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N. 10 - Ottobre 2008 (XLI)

Jessie White Mario
un'inglese al seguito di GaribalDI

di Claudia Mezzanotte

 

Il fascino che si coglie nella figura di Jessie White Mario, una donna di origini inglesi che seguì Garibaldi nelle sue imprese per oltre vent'anni, apre una finestra sui personaggi femminili del nostro Risorgimento, che molte volte ricoprirono parte attiva nel corso degli eventi, offrendo un contributo assai generoso e coraggioso alla causa dell'indipendenza italiana, e che spesso, nei testi storici, si ha poca occasione di porre sotto lente di ingrandimento.

 

Dopo l'incontro tra i due a Nizza, divenne l’infermiera dei garibaldini, e con estremo entusiasmo, abbracciò questo compito al seguito dell'eroe dei Mille, pronta a sfidare ogni sorta di pericolo, anche a rischiare la prigione e la vita, per seguire il Generale.

 

Jessie White, nacque a Gosport, vicino Portsmouth, nel 1832, da un’abbiente famiglia di armatori, che in seguito si trovarono in difficoltà, dovute alla comparsa delle navi a vapore, che rendevano ormai compassati i loro velieri.

Ebbe un'infanzia dura:i suoi genitori avevano due valori guida nella loro esistenza: la preghiera ed il lavoro, ma questa obbligata sottomissione, alimentò ben presto nella giovane Jessie, uno spirito ribelle.

 

Sotto l'aspetto gentile, albergava in lei una forza incredibile, un'indole polemica e passionale, nonchè una certa vena autoritaria ed intollerante.

 

Frequentò poi una delle migliori scuole di Londra e nel 1852, (anno in cui avvenne il colpo di stato del futuro Napoleone III) all’età di vent'anni, terminati gli studi, domandò al padre di potersi trasferire a Parigi per frequentare la Sorbona, ove prese parte a circoli studenteschi liberali e repubblicani.

 

Si recò in seguito a Nizza, accompagnando un'amica di famiglia, Emma Roberts, lì conobbe Garibaldi che era tornato nella sua città natale, dopo l'esilio a New York, causato dalla caduta della Repubblica romana.

Ella conosceva a fondo i problemi italiani, dolendosi fortemente per la sconfitta del '49 ad opera francese.

La giovane, durante il periodo alla Sorbona, aveva maturato anche una profonda ammirazione per Mazzini, cosa che non trovò mai consenziente Garibaldi, ma vedendola così intensamente animata, la ragazza riuscì ad ottenere che nel caso di azione, egli l'avrebbe immediatamente chiamata, mentre lei nel frattempo avrebbe studiato medicina per poter soccorrere i feriti.

 

Ella prestò servizio nelle corsie degli ospedali, studiò trattati di medicina, organizzando al contempo conferenze per perorare la causa italiana.

A Londra cercò di farsi ammettere alla facoltà di medicina, ma incassò sempre rifiuti, perché la società inglese non accettava all'epoca che una donna potesse diventare medico.

 

Nel 1856, Jessie, che aveva tenuto anche fitta corrispondenza con Mazzini, si recò a Genova per incontrarsi proprio col medesimo e definire i particolari dell'insurrezione.

Ella tornò poi a Londra per raccogliere fondi per l'impresa e scrisse a Garibaldi, spiegandogli il progetto mazziniano ed invitandolo ad unirsi ad esso, ma egli non le dette l'assenso sperato.

 

Jessie però non si perse d'animo, e si accordò col "Daily News" per inviare delle corrispondenze, girando la Penisola.

 

A Genova, la donna accrebbe la sua altissima stima ed ammirazione per Mazzini e divenne amica di tutti i patrioti.

 

Tornata a Londra per richiedere nuovamente ed infruttuosamente l'ammissione alla facoltà di medicina, fu presto di ritorno in Italia, nel 1857.

 

Qui si recò prontamente a trovare Mazzini, nascosto in casa di un patriota che lo ospitava:era il giovane veneto Alberto Mario, che diverrà in seguito suo marito.

 

La spedizione di Sapri si concluse con un fallimento e la morte di Carlo Pisacane(il quale precedentemente aveva consegnato a Jessie stessa il suo diario), così come naufragò l’insurrezione mazziniana del 29 giugno 1857, e così il 4 luglio, tutti i cospiratori furono arrestati, tra cui la White stessa e Alberto Mario.

 

Appena liberata, venne espulsa, e andò prima a Ginevra e poi a Londra.

