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> Diritti umani e civili

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N. 10 - Marzo 2006

I DIRITTI UMANI NEGLI STATI UNITI OGGI

Parla Kerry Kennedy

di Leila Tavi

 

Oggi 24 febbraio Kerry Kennedy, presidente onorario della Robert F. Kennedy Foundation of Europe, ha trattato, nella sua prolusione in occasione dell'inaugurazione del nuovo anno accademico dell'Univesità degli studi Roma Tre, un tema attuale come quello dei diritti umani nelle società civili contemporanee.

 

La figlia del senatore Bob Kennedy e nipote di JFK si batte da più di venti anni per la tutela dei diritti umani e civili nel mondo e non risparmia il suo paese, gli Stati Uniti, dalla denuncia di violazione del diritto penale internazionale per il trattamento riservato ai prigionieri di guerra e ai sospettati di terrorismo.

 

Kerry Kennedy accusa le istituzioni americane di corruzione; biasima lo stanziamento di cospicui fondi nel budget federale per la security policy, a scapito di ricerca, sanità, prevenzione sociale; ripudia la pratica delle extraordinary rendition e dell’outsourcing torture.

Richiama l’attenzione degli studenti su come l’FBI e la CIA abbiano libero accesso ai dati personali dei cittadini americani e stranieri residenti sul territorio statunitense; ad esempio le biblioteche pubbliche americane sono tenute a mostrare agli agenti federali la lista dei lettori che hanno consultato libri ritenuti dalla CIA pericolosi ai fini di un eventuale ipotetico indottrinamento per cellule terroristiche.

 

Internet è controllato dalla NSA, la National Security Agency, non è soltanto la prima spy agency del mondo, ma è in possesso della più avanzata tecnologia per l’intercettazione delle comunicazioni.

 

Kerry Kennedy è amareggiata dal suo paese in cui non è più rispettato l’equilibrio tra istutuzioni secondo il principio del check and balance; il suo è un paese che non riconosce più, in cui è possibile prelevare un cittadino dalla propria abitazione solo per un sospetto e tenerlo recluso lontano dalla famiglia, trattarlo come un nemico.

 

Gli agenti della CIA negli attuali scenari di guerra commettono impuniti crimini quali la tortura e l’esecuzione. Sono diventati strumenti di morte al servizio della politica. Le stesse decisioni politiche a livello internazionale sono sempre più influenzate dalle indagini e dalle conoscenze dei servizi segreti americani. Tra le tecniche di guerra sono tornate in auge le spy ops, (spy operation), in larga parte utilizzate durante i conflitti degli anni della Guerra Fredda, come nella Guerra di Corea.

 

I torture centre della CIA agiscono nella piena illegalità e in contrasto con le leggi del diritto internazionale, a cui la politica estera statunitense, ma in particolar modo l’amministrazione Bush, sta a poco a poco togliendo competenza e potere. Questa sorta di unilateralismo americano ha contribuito a diffondere un generale senso di tolleranza e di familiarità con i trattamenti crudeli e inumani a cui sono sottoposti tanti innocenti considerati “presunti” terroristi.

 

Siamo arrivati al paradosso in cui la tortura è una “universal image”, ha commentato la Kennedy, per cui gli Stati Uniti possono ostentare un atteggiamento di sfida nei confronti del diritto internazionale e delle sue istituzioni, una tra tutte la Corte penale internazionale (CPI).

 

L’amministrazione Bush ha sottoscritto accordi bilaterali con molti stati allo scopo di assicurarsi una solida forma di tutela nei confronti della giurisdizione della CPI. Tali accordi, soprannominati impunity agreement, prevedono il previo consenso da parte degli Stati Uniti in caso di consegna da parte dello stato contraente alla CPI, o a paesi terzi, di cittadini americani, o membri del governo statunitense, accusati di aver commesso crimini nel loro territorio.

 

Già con l’adozione il 2 agosto 2002 da parte degli Stati Uniti dell’American Servicemembers’ Protection Act (ASPA), il governo statunitense si è assicurato una tutela particolare nei confronti della giurisdizione della CPI per i membri delle forze armate.

 

Mentre i tribunali militari americani svolgono processi in segreto nella più completa illegalità e senza presunzione di innocenza, gli Stati Uniti escogitano un escamotage per sfuggire alla giurisdizione della CPI.

Kerry Kennedy ripudia Guantanamo e Abu Grahib perché, “liberty is never extravagant “. Perché gli Stati Uniti da paese in cui vali per il tuo conto in banca diventi il paese in cui è i valori fondamentali sono il rispetto degli anziani e l’educazione dei bambini; per l’America “the land that never has been yet/ And yet must be/the land where every man is free”. (Let America Be America Again - L. Hughes).

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Matteo Bernareggi, La Corte penale internazionale e gli Stati Uniti, in “Pace diritti umani”, Venezia, Marsilio, Venezia, Marsilio, 2006, pp. 55-88

Fabrizio Caccia, Contestazioni all’Ateneo davanti a Kerry Kennedy. Azione Giovani a Roma Tre contro il Rettore, in “Il Corriere della Sera. Cronaca di Roma”, sabato 25 febbraio 2006, p. 2

 Paola Coppola, “Quelle violenze non finiranno finché Bush sarà al potere”. Kerry Kennedy, figlia di Bob, punta il dito contro l’amministrazione americana, in “La Repubblica”, venerdì 24 febbraio 2006, p.10

Eavesdropping 101: What Can The NSA Do?, creato il 31 gennaio 2006, consultato il 23 febbraio 2006,

http://www.aclu.org/safefree/nsaspying/23989res20060131.html

Hans Leyendecker, Foltern für die gerechte Sache, in „Sueddeutsche.de“, 27 febbraio 2004, consultato il 24 febbraio 2006,

 http://www.sueddeutsche.de/deutschland/artikel/518/27491

 

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