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arte


N. 141 - Settembre 2019 (CLXXII)

vassily kandinsky

il padre dell'astrattismo

di Riccardo Filippo Mancini

 

Sicuramente tutti sbagliamo a scrivere il suo nome, almeno le prime volte. Di sicuro la versione anglicizzata ha aiutato più di qualcuno, ma il succo cambia poco: Vasilij Vasil'evič Kandinskij (questo il nome in russo, Vassily Kandinsky la forma più usata) è stato uno dei più grandi pittori di sempre.


Nacque nel 1866 a Mosca, figlio di un ricco commerciante di tè. Già nel 1870 la famiglia si trasferì a Monaco di Baviera, dove i genitori si separarono quando il piccolo Vassily aveva appena 5 anni. Il bimbo seguì la madre a Odessa, dove iniziò già in tenera età, grazie all’insegnamento della zia, ad apprendere l’arte del disegno, nella quale sembrava essere molto appassionato e capace. Imparò anche a suonare il pianoforte e il violoncello: la musica sarà importante per lui e avrà un ruolo anche nella sua produzione artistica.

 

Studiò al Liceo Classico e nel mentre continuò il disegno, seguito da un maestro. Si iscrisse poi all’Università a Mosca, concludendo brillantemente il suo percorso di studi in legge nel 1892. Nel 1896 ricevette infatti una proposta per insegnare diritto presso l’Università di Dorpat, in Estonia; rifiutò però la cattedra per dedicarsi all’arte.


In quegli anni furono decisivi, per la sua scelta, alcuni momenti di incontro “fisico” con l’arte: nel 1895 vide dal vivo una mostra dedicata all’impressionismo e rimase colpito da Monet (in particolare dal quadro I covoni) tanto da capire nel suo intimo che la sua strada non poteva essere quella accademica. La pittura lo stava richiamando in maniera troppo forte. Per fortuna verrebbe da dire oggi.

 

A quel punto la strada di Vassily era segnata: tornò a Monaco dove iniziò i corsi all’Accademia delle Belle Arti, come allievo di Franz Von Stuck (importante artista tedesco). In quel momento il capoluogo bavarese era una città ricca di influenze artistiche di vario tipo, contenitore di esperimenti e nuove tendenze, nonché di molti artisti che gravitavano nella città attratti da quel clima così creativo.

 

Sono gli anni dell’Art Nouveau, di secessioni artistiche e ricerca di nuovi linguaggi espressivi, dello Jugendstil. Kandinsky nel 1901 fondò a Monaco il gruppo Phalanx; in questa occasione conoscerà Gabriele Munter, che diventerà la sua compagnia di vita. Aprì anche una scuola dove tenne lezioni, per cercare di introdurre le avanguardie francesi – alle quali lui guardava con grande interesse - nell'ambiente artistico della baviera.

 

I suoi dipinti dei primi anni del secolo erano principalmente paesaggi eseguiti a spatola, all'inizio scuri e ombrosi, e poi di colori più intensi; dipinse anche temi fantastici derivanti dalla tradizione russa o dalle leggende del medioevo tedesco. Fu un periodo di grandi sperimentazioni soprattutto per quanto riguardava la tecnica pittorica. Impressionismo, puntinismo e fauvismo sono senza dubbio gli stili che lo influenzarono maggiormente in quella fase. L’intento illustrativo dell’opera è ancora ben evidente, le prime variazioni verso un’arte non figurativa arriveranno qualche anno dopo.

 
Nei primi anni del 1900 Kandinsky viaggiò molto: si spostò per un periodo in Italia, poi in Sudafrica e a Mosca; nel 1904 espose a Parigi, entrando sempre più in contatto con gli ambienti artistici francesi.


Tornato stabilmente in Baviera fondò nel 1909 l’Associazione degli artisti di Monaco, in una fase in cui si avvicina all’espressionismo, che influenza la sua produzione pittorica e sarà la base di partenza per la svolta verso l’astrattismo.


Nel 1910 dipinse oggi quella che viene considerata la sua prima opera astratta: un insieme di macchie di colore, soprattutto rosse e azzurre, con dei segni neri, il tutto su sfondo bianco. Non ci sono forme riconoscibili, nulla è preciso. Almeno in apparenza: l’intento sarà sempre quello di suscitare emozioni interiori allo spettatore che si immerge nella visione del quadro attraverso l’uso dei colori.

