[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

N° 151 / LUGLIO 2020 (CLXXXII)


moderna  

JONATHAN SWIFT

vita e opere, Tra passato e presente
di Giovanna D'Arbitrio

 

Nella storia umana del pianeta Terra colpiscono alcune costanti che si ripetono: tra vichiani corsi e ricorsi storici, progressi e regressi, la lotta tra bene e male continua attraverso i secoli, ma nulla sembra mai risparmiare gli umili, i più deboli e inermi, costretti a subire iniquità, atrocità e sofferenze.

 

Ricordo che quando studiai le opere di Jonathan Swift, rimasi profondamente turbata dalla lettura di A modest proposal for preventing the children of the poor people from being a burthen to their parents or country, and for making them beneficial to the publick, (“Una modesta proposta: per impedire che i bambini dei poveri irlandesi siano un peso per i loro genitori e per il loro paese, rendendoli utili alla comunità”, 1729), in cui per sottolineare iniquità e indifferenza verso le sofferenze del popolo irlandese, egli usa un feroce paradosso, proponendo di dare i bambini poveri irlandesi in pasto ai ricchi (fornendo anche opportune ricette).

 

A dimostrazione di quanto il tema sia sempre attuale, l’atroce proposta riappare nel film Signori e signore, buonanotte (1976) in cui Paolo Villaggio, nei panni dello scienziato Schmidt, consigliava la stessa soluzione per i bambini di Napoli. E ancora in una puntata  di The show must go off (17 maggio 2012), il drammaturgo Ascanio Celestini, interpretò il personaggio di uno spregiudicato politico che la ripropose per i figli degli immigrati.

 

Indubbiamente ancor oggi le sue opere ci sorprendono, poiché i mali sociali da lui combattuti con lucidità in epoca illuministica e razionalistica, sembrano sempre molto attuali in un mondo che irrazionalmente sprofonda di nuovo nella parte più oscura di un passato che l’Europa si illudeva di aver debellato. E invece, come Swift, molti di noi ancora sono “indignati” e preoccupati per ciò che accade ancor oggi: attraverso la sua biografia e le sue opere cercheremo quindi di comprendere meglio questo grande spirito libero che usò la sua satira sferzante contro dogmatismi, ipocrisie, egoismi, violenze, corruzione, ingiustizie e rileveremo via via quanto le sue critiche su aspetti negativi della società siano ancora attuali.

 

Jonathan Swift, nacque nel 1667 a Dublino, ma avendo perso il padre dopo pochi mesi dalla nascita, dalla madre venne affidato agli zii dove, a causa della sua condizione sociale, subì molte umiliazioni che lo segnarono profondamente come si intuisce anche dalle sue opere. Dopo aver studiato alla Kilkenny School e al Trinity College di Dublino, trovò lavoro in Inghilterra, a Moor Park, come segretario di Sir William Temple scrittore e politico, sperando che egli favorisse le sue aspirazioni alla carriera politica: deluso, fu costretto ad abbracciare il sacerdozio senza vocazione (1694) e per vivere e ottenne la piccola prebenda di Kilroot in Irlanda (1695). Richiamato da Temple nel 1696, tornò a Moor Park per lavorare con lui e riprendere la sua attività letteraria.

 

Risale a questi anni la stesura di The battle of the books (La battaglia dei libri, 1696) una divertente satira, scritta per partecipare alla querelle des anciens et des modernes, iniziata in Francia e propagatasi anche in Inghilterra. Immaginando che una vera battaglia abbia luogo nella biblioteca di St. James tra i libri degli antichi e dei moderni, Swift mette in ridicolo questi ultimi paragonandoli ai ragni che traggono dalle loro viscere il filo per tessere la propria tela senza creare niente di originale, mentre gli antichi sono come le api che ricavano dalla natura miele e cera, donando al genere umano dolcezza e luce.

 

E ritornando al presente, oggi non si parla forse di rottamazioni in vari campi? Non solo i classici antichi sono ormai oscurati da scienza e tecnica, ma è proprio il rispetto per l’archetipo junghiano del “Vecchio Saggio” che sta scomparendo.

 

 

Il libello ebbe successo e così Swift guadagnò un po’ di soldi che gli consentirono di andare spesso a Londra dove incontrò di nuovo Esther Johnson, probabile figlia naturale di William Temple da lui conosciuta a Moor Park da ragazzo. Si innamorò di lei e si vociferò che l’avesse sposata in segreto. Non si sa se ciò sia vero, ma indubbiamente tra loro ci fu sempre un forte legame che durò tutta la vita. Per lei Swift scrisse Journal to Stella in uno strano baby language che rivela qualità umane e sentimenti insospettati, completamente assenti nelle altre opere. Un’altra donna della sua vita fu Esther Vanhomrigh, alla quale dedicò il poemetto Cadenus and Vanessa. A quanto pare anche questa fu un’ infelice storia d’amore.