Alberto Mario la raggiunse a Gosport, presso la casa paterna della ragazza, ed ivi la prese in moglie.

 

Alla fine del 1857 la White Mario si recò col marito a trovare Mazzini in esilio a Londra.

 

Alla fine del 1858 i due coniugi raggiunsero New York per far propaganda alla causa italiana ed il "New York Herald" dedicò un articolo alla conferenza di Jessie, nel corso della quale ella si scagliò durissima contro la monarchia piemontese.

 

Nel 1859, la notizia che Napoleone III era in procinto di intervenire contro l'Austria in favore dei piemontesi, fece sì che i coniugi Mario si imbarcassero immediatamente da New York per seguire Garibaldi, ma purtroppo giunsero troppo tardi, poichè era stato già firmato l'armistizio di Villafranca:furono arrestati prima in Veneto e poi a Ferrara e Bologna.

 

Considerati spie liberali, furono imprigionati per un mese e poi furono espulsi dal paese.

Ripararono in Svizzera, dove il marito poté finalmente frequentare Carlo Cattaneo, di cui aveva sposato il pensiero, ritenendo ormai troppo vaghe e fumose le idee mazziniane.

 

Nel maggio del 1860, all’indomani della spedizione dei Mille, Jessie che era tornata a Genova, il 10 giugno si imbarcò per Palermo sulla nave “Washington”colma di volontari, medici italiani e stranieri pronti ad unirsi all’impresa dell’eroe.

La donna, in presenza di Garibaldi, domandò di poter organizzare un corpo di ambulanze per “l’esercito nazionale”.

 

Infermiera dei garibaldini, Jessie divenne sempre più popolare fra le truppe, per la sua resistenza fisica ed il suo ottimismo.

 

I coniugi Mario, seguirono il Generale dalla Sicilia sino a Napoli, sfidando con spirito intrepido le cannonate borboniche, tanto che, a campagna finita, i napoletani donarono due medaglie d’oro alla donna in segno di gratitudine.

 

Jessie aprì anche il primo ospedale garibaldino, facendosi aiutare dall’associazione inglese delle Signore di Garibaldi, istituita a Londra dalla contessa di Shaftesbury.

 

Garibaldi il 4 settembre 1860, fece il suo ingresso trionfale a Napoli ed ancora una volta, la White fu presente all’evento.

 

Quando il 1° ottobre, si svolse la battaglia decisiva sul Volturno, Jessie giunse temerariamente con la sua ambulanza sulla linea di conflitto.

 

Fu uno degli scontri più cruenti di quelli dei Mille, ma la ragazza non temeva la visione della morte, piuttosto, ciò che la colpì intimamente ed amaramente fu l’incontro a Teano, con cui il suo Generale consegnò a Vittorio Emanuele II le terre liberate.

 

Nel 1861, la White era già famosa:scrisse su molti giornali, il “Daily Star”, lo “Scotsman”, e la “Naciòn”di Buenos Aires ed essi dedicavano alla sua figura grande attenzione.

 

Nel 1862, Jessie non fece in tempo a raggiungere Garibaldi che era partito alla conquista di Roma.

 

Il 29 agosto di quell’anno, in Aspromonte, i regolari piemontesi sparando sui garibaldini, ferirono il condottiero, e quando la giovane riuscì a raggiungere il luogo della battaglia, era già tutto finito, ma anche in questo caso, indomita raggiunse la fortezza del Varignano dove il Generale era stato portato prigioniero, per assistere il dottor Zanotti che rimuoveva la pallottola dal piede destro dell’eroe.

 

Nel 1864, Garibaldi compì il suo famoso viaggio in terra inglese, che grazie all’efficacissima propaganda della White, si rivelò un vero trionfo.

 

Nello stesso anno, Jessie e Alberto Mario si trasferirono a vivere a Firenze, dove la donna aveva intessuto fitta rete di rapporti con tutto il mondo repubblicano e mazziniano.

 

Nel 1865 Jessie rimase molto impressionata dall’invito che il presidente americano Lincoln rivolse a Garibaldi, per domandargli di assumere il comando dell’esercito dell’Unione contro i secessionisti del Sud, ed ella su questo tema, scrisse il pamphlet “La schiavitù e la guerra civile americana”.

 

Nel 1866, la donna corse sino in Trentino per seguire la campagna di Garibaldi fino al famoso “Obbedisco”, che l’eroe pronunciò, perché gli italiani, più volte battuti, rinunciarono a combattere oltre.

