, a Itil
(oggi Atil), ai margini del Volga, che rimase il
cento amministrativo del loro regno per più di 200
anni.
In questa prima “fase nazionale” i Khazari dovevano
essere già divisi nelle due caste dei Khazari
bianchi, guerrieri e nobili con supremazia
territoriale e dei Khazari neri, artigiani e
commercianti sottomessi ai primi, dovevano aver già
adottato il sistema turcomanno di successione
monarchica, che prevedeva la presenza di un potere
dualistico, con un re supremo (kargan) e un
comandante dell'esercito (bek), e stavano per
compiere quello stranissimo processo
storico-religioso che li avrebbe resi un unicum
nella storia: la conversione di massa all'ebraismo.
Di base, infatti, come gran parte dei popoli
originari delle steppe, i Khazari professavano una
religione sciamanica basata sul culto di Tingri, il
dio creatore della natura, con alcuni influssi
chiaramente derivanti dal confucianesimo. La loro
area di stanziamento, però, soprattutto nelle città
greche sul Mar Nero e nella zona della Crimea era,
fin dal periodo precedente alla Diaspora, fortemente
abitata da popolazioni ebraiche, tanto che in alcuni
distretti, già alla fine del VII secolo, gli
israeliti formavano la maggioranza della
popolazione.
Il khanato khazaro fu, sin dai suoi esordi, rinomato
per la sua ricchezza (sia dovuta alla fertilità del
territorio, sia, soprattutto alla sua posizione
sulla Via della Seta) e per la sua tolleranza (i
kargan del khanato intrattenevano relazioni
commerciali e politiche con tutti i paesi
circostanti e permettevano libero culto a chiunque,
addirittura, cosa che perdurerà per tutto il loro
periodo di dominio, lasciando che ogni gruppo
religioso basasse il proprio sistema giuridico sui
propri dettami religiosi).
Era ovvio, dunque, che gli ebrei, perseguitati a
Bisanzio da Eraclio, Giustiniano I, Giustiniano II,
Leone III e Romano I, in Persia dai Sassanidi
(soprattutto dopo la rivolta di Mazdak) e,
successivamente, anche se in forme minori, dagli
islamici, cercassero rifugio in massa laddove già
esistevano ricche comunità di loro correligionari e
notevoli possibilità di instaurare fiorenti
commerci. Questi esuli finirono, ben presto, per
formare una sorta di elité mercantile che si trovò
ad avere stretti contatti con l'aristocrazia locale,
favorendone la conversione. Sicuramente verso la
fine dell'VIII secolo, le famiglie reali khazare e
la nobiltà si convertirono in massa all'ebraismo,
seguite da buona parte della popolazione. Le
proporzioni di tale conversione popolare rimangono
tuttora incerte: lo storico arabo Ibn al-Faqih
riporta, nel X secolo, che tutti i Khazari erano
ebrei, ma è più probabile che il fenomeno avesse
interessato particolarmente i Khazari bianchi,
sebbene le odierne indagini archeologiche sulle
sepolture tendano a mostrare che tra 850 e 950
almeno il 70% della popolazione utilizzasse
inumazioni israelitiche.
E' fortemente possibile che alla base di una scelta
religiosa così particolare sussistessero importanti
ragioni politiche. Non dobbiamo dimenticare che
l'impero khazaro si trovava chiuso tra due grandi
popolazioni in costante crescita: i mussulmani a est
ed i cristiani ad ovest. Entrambe le religioni, pur
con numerosi esempi di intolleranza interna,
vedevano nell'ebraismo un predecessore dei propri
culti e l'istituzione di uno stato ebraico poteva,
dunque, rappresentare anche un buon espediente per
mantenere una specie di neutralità nel grande
scontro che stava sviluppandosi.
Dopo l'830, comunque, l'ebraismo divenne sicuramente
religione di stato dal momento che numerosi
ritrovamenti numismatici riportano nomi ebraici
(Zaccaria, Isacco, Sabriele, Obadiah, ecc.) scelti
dai re al momento della loro incoronazione. E'
difficile dire di che tipo di ebraismo si trattasse,
ma alcuni ritrovamenti a Rostov fanno pensare ad un
ruolo centrale esercitato dall' istituzione del
Tabernacolo e ad un culto molto prossimo a quello
descritto nell'Esodo. Sicuramente i Khazari
instaurarono strette relazioni con tutte le comunità
ebraiche del Levante e della Persia (tanto che gli
ebrei persiani chiesero espressamente ai kangan
khazari di occupare il Califfato, insorgendo per
“distruggere Babilonia”) ma anche con comunità più
lontane, come testimoniano carteggi tra ebrei
khazari ed ebrei spagnoli.