 

Nel 1697 scrisse A Tale of a Tub (Favola della botte), una satira corrosiva sul dogmatismo religioso che gli precluse ogni possibilità di carriera clericale. L’autore immagina che un padre lasci un pastrano ai suoi tre figli, Peter (San Pietro), Luther (Martin Lutero), Jack (Giovanni Calvino), ordinando che non lo alterino per nessun motivo, ma col passar del tempo essi non solo disobbediscono ma si separano anche. Nella prefazione egli ne spiega il titolo, descrivendo il metodo dei marinai che, attaccati da una balena, le lanciano una botte per distrarla ed evitare il cozzo. La balena diventa l’emblema della follia umana che tende a farsi catturare con facilità, perché la vecchia espressione tale of a tub corrispondeva a ciò che noi ora chiamiamo “frottola”, “panzana”, per attirare e gabbare gli stolti.

 

E non è forse quello che avviene oggi sotto il martellante e invasivo uso di certi media che ottundono le menti, distraendole dalla ricerca della verità? E il fondamentalismo religioso non è un pericolo drammaticamente esteso ora ad altre religioni? Non è forse giusta l’affermazione di Swift “abbiamo religioni a sufficienza per farci odiare, ma non a sufficienza per farci amare l’un l’altro”?

 

In seguito ottenne la prebenda di Laracor in Irlanda, ma visse quasi sempre a Londra, dove partecipò attivamente alla vita letteraria e politica senza mai ricoprire cariche ufficiali: pubblicò libelli sferzanti non solo contro la Chiesa, ma anche sui partiti politici, prima a sostegno dei Whigs poi contro di essi da lui accusati di aver sostenuto la guerra in Spagna.

 

Schieratosi in favore dei Tories (1710), ne difese il governo con una serie di opuscoli (The conduct of the allies, una delle sue satire più feroci). Nominato decano della cattedrale di Saint Patrick a Dublino (1713), dopo la caduta dei Tories (1714) si ritirò in Irlanda dove riscosse consensi con Drapier’s letters (Lettere del Drappiere, 1724), denunciando i soprusi dell’amministrazione inglese e dichiarandosi favorevole all’indipendenza irlandese.

 

Dopo il 1720 cominciò a comporre il suo capolavoro, Gulliver’s travels (1726), che narra le peregrinazioni e le avventure del medico di bordo Lemuel Gulliver nel paese dei nani (Lilliput), in quello dei giganti (Brobdingnag), nell’isola volante di Laputa e nel paese dei saggi cavalli Houyhnhnms: un’opera allegorica in cui mette sotto accusa l’umanità intera, specialmente nella quarta parte, in cui descrive i disgustosi Yahoos, che rappresentano la feccia del genere umano. Un’opera aspra e possente, scritta in uno stile essenziale e preciso, in cui risalta in modo drammatico la sua concezione pessimistica dell’uomo, creatura egoista, corrotta, ignorante e affamata di potere.

 

Anche se tale visione è troppo negativa, possiamo dire che noi esseri umani del 2000 siamo riusciti a fare grandi progressi verso un più elevato livello spirituale? Paradossalmente come osserva Mario Praz “il capolavoro di questo maestro dell’ironia che non sopportava la vicinanza dei bambini, è stato degradato da satira contro l’umanità a classico del rider per i fanciulli.

 

Swift trascorse gli ultimi anni della sua vita in Irlanda vivendo in depressione e solitudine. Dopo il 1735 le sue facoltà mentali cominciarono a vacillare per una recrudescenza della labirintite che lo aveva afflitto per tutta la vita. Morì nel 1745 e fu sepolto nella cattedrale di Dublino. L’epitaffio sulla sua tomba: “Ubi saeva indignatio ulterius cor lacerare nequit” (dove il selvaggio sdegno non può più lacerare il cuore) sembra riassumere in breve sia la personalità che le caratteristiche dell’opera del grande scrittore satirico britannico.

 

Elio Chinol così afferma parlando di Swift: “La sua personalità ha fatto disperare legioni di critici e biografi. John Middleton Murry ha osservato che non importa dove e come cerchiamo di comprendere la vita e le opere di Swift, siamo sempre sconfitti e scherniti da mistero, mistificazione, conflitto e contraddizione. Saeva indignatio sembra davvero la caratteristica dominante della sua personalità”.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]