[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

199 / LUGLIO 2024 (CCXXX)


ambiente

KELP HIGHWAY
“L’AUTOSTRADA DELLE ALGHE”, un’ANTICA ROTTA MARITTIMA

di Simone Barcelli

 

In I Jōmon, civiltà madre del Giappone, nel Primo e Medio periodo (4000 a.C.-2000 a.C.) possedevano le capacità marittime per affrontare la traversata dell’Oceano Pacifico, anche alla deriva, o navigarvi costeggiando. In scavi archeologici documentati, sono state ritrovate centinaia di piroghe lunghe fino a sette metri, con sezione trasversale a forma di arco e prua e poppa a forma di V, ricavate da tronchi d’albero risalenti a quel periodo storico, munite di pagaie lignee: queste imbarcazioni erano in grado di trasportare anche un carico di cinquecento chilogrammi. Il sostentamento, anche durante un lungo viaggio per mare, non sarebbe stato un grosso problema, poiché la loro ceramica era utilizzata prevalentemente per cucinare frutti di mare.


L’attraversamento dell’Oceano Pacifico, un viaggio di ottomila miglie nautiche, che avrebbe richiesto almeno un anno e mezzo di navigazione, è stato dimostrato in via teorica dal First Mariners Project con una serie di esperimenti replicativi condotti in condizioni controllate, utilizzando per la costruzione delle zattere marittime materiali e strumenti disponibili all’epoca e nella regione specifica. Gli antichi marinai potevano trasportare per mare anche l’acqua potabile, all’interno di tronchi scavati e sigillati con cera d’api, corteccia e resina d’albero, e ottenere sostentamento dalla pesca, pur in presenza di rifornimenti supplementari reperibili prima della partenza.


La spinta propulsiva per affrontare la massa oceanica, anche alla deriva, perlomeno durante i mesi estivi, poteva venire dalla cosiddetta ‘corrente nera’, chiamata per questo Kuroshio, le cui acque calde lambiscono le coste meridionali di Honshū e si uniscono a quelle della corrente fredda subartica Oyashio. In quel momento, essa prende il nome di corrente del Pacifico settentrionale, fluendo lentamente, dalla fine dell’ultima era glaciale, sia in direzione dell’Alaska sia verso la California. Questa corrente può trasportare materiale ligneo dall’Oceano Pacifico occidentale alla costa dell’America settentrionale. Sussistono, però, problematiche che potevano influire sulla traversata di un’imbarcazione senza mezzi di propulsione, come venti dominanti e correnti superficiali, anche se la corrente equatoriale occidentale e qualche uragano potevano sospingere le barche fino alle coste della California e del Messico settentrionale. L’esistenza o meno della propulsione eolica nelle imbarcazioni Jōmon è una questione ancora largamente dibattuta nel mondo archeologico. Il fisico Lucio Russo ritiene del tutto plausibili le traversate oceaniche da parte di marinai nell’antichità, anche a bordo di zattere o piccole imbarcazioni, poiché non è importante la dimensione delle imbarcazioni, bensì la capacità di navigare disponendo le vele in maniera che facciano il minor angolo possibile con la direzione dalla quale spira il vento. Navigare di bolina, in fondo, era una manovra già nota e descritta dagli autori classici.


La navigazione sotto costa, indubbiamente, avrebbe reso meno impegnativo un viaggio così lungo per le Americhe, poiché sarebbe stato più semplice procacciarsi in abbondanza cibo e acqua. La presenza di legname galleggiante, avrebbe permesso, inoltre, di alimentare fuochi per riscaldarsi e cuocere, mentre isole e insenature potevano fornire riparo durante il viaggio.
Questa rotta è chiamata dagli archeologi Kelp Highway (“autostrada delle alghe”), e si snoda dal Giappone alla Kamchatka, lungo la costa meridionale della Beringia e dell’Alaska, fino alla costa nordoccidentale della California: foreste di alghe o mangrovie potevano sostenere gli ecosistemi acquatici e fornire nutrimento ai marinai con pesci, mammiferi marini, ricci di mare, stelle marine, crostacei e molluschi.


I Jōmon erano marinai esperti, in grado di navigare per centinaia di miglie marine, come dimostra il trasporto dell’ossidiana da un’isola all’altra. Essi avevano una naturale proiezione sul mare, con un’ampia rete commerciale che permetteva di scambiare i prodotti dell’artigianato locale, soprattutto il vasellame di pregio. Sparute migrazioni per mare potrebbero, quindi, essere avvenute in Sud America, non più di seimila anni fa, come pare dimostrare l’analisi degli scheletri ritrovati in Bassa California, che suggeriscono una discendenza comune anche con gli antenati asiatici della Costa del Pacifico. I nativi americani, poi, hanno affinità con i polinesiani e soprattutto con gli Ainu di Hokkaidō, discendenti del primo periodo Jōmon. Infine, sussiste una coincidenza di DNA di origine giapponese negli abitanti della cultura Valdivia in Ecuador.

 


Riferimenti bibliografici:

 

Simone Barcelli, L’enigma dei Jōmon. La misteriosa cultura madre del Giappone alla scoperta delle Americhe seimila anni fa (KDP, Storie e dintorni, 2024).

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]