 

Nel 1867, Jessie seguì ancora Garibaldi nell’impresa romana e, mentre si maturava la tragedia di Mentana, ella si recò a recuperare il corpo di Enrico Cairoli ucciso a Villa Glori.

 

Venne allora fatta prigioniera dai francesi, vedendo tristemente scorrere cinquanta vetture cariche di garibaldini catturati.

 

L’8 settembre del medesimo anno, seguì Garibaldi, Benedetto Cairoli ed altri fedelissimi al Congresso internazionale di Ginevra, cui partecipò anche lo scrittore russo Dostoevskij.

 

Nel 1870, Jessie seguì ancora una volta il Generale in Francia, a Digione, nel corso della guerra franco-prussiana, conclusasi con la sconfitta e la cattura di Napoleone III.

 

La White tornò poi in Italia e da quel momento, all’età di quarant’anni, decise di rinunciare all’azione e di scrivere:scrisse indefessamente, malgrado la menomazione che in seguito la colpì, una paralisi alle tre dita della mano destra.

 

Scrisse per la “Nuova Antologia” e per molti quotidiani e riviste, si dedicò agli studi, ai libri, alle memorie di una vita , ponendo in essere poi l’immenso desiderio di realizzare una biografia del suo eroe.

 

All’inizio del 1881 cominciò a lavorare alla biografia di Garibaldi ed essa uscì a Milano, edita da Treves, negli stessi giorni della morte del Generale, che si spense a Caprera il 2 giugno 1882.

 

Nei mesi successivi alla scomparsa di Garibaldi, la biografia di Jessie incontrò un enorme successo.

 

Ma Treves, domandò alla White di approfondire quella “Vita di Garibaldi” per plasmare uno straordinario ritratto del Risorgimento, analizzando anche tutti i personaggi che erano gravitati intorno all’eroe, dando vita così ad una nuova opera che fu “Garibaldi e i suoi tempi”.

 

Jessie, conoscendo tutto di Garibaldi e dei garibaldini dopo averli seguiti per vent’anni, come loro infermiera, vide nell’azione del Generale, un disegno divino, una sorta di laica provvidenza.

 

Purtroppo, nella narrazione di questo ricco e vivido racconto, ella sorvolò alquanto sui contrasti tra Mazzini e Garibaldi, che pure meglio di chiunque altro aveva avuto sotto l’occhio di osservatrice privilegiata, e quasi finse che l’ala risorgimentale di sinistra non fosse stata travagliata da enormi dissidi.

 

Il 2 giugno 1883 a Lendinara, dove nacque, si spense suo marito, Alberto Mario, ad un anno esatto dalla morte di Garibaldi.

 

Jessie trascorse gli oltre vent’anni che gli sopravvisse in ristrettezze, insegnando inglese all’istituto di magistero femminile a Firenze, con la mano destra ormai quasi inutilizzabile, vivendo in un casa ricca di immagini ed un salotto in cui troneggiavano un ritratto con dedica di Garibaldi, quello di Carducci che aveva pubblicato le opere di suo marito, quello di Agostino Bertani e due dell’amato consorte, girando per la sua dimora con indosso la camicia rossa garibaldina e portando sul petto le medaglie ricevute nel corso delle varie campagne.

 

Nel 1906, Jessie White Mario morì a Firenze, e poi le sue ceneri furono condotte a Lendinara, ove riposano accanto a quelle del marito.

 

Nella commemorazione che ne fece la “Nacìon” di Buenos Aires, venne ricordato che tra il 1866 ed il 1906, la donna scrisse 143 articoli e molti libri su Garibaldi.

 

Al momento del trapasso, ella stava scrivendo la storia dell’unificazione italiana che nelle sue intenzioni avrebbe dovuto essere un’opera di divulgazione per il popolo.

 

The birth of Modern Italy”, fu pubblicato postumo a Londra nel 1909, ed ottenne immenso successo, tanto che forse avrebbe reso ricca l’autrice, che invece morì povera.

 

Ella infatti, rinunciando alle ricchezze di famiglia, decise di abbracciare con convinzione ed orgoglio, gli ideali e le battaglie risorgimentali della nostra patria, dedicando la sua vita alla causa dell’unificazione italiana, gettandosi in prima persona nell’agone della lotta, raccogliendo denari nella sua terra e fuori per sensibilizzare la pubblica opinione alle vicende italiane e scrivendo articoli per prestigiose testate giornalistiche, lasciando anche imperitura testimonianza, attraverso i suoi libri, di un periodo storico da cui è iniziata realmente una storia d’Italia, con tutto ciò che da quel momento, ne sarà poi scaturito.

 

 

 

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