N. 111 - Marzo 2017
(CXLII)
Il
pensiero
politico
di
James
Madison
Repubblica
o
democrazia?
di
Giovanni
De
Notaris
James Madison, 4° presidente degli Stati Uniti d’America,
si
può
definire
insieme
a
Thomas
Jefferson
colui
che
più
di
altri
padri
fondatori
ha
contribuito
a
creare
il
primo
vero
pensiero
politico
del
sistema
repubblicano
americano.
Eletto a 25 anni, nel 1776, nella Convenzione costituzionale
della
Virginia,
contribuì
alla
creazione
della
costituzione
dello
stato.
Divenne
poi
membro
del
parlamento
della
Virginia
stessa,
e
poi
nel
1780
delegato
al
Congresso
continentale.
Nel 1789, eletto alla Camera dei rappresentanti, creò il
Bill
of
Rights,
i
primi
dieci
emendamenti
alla
costituzione,
una
carta
dei
diritti
che
serviva
a
tutelare
il
giovane
governo
federale,
il
cui
compito
primario
era
tutelare
la
libertà,
cosa
fattibile
solo
a
patto
però
di
tutelare
le
proprietà
individuali
dei
cittadini,
assicurandosi
quindi
che
tutti
avessero
una
proprietà
per
non
creare
contrasti
tra
le
diverse
classi
sociali.
Madison
riteneva
ciò
possibile
perché
il
benessere
degli
americani
si
poggiava
proprio
su
una
vasta
estensione
di
terre
libere
di
cui
tutti
potevano
appropriarsi
senza
prevaricare
gli
altri.
Con Jefferson poi fu il principale esponente del partito
repubblicano-democratico,
e
nel
1801
segretario
di
Stato
sotto
Jefferson
stesso.
Madison fu sempre avversario delle oligarchie ma allo stesso
tempo
del
troppo
potere
dato
al
popolo.
Considerava
le
passioni
come
nemiche
della
ragione
e
quindi
causa
della
caduta
di
governi
democratici.
Il
padre
fondatore
vedeva
nel
sistema
repubblicano
il
mezzo
migliore
per
rappresentare
in
maniera
equa
i
diritti
del
popolo
tutelandolo
dagli
eccessi
della
classe
politica,
ma
allo
stesso
tempo
impedendo
che
il
popolo
stesso
potesse
approfittare
del
suo
potere
decisionale
favorendo
i
propri
interessi.
Il
sistema
politico
doveva
garantire
un’equa
distribuzione
e
rappresentanza
dei
poteri.
Per armonizzare il sistema politico repubblicano era però
necessario
che
nel
paese
non
vi
fossero
troppi
squilibri
economici
fonte
di
dissidi
tra
le
diverse
classi
della
società;
se
l’economia
era
ben
gestita
anche
la
buona
politica
poteva
prosperare.
Questo
però
appariva
difficile
in
quanto
in
ogni
società
vi
sono
classi
che
prosperano
perché
più
ricche
e
produttive,
e
altre
che
periscono
perché
meno
abbienti.
Tutto
ciò
sfocia
chiaramente
in
contrasti
sociali
che
possono
danneggiare
la
società
e la
politica.
L’antidoto era far si che una maggioranza trovasse comuni
interessi
per
arginare
i
danni
provocati
da
una
minoranza.
Il
fine
supremo
dovrebbe
essere
il
bene
comune,
anche
per
l’interesse
delle
minoranze
che
non
si
riconoscono
nella
maggioranza.
Ovviamente può anche accadere che la maggioranza possa ritenere
che
le
sue
ragioni
siano
in
assoluto
le
migliori,
e
quindi
potrebbe
danneggiare
il
paese.
Per
arginare
questa
deriva
bisognava
allora
creare
una
repubblica
di
grandi
dimensioni
perché
in
un
paese
grande
con
un
governo
federale,
seppur
tutelati,
i
piccoli
stati,
proprio
in
virtù
delle
loro
dimensioni,
non
possono
da
soli
dar
vita
a un
sistema
antidemocratico.
Il governo federale repubblicano può quindi proprio in virtù
della
sua
sovranazionalità
garantire
il
prosperare
della
democrazia
e la
tutela
dei
diritti
dei
cittadini.
Un’unione forte e salda poteva impedire il nascere di piccole
fazioni
che
potessero
danneggiarla.
La
fazione
altro
non
è se
non
un
gruppo
di
cittadini,
piccolo
o
grande,
che
spinti
dai
propri
interessi,
dettati
dalle
passioni
e
non
dalla
ragione
o
dalla
giustizia,
possono
danneggiare
i
diritti
degli
altri
e
mettere
in
pericolo
i
fondamenti
democratici
della
repubblica.
Madison ritiene che non bisogna rimuovere le cause delle
piccole
fazioni
popolari
ma
controllarle
senza
abolire
la
libertà
di
espressione
e di
rappresentanza.
I singoli stati possono essere democrazie in senso classico,
ma
il
governo
federale,
fondato
sulla
rappresentanza
politica,
deve
essere
una
repubblica
di
grandi
dimensioni.
La repubblica infatti può tutelare il bene comune perché
appunto
se è
vero
che
la
maggioranza
al
governo
può
opprimere
le
minoranze,
è
pur
vero
che
dare
tutto
il
potere
al
popolo
può
provocare,
con
dissidi
e
passioni,
il
prevalere
violento
di
una
parte
sull‘altra.
Il compito del governo federale è quindi quello di proteggere
le
doti
individuali,
fonti
del
pluralismo,
sale
di
una
democrazia
e di
una
società
libera,
ma
far
si
che
il
governo
eletto
sia
a
sua
volta
controllato
dal
popolo,
cosa
che
è
ben
rappresentata
dal
sistema
repubblicano,
perché
solo
in
quel
sistema
maggioranza
e
minoranza
trovano
un
loro
equilibrio
in
una
rappresentanza
pluralistica
che
riconosca
gli
stessi
diritti
a
tutti
e
che
permetta
il
controllo
di
una
parte
sull’altra.
Nella democrazia classica invece può accadere che la maggioranza
tenda
a
prevaricare
la
minoranza
soffocando
i
diritti
delle
persone
a
proprio
vantaggio.
Questo
chiaramente
conduce
a
ribellioni
che
a
loro
volta
sfociano
nella
violenza
e
nella
possibile
caduta
di
un
governo
democratico,
scadendo
poi
nella
dittatura.
Cosicché per arginare i poteri della maggioranza in un sistema
repubblicano
è
necessario
creare
un
sistema
di
regole
che
vada
dal
numero
esiguo
di
rappresentanti,
eletti
dalla
maggioranza
del
popolo,
che
sappia
guidare
gli
interessi
delle
diverse
parti
spingendole
verso
un
bene
comune
senza
sopraffazione.
Madison capisce anche però che in una grande repubblica non
è
sempre
possibile
eseguire
la
volontà
popolare.
I
rappresentanti
eletti
potranno
anche
non
essere
pienamente
fedeli
alle
scelte
dei
loro
elettori,
costretti
dalla
necessità
di
creare
una
visione
politica
di
più
ampio
raggio
spinta
al
perseguimento
del
bene
comune.
Certo anche nella repubblica i potenti possono farsi corrompere,
ma
proprio
per
questo
l’antidoto
sono
le
repubbliche
di
vaste
dimensioni
perché
in
queste
è
più
facile
la
selezione
dei
migliori
in
quanto
è
più
vasto
il
corpo
elettorale,
oltre
al
fatto
che
in
una
grande
comunità
politica
le
minoranze
sono
più
decentrate
e
difficilmente
riescono
a
coalizzarsi
impedendo
quindi
il
formarsi
di
una
maggioranza
che
possa
impadronirsi
del
governo
centrale.
Ma i
singoli
stati
possono
comunque
tutelare
i
propri
interessi
senza
contrasti
con
il
governo
centrale,
che
anzi
ha
bisogno
delle
legislazioni
locali
proprio
perché
il
territorio
da
governare
è
troppo
vasto.
È
quindi
proprio
la
vastità
dell‘Unione
la
garanzia
che
parti
più
piccole
non
possano
mai
mettere
in
discussione
i
diritti
degli
altri
stati.