E' probabile che i governanti khazari si vedessero
come una sorta di protettori internazionali
dell'ebraismo, spesso compiendo ritorsioni sui
mussulmani e i cristiani dei loro territori qualora
le persecuzioni anti-ebraiche all'estero
raggiungessero picchi troppo elevati. Sappiamo, ad
esempio, dallo storico persiano Ibn Fadlan che
quando gli islamici, intorno al 920, distrussero una
sinagoga in Persia, il re Samuele II fece abbattere
il minareto di Itil e lapidare il muezzin, dicendo
che, in caso di ulteriori danni alla comunità
ebraica, avrebbe fatto radere al suolo la moschea
della città. Allo stesso modo, durante la
persecuzione di Romano I, il governo khazaro si
vendicò attaccando e distruggendo i possessi
bizantini in Crimea.
Veniamo così alla complessa questione delle
relazioni internazionali del khanato ed al suo ruolo
di “scudo” contro la penetrazione islamica in
occidente.
La prima importante apparizione della Khazaria sulla
scena internazionale si ha in una campagna di
supporto del kangan Ziebel a Bisanzio contro i
Sassanidi persiani per il predominio in Georgia, a
metà circa del VII secolo. Da quel momento in poi,
il conflitto con i regni orientali divenne
praticamente una costante della storia khazara. Per
tutto il VII e VIII secolo i Khazari combatterono
una serie di guerre conto il Califfato Omayyade che
tentava di espandere la sua influenza verso il
Caucaso, risultando quasi sempre vincitori. I raid
contro il Kurdistan e l'Iran divennero sempre più
frequenti e numerose risultanze provano che,
probabilmente in alleanza con i Turcomanni, i
Khazari riuscirono ad allargare notevolmente i
confini del khanato. Già verso la fine del VII
secolo tutta la Crimea era stata occupata, tanto che
vi sono prove della presenza di un governatore (tundun)
khazaro a Cherso già nel 690, nonostante la città
fosse nominalmente sotto il dominio bizantino e che
verso la metà dell'VIII secolo anche i Goti della
penisola vennero sottomessi e la loro capitale,
Doron, occupata.
L'alleanza con Bisanzio divenne sempre più stretta,
tanto che quando Giustiniano II, nel 704, venne
esiliato a Cherso, scappò in Khazaria e sposò la
sorella del kagan Busir (sebbene poi, per l'appoggio
fornito da questi all'usurpatore Tiberio III,
dovette rifugiarsi in Bulgaria), mentre nel 711
l'imperatore Filippico ebbe proprio i Khazari come
maggiori sponsor per la sua ascesa al trono.
L'imperatore Leone III arrivò addirittura a dare in
moglie suo figlio Costantino (poi Costantino V
Copronimo) alla principessa khazara Tzitzak e, non a
caso, loro figlio Leone IV passò alla storia con il
soprannome di “Leone il khazaro”.
Nel frattempo le ostilità con il Califfato
continuavano: il principe khazaro Barjik invase
l'Iran nord-occidentale e, nel 730, sbaragliò le
forze omayyadi a Ardabil, per poi venire ucciso
sette anni più tardi nella disfatta di Itil, che
venne occupata brevemente (l'instabilità politica
del Califfato non permetteva occupazioni di lunga
durata) ma venne poi liberata nel 740 (e alcuni
storici ritengono che l'idea dell'assunzione
dell'ebraismo come religione di stato cominciasse in
questo periodo e fosse, in qualche modo, legata
all'asserzione di indipendenza del khanato).
Anche se i Khazari furono in grado bloccare per
qualche anno l'espansione araba verso l'Europa
Orientale, furono poi costretti dal soverchiante
numero delle truppe nemiche a ritirarsi a ovest del
Caucaso, in un'area delimitata dal Mar Caspio a est,
dalle steppe del Mar Nero a nord e dal Dnieper a
ovest, dove, però, riuscirono a fortificarsi, tanto
che gli Abbasidi, subentrati agli Omayyadi, decisero
di porre fine alle ostilità (sebbene qualche attacco
in territorio nord-iraniano continuasse ad essere
portato da milizie khazare anche negli anni
successivi) con un matrimonio tra una principessa
khazara ed il governatore militare abbaside
dell'Armenia nel 758.
Da quel momento in poi, le relazioni con la Persia
furono sempre più cordiali e il khanato visse una
costante ascesa, tanto che, nel momento del suo
massimo apogeo, nel IX secolo, Slavi orientali,
Magiari, Peceneghi, Burti, Nord Caucasici, Unni e
numerose altre tribù erano tributari diretti dei
Khazari e che il Caspio veniva denominato
geograficamente come “Mare khazaro” (termine che
rimane a tutt'oggi in arabo).
