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N. 69 - Settembre 2013 (C)

JAMES HUNT
VITA DI UN PILOTA SPERICOLATO

di Massimo Manzo

 

“Se cerchi il limite intanto devi passarlo”, diceva Gilles Villeneuve. E di limiti, nella vita come nelle corse, James Hunt non ne ha mai conosciuti, tanto da essere ricordato come uno dei piloti più spericolati nella storia della Formula Uno.

 

Nato a Belmont (Londra) il 29 agosto 1947, James Simon Wallis Hunt si rivela fin dalla tenera età un ragazzino ribelle e scapestrato.

 

I suoi genitori vorrebbero farne un medico, una persona “rispettabile”, ma presto capiscono che il carattere del figlio non è adatto a quel genere di professione. Fino alle soglie dei diciott’anni James pratica vari sport, dal tennis allo sci, dal calcio al cricket.

 

Poi, quasi per caso, assiste con un amico ad una gara automobilistica a Silverstone e si innamora perdutamente del mondo delle corse: da quel momento decide di diventare a tutti i costi un pilota, abbandonando definitivamente gli studi.

 

L’inizio non è dei migliori: la prima volta che prova a correre in una competizione club a Snetterton la sua mini viene esclusa in partenza perché ritenuta irregolare. James l’aveva modificata maldestramente, investendovi il misero budget che era riuscito a racimolare per conto suo, sacrificandosi in mille lavoretti. Nonostante provenisse da una famiglia agiata, infatti, i suoi non avevano la minima intenzione di aiutarlo in quella che consideravano l’ennesima bravata del figlio.

 

Il giovane però non si scoraggia e riesce in poco tempo a farsi notare nelle formule minori come uno dei talenti inglesi più promettenti del momento.

 

Già prima del gran debutto in Formula Uno, avvenuto nel 1973 al Gran Premio di Monaco sotto le insegne della March, Hunt si guadagna il soprannome di “Hunt the shunt” (letteralmente “Hunt lo schianto”) per via dei numerosi incidenti nei quali è coinvolto.

 

La sua indole inquieta si riflette infatti in uno stile di guida aggressivo e spavaldo, che lo porta a spingere il mezzo al limite delle sue possibilità.

 

Incurante dei rischi, il pilota inglese diventa protagonista di una serