moderna
JONATHAN SWIFT
vita
e opere, Tra
passato e presente
di Giovanna D'Arbitrio
Nella storia umana del pianeta Terra
colpiscono alcune costanti che si
ripetono: tra vichiani corsi e ricorsi
storici, progressi e regressi, la lotta
tra bene e male continua attraverso i
secoli, ma nulla sembra mai risparmiare
gli umili, i più deboli e inermi,
costretti a subire iniquità, atrocità e
sofferenze.
Ricordo che quando studiai le opere di
Jonathan Swift, rimasi profondamente
turbata dalla lettura di A modest
proposal for preventing the children of
the poor people from being a burthen to
their parents or country, and for making
them beneficial to the publick,
(“Una modesta proposta: per impedire che
i bambini dei poveri irlandesi siano un
peso per i loro genitori e per il loro
paese, rendendoli utili alla comunità”,
1729), in cui per sottolineare iniquità
e indifferenza verso le sofferenze del
popolo irlandese, egli usa un feroce
paradosso, proponendo di dare i bambini
poveri irlandesi in pasto ai ricchi
(fornendo anche opportune ricette).
A dimostrazione di quanto il tema sia
sempre attuale, l’atroce proposta
riappare nel film Signori e signore,
buonanotte (1976) in cui Paolo
Villaggio, nei panni dello scienziato
Schmidt, consigliava la stessa soluzione
per i bambini di Napoli. E ancora in una
puntata di The show must go off
(17 maggio 2012), il drammaturgo Ascanio
Celestini, interpretò il personaggio di
uno spregiudicato politico che la
ripropose per i figli degli immigrati.
Indubbiamente ancor oggi le sue opere ci
sorprendono, poiché i mali sociali da
lui combattuti con lucidità in epoca
illuministica e razionalistica, sembrano
sempre molto attuali in un mondo che
irrazionalmente sprofonda di nuovo nella
parte più oscura di un passato che
l’Europa si illudeva di aver debellato.
E invece, come Swift, molti di noi
ancora sono “indignati” e preoccupati
per ciò che accade ancor oggi:
attraverso la sua biografia e le sue
opere cercheremo quindi di comprendere
meglio questo grande spirito libero che
usò la sua satira sferzante contro
dogmatismi, ipocrisie, egoismi,
violenze, corruzione, ingiustizie e
rileveremo via via quanto le sue
critiche su aspetti negativi della
società siano ancora attuali.
Jonathan Swift,
nacque nel 1667 a Dublino, ma
avendo perso il padre dopo pochi mesi
dalla nascita, dalla madre venne
affidato agli zii dove, a causa della
sua condizione sociale, subì molte
umiliazioni che lo segnarono
profondamente come si intuisce anche
dalle sue opere. Dopo aver studiato alla
Kilkenny School e al Trinity College di
Dublino, trovò lavoro in Inghilterra, a
Moor Park, come segretario di Sir
William Temple scrittore e politico,
sperando che egli favorisse le sue
aspirazioni alla carriera politica:
deluso, fu costretto ad abbracciare il
sacerdozio senza vocazione (1694) e per
vivere e ottenne la piccola prebenda di
Kilroot in Irlanda (1695). Richiamato da
Temple nel 1696, tornò a Moor Park per
lavorare con lui e riprendere la sua
attività letteraria.
Risale a questi anni la stesura di
The battle of the books (La
battaglia dei libri, 1696) una
divertente satira, scritta per
partecipare alla querelle des anciens
et des modernes, iniziata in Francia
e propagatasi anche in Inghilterra.
Immaginando che una vera battaglia abbia
luogo nella biblioteca di St. James tra
i libri degli antichi e dei moderni,
Swift mette in ridicolo questi ultimi
paragonandoli ai ragni che traggono
dalle loro viscere il filo per tessere
la propria tela senza creare niente di
originale, mentre gli antichi sono come
le api che ricavano dalla natura miele e
cera, donando al genere umano dolcezza e
luce.
E ritornando al presente, oggi non si
parla forse di rottamazioni in vari
campi? Non solo i classici antichi sono
ormai oscurati da scienza e tecnica, ma
è proprio il rispetto per l’archetipo
junghiano del “Vecchio Saggio” che sta
scomparendo.
Il libello ebbe successo e così Swift
guadagnò un po’ di soldi che gli
consentirono di andare spesso a Londra
dove incontrò di nuovo Esther Johnson,
probabile figlia naturale di William
Temple da lui conosciuta a Moor Park da
ragazzo. Si innamorò di lei e si
vociferò che l’avesse sposata in
segreto. Non si sa se ciò sia vero, ma
indubbiamente tra loro ci fu sempre un
forte legame che durò tutta la vita. Per
lei Swift scrisse Journal to
Stella in uno strano baby
language che rivela qualità umane e
sentimenti insospettati, completamente
assenti nelle altre opere. Un’altra
donna della sua vita fu Esther
Vanhomrigh, alla quale dedicò il
poemetto Cadenus and Vanessa.
A quanto pare anche questa fu un’
infelice storia d’amore.
Nel 1697 scrisse A Tale of a Tub
(Favola della botte), una satira
corrosiva sul dogmatismo religioso che
gli precluse ogni possibilità di
carriera clericale. L’autore immagina
che un padre lasci un pastrano ai suoi
tre figli, Peter (San Pietro), Luther
(Martin Lutero), Jack (Giovanni
Calvino), ordinando che non lo alterino
per nessun motivo, ma col passar del
tempo essi non solo disobbediscono ma si
separano anche. Nella prefazione egli ne
spiega il titolo, descrivendo il metodo
dei marinai che, attaccati da una
balena, le lanciano una botte per
distrarla ed evitare il cozzo. La balena
diventa l’emblema della follia umana che
tende a farsi catturare con facilità,
perché la vecchia espressione tale of
a tub corrispondeva a ciò che
noi ora chiamiamo “frottola”, “panzana”,
per attirare e gabbare gli stolti.
E non è
forse quello che avviene oggi sotto il
martellante e invasivo uso di certi
media che ottundono le menti,
distraendole dalla ricerca della verità?
E il fondamentalismo religioso non è un
pericolo drammaticamente esteso ora ad
altre religioni? Non è forse giusta
l’affermazione di Swift “abbiamo
religioni a sufficienza per farci
odiare, ma non a sufficienza per farci
amare l’un l’altro”?
In seguito ottenne la prebenda di
Laracor in Irlanda, ma visse quasi
sempre a Londra, dove partecipò
attivamente alla vita letteraria e
politica senza mai ricoprire cariche
ufficiali: pubblicò libelli sferzanti
non solo contro la Chiesa, ma anche sui
partiti politici, prima a sostegno dei
Whigs poi contro di essi da lui accusati
di aver sostenuto la guerra in Spagna.
Schieratosi in favore dei Tories (1710),
ne difese il governo con una serie di
opuscoli (The conduct of the
allies, una delle sue satire più
feroci). Nominato decano della
cattedrale di Saint Patrick a Dublino
(1713), dopo la caduta dei Tories (1714)
si ritirò in Irlanda dove riscosse
consensi con Drapier’s letters
(Lettere del Drappiere, 1724),
denunciando i soprusi
dell’amministrazione inglese e
dichiarandosi favorevole
all’indipendenza irlandese.
Dopo il 1720 cominciò a comporre il suo
capolavoro, Gulliver’s travels
(1726), che narra le peregrinazioni e le
avventure del medico di bordo Lemuel
Gulliver nel paese dei nani (Lilliput),
in quello dei giganti (Brobdingnag),
nell’isola volante di Laputa e nel paese
dei saggi cavalli Houyhnhnms: un’opera
allegorica in cui mette sotto accusa
l’umanità intera, specialmente nella
quarta parte, in cui descrive i
disgustosi Yahoos, che rappresentano la
feccia del genere umano. Un’opera aspra
e possente, scritta in uno stile
essenziale e preciso, in cui risalta in
modo drammatico la sua concezione
pessimistica dell’uomo, creatura
egoista, corrotta, ignorante e affamata
di potere.
Anche se
tale visione è troppo negativa, possiamo
dire che noi esseri umani del 2000 siamo
riusciti a fare grandi progressi verso
un più elevato livello spirituale?
Paradossalmente come osserva Mario Praz
“il capolavoro di questo maestro
dell’ironia che non sopportava la
vicinanza dei bambini, è stato degradato
da satira contro l’umanità a classico
del rider per i fanciulli”.
Swift
trascorse gli ultimi anni della sua vita
in Irlanda vivendo in depressione e
solitudine. Dopo il 1735 le sue facoltà
mentali cominciarono a vacillare per una
recrudescenza della labirintite che lo
aveva afflitto per tutta la vita. Morì
nel 1745 e fu sepolto nella cattedrale
di Dublino. L’epitaffio sulla sua tomba:
“Ubi saeva indignatio ulterius cor
lacerare nequit” (dove il selvaggio
sdegno non può più lacerare il cuore)
sembra riassumere in breve sia la
personalità che le caratteristiche
dell’opera del grande scrittore satirico
britannico.
Elio Chinol così afferma parlando di
Swift: “La sua personalità ha fatto
disperare legioni di critici e biografi.
John Middleton Murry ha osservato che
non importa dove e come cerchiamo di
comprendere la vita e le opere di Swift,
siamo sempre sconfitti e scherniti da
mistero, mistificazione, conflitto e
contraddizione. Saeva indignatio
sembra davvero la caratteristica
dominante della sua personalità”. |