 

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Vassily Kandinsky, Primo acquerello astratto, 1910. Parigi, Centro Georges Pompidou.

 

Già nel primo periodo in baviera Kandinsky conobbe Franz Marc, col quale nascerà una solidissima amicizia ma anche una fruttuosa esperienza artistica. I due nel 1911 fondarono infatti Il Cavaliere Azzurro (Der Blaue Reiter in tedesco), gruppo di artisti di Monaco che annoverò tra le sue fila anche Paul Klee, August Macke tra gli altri. Il nome del gruppo fu scelto da Vassily e Franz unendo due loro passioni: il russo amava il colore blu, l’altro dipinse moltissimi cavalli, animali che adorava. Tra l’altro Kandinsky nel 1903 aveva dipinto un’opera con lo stesso titolo.


Il gruppo non ebbe un vero e proprio manifesto ma pubblicò nel 1912 un almanacco con immagini, poesie, brani musicali. Da questo momento in poi Kandinsky non sarebbe più tornato indietro sulla scelta dell’astrattismo.


Molti hanno messo in relazione i quadri dell’artista russo alla musica, e senza dubbio questo è il paragone più calzante per spiegare le note profondamente emotive che il pittore moscovita cercava di raggiungere con le sue opere: come la musica che tra tutte le forme artistiche è quella più immediata, quella che entra dentro senza bisogno di supporti materiali ma solo dell’ascolto, Kandinsky voleva suscitare emozione solo con i suoi accostamenti di colore. Che però non erano mai casuali o del tutto improvvisati, ma avevano una loro struttura, una loro composizione; esattamente come una composizione musicale.

 

L’artista inizierà a chiamare alcune serie di quadri con nomi quali “impressioni”, “composizioni”, “improvvisazioni” aggiungendo in alcuni casi anche una numerazione, proprio come fossero delle opere musicali.


Sempre nel 1911 Kandinsky scrisse “Lo spirituale nell’arte”: la sua personale visione del colore e la relazione che secondo l’artista esisteva tra arte e dimensione spirituale.


Arrivò la guerra (durante la quale tra l’altro Franz Marc perderà la vita dopo essersi arruolato come volontario) a spezzare il sodalizio artistico del gruppo nel 1914, ma l’influenza e la strada tracciata resteranno vive.



Durante la guerra Kandinsky tornerà a Mosca in più occasioni e interromperà la relazione con la compagnia Gabriele Münter, per sposare nel 1917 Nina Andreevskaja; avranno un figlio, Volodia, che però morirà piccolissimo nel 1920.


Dopo aver ricoperto in quegli anni alcuni incarichi nella Russia post rivoluzione, occupandosi dell’Istituto per la cultura artistica e ricoprendo il ruolo di vicedirettore dell’Accademia delle scienze artistiche, decise di tornare in Germania nel 1922.


Fino al 1933 lavorò come insegnante alla Bauhaus, la famosa scuola di arte, design e architettura che, nel contesto della Repubblica di Weimar, divenne in quegli anni punto di riferimento per tutte le innovazioni e le avanguardie artistiche. Kandinsky vi insegnò nelle tre sedi in cui la scuola fu spostata negli anni: a Weimar, a Dessau e infine a Berlino. Venne chiusa poiché invisa ai nazionalsocialisti.


Questa esperienza aggiunse qualcosa alla ricerca pittorica dell’artista moscovita, che negli anni ’20 inserì nelle sue opere molte figure geometriche come cerchi (i preferiti), triangoli, linee rette, oggetti cuneiformi.


L’avvento del nazismo costrinse Kandinsky a fuggire, accusato di bolscevismo. Trovò riparo in Francia, a Neuilly-sur-Seine, sobborgo di Parigi. Nell’ultima parte della sua vita non rinunciò a sperimentare ancora: i suoi ultimi quadri abbandonarono le geometrie degli anni precedenti, probabilmente per le influenze del surrealismo, che Kandinsky ebbe la possibilità di vedere da vicino in terra francese dove si era sviluppato già dal primo dopoguerra e soprattutto da metà anni ’20 in poi.


Si spense nel 1944 a Neuilly-sur-Seine, dove trascorse interamente l’ultimo decennio della sua vita, lasciando un’eredità artistica enorme.



 

 

 

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