KELP HIGHWAY
“L’AUTOSTRADA DELLE ALGHE”,
un’ANTICA ROTTA MARITTIMA
di Simone Barcelli
In I Jōmon, civiltà madre del
Giappone, nel Primo e Medio periodo
(4000 a.C.-2000 a.C.) possedevano le
capacità marittime per affrontare la
traversata dell’Oceano Pacifico,
anche alla deriva, o navigarvi
costeggiando. In scavi archeologici
documentati, sono state ritrovate
centinaia di piroghe lunghe fino a
sette metri, con sezione trasversale
a forma di arco e prua e poppa a
forma di V, ricavate da tronchi
d’albero risalenti a quel periodo
storico, munite di pagaie lignee:
queste imbarcazioni erano in grado
di trasportare anche un carico di
cinquecento chilogrammi. Il
sostentamento, anche durante un
lungo viaggio per mare, non sarebbe
stato un grosso problema, poiché la
loro ceramica era utilizzata
prevalentemente per cucinare frutti
di mare.
L’attraversamento dell’Oceano
Pacifico, un viaggio di ottomila
miglie nautiche, che avrebbe
richiesto almeno un anno e mezzo di
navigazione, è stato dimostrato in
via teorica dal First Mariners
Project con una serie di esperimenti
replicativi condotti in condizioni
controllate, utilizzando per la
costruzione delle zattere marittime
materiali e strumenti disponibili
all’epoca e nella regione specifica.
Gli antichi marinai potevano
trasportare per mare anche l’acqua
potabile, all’interno di tronchi
scavati e sigillati con cera d’api,
corteccia e resina d’albero, e
ottenere sostentamento dalla pesca,
pur in presenza di rifornimenti
supplementari reperibili prima della
partenza.
La spinta propulsiva per affrontare
la massa oceanica, anche alla
deriva, perlomeno durante i mesi
estivi, poteva venire dalla
cosiddetta ‘corrente nera’, chiamata
per questo Kuroshio, le cui acque
calde lambiscono le coste
meridionali di Honshū e si uniscono
a quelle della corrente fredda
subartica Oyashio. In quel momento,
essa prende il nome di corrente del
Pacifico settentrionale, fluendo
lentamente, dalla fine dell’ultima
era glaciale, sia in direzione
dell’Alaska sia verso la California.
Questa corrente può trasportare
materiale ligneo dall’Oceano
Pacifico occidentale alla costa
dell’America settentrionale.
Sussistono, però, problematiche che
potevano influire sulla traversata
di un’imbarcazione senza mezzi di
propulsione, come venti dominanti e
correnti superficiali, anche se la
corrente equatoriale occidentale e
qualche uragano potevano sospingere
le barche fino alle coste della
California e del Messico
settentrionale. L’esistenza o meno
della propulsione eolica nelle
imbarcazioni Jōmon è una questione
ancora largamente dibattuta nel
mondo archeologico. Il fisico Lucio
Russo ritiene del tutto plausibili
le traversate oceaniche da parte di
marinai nell’antichità, anche a
bordo di zattere o piccole
imbarcazioni, poiché non è
importante la dimensione delle
imbarcazioni, bensì la capacità di
navigare disponendo le vele in
maniera che facciano il minor angolo
possibile con la direzione dalla
quale spira il vento. Navigare di
bolina, in fondo, era una manovra
già nota e descritta dagli autori
classici.
La navigazione sotto costa,
indubbiamente, avrebbe reso meno
impegnativo un viaggio così lungo
per le Americhe, poiché sarebbe
stato più semplice procacciarsi in
abbondanza cibo e acqua. La presenza
di legname galleggiante, avrebbe
permesso, inoltre, di alimentare
fuochi per riscaldarsi e cuocere,
mentre isole e insenature potevano
fornire riparo durante il viaggio.
Questa rotta è chiamata dagli
archeologi Kelp Highway (“autostrada
delle alghe”), e si snoda dal
Giappone alla Kamchatka, lungo la
costa meridionale della Beringia e
dell’Alaska, fino alla costa
nordoccidentale della California:
foreste di alghe o mangrovie
potevano sostenere gli ecosistemi
acquatici e fornire nutrimento ai
marinai con pesci, mammiferi marini,
ricci di mare, stelle marine,
crostacei e molluschi.
I Jōmon erano marinai esperti, in
grado di navigare per centinaia di
miglie marine, come dimostra il
trasporto dell’ossidiana da un’isola
all’altra. Essi avevano una naturale
proiezione sul mare, con un’ampia
rete commerciale che permetteva di
scambiare i prodotti
dell’artigianato locale, soprattutto
il vasellame di pregio. Sparute
migrazioni per mare potrebbero,
quindi, essere avvenute in Sud
America, non più di seimila anni fa,
come pare dimostrare l’analisi degli
scheletri ritrovati in Bassa
California, che suggeriscono una
discendenza comune anche con gli
antenati asiatici della Costa del
Pacifico. I nativi americani, poi,
hanno affinità con i polinesiani e
soprattutto con gli Ainu di
Hokkaidō, discendenti del primo
periodo Jōmon. Infine, sussiste una
coincidenza di DNA di origine
giapponese negli abitanti della
cultura Valdivia in Ecuador.
Riferimenti bibliografici:
Simone Barcelli, L’enigma dei
Jōmon. La misteriosa cultura madre
del Giappone alla scoperta delle
Americhe seimila anni fa (KDP,
Storie e dintorni, 2024).