Nel suo ruolo di “stato cuscinetto”, in questo
periodo, la Khazaria diventa sempre più importante
ed internazionalmente riconosciuta per la sua
ricchezza, produttività (manufatti khazari sono
stati trovati in tutte le aree mediorientali e in
numerosi siti archeologici balcanici) e tolleranza
verso qualunque popolazione, tanto da instaurare in
tutta l'area caspica quella che passò alla storia
come “Pax khazarica”.
Come poté, dunque, accadere che in brevissimo tempo
uno stato così potente sparisse praticamente nel
nulla?
Le ragioni furono molteplici.
In primo luogo, già alla fine del IX secolo, una
guerra civile interna, mossa da tre clan detti “dei
Kabari” in alleanza con alcuni clan magiari e in
rivolta contro il bek dell'epoca devastò intere aree
del paese prima di essere sedata.
Successivamente, una guerra contro i Peceneghi che
si erano ribellati al vassallaggio, pur vinta, mosse
questa popolazione verso nord-ovest, spingendo i
magiari fuori dai confini del regno e creando una
pericolosa “zona vuota” nelle steppe a nord del Mar
Nero.
Nel frattempo, le relazioni diplomatiche con
Bisanzio si erano lentamente ma costantemente
indebolite, tanto che le cronache arabe di inizio X
secolo ci parlano di una ribellione di alcune
popolazioni sottomesse “appoggiate e aiutate” dai
“MQDWN” (cioè i Macedoni, come venivano spesso
chiamati i Bizantini in arabo) e di una invasione
alana non bloccata, come era accaduto fino a quel
momento, dall'Impero d'Oriente.
Ma la vera causa della morte del khanato ha un nome
ben preciso: Rus.
Originariamente i Khazari erano alleati di varie
fazioni norrene stanziate nella zona di Novgorod ed
è piuttosto certo che la politica dei Rus venisse
fortemente influenzata dai Khazari, con cui i
norreni condividevano traffici commerciali (in
particolare per quanto riguarda il diritto di
navigazione sul Volga) e l'ostilità più o meno
latente verso le popolazioni arabe.
Purtroppo, però, intorno al 960, la connivenza
piuttosto esplicita del governo khazaro con i
continui saccheggi dei Variaghi contro le città
mussulmane del Caucaso meridionale portò ad una
rivolta interna da parte della minoranza islamica
del khanato, evidentemente ancora piuttosto
numerosa. Per far fronte a questa emergenza e sedare
la rivolta, la nobiltà ebraica decise un mutamento
radicale di alleanze e chiuse le rotte di
navigazione sul Volga per tutti i Rus, tentando di
forzare un intervento degli arabi (tanto che il
kangan Giuseppe I scrisse al governatore Hasdai ibn
Shaprut: “Devo per forza muovere guerra [ai Rus],
perché se dessi loro la minima possibilità,
devasterebbero ogni lembo di terrà fino a Baghdad”)
che, però, non arrivò mai.
A questo punto, Oleg di Novgorod (che già aveva
tentato incursioni in Khazaria intorno al 940,
risultando sempre sconfitto) e Sviatoslav di Kiev
cominciarono una serie impressionante di attacchi ai
domini khazari, spesso portati con l'assenso e
l'aiuto di Bisanzio.
Rimasti soli, con continue rivolte di tutti gli
alleati e i tributari che si andavano via via
affrancando, i Khazari tentarono una disperata
resistenza contro le numerosissime bande Rus, ma
Sviatoslav riuscì a conquistare le fortezze di
Sarkel e Tematarkha nel 965 e ad occupare Itil nel
969, ponendo fine all'impero khazaro. Un viaggiatore
scrisse che ad Itil, dopo l'attacco dei Rus, “non
rimase neppure un acino d'uva, né una sola foglia
sugli alberi”.
In breve i Khazari si dispersero lungo tutta l'area
caspico-caucasica e vennero assorbiti dalle altre
popolazioni fino a quel momento loro sottomesse.
Così ebbe fine una esperienza di governo, di
diplomazia (spesso “armata”) e di tolleranza
politico-religiosa (pur nel quadro di un
imperialismo normale per l'epoca) che non ebbe
paragone nel mondo mediorientale nei secoli
successivi.
Riferimenti bibliografici:
D. M. Dunlop, The History of the Jewish Khazars,
Schocken 1967
A. Koestler, The Thirteenth Tribe, Random House 1976
P.B. Golden, Nomads and Their Neighbours in the
Russian Steppe: Turks, Khazars and Qipchaqs, Ashgate
Publishing 2003
K.A, Brook , The Jews of Khazaria, Rowman &
Littlefield Publishers 2006
P.B. Golden, Haggai Ben-Shammai, and Andras Rona-Tas,
The World of the Khazars, BRILL 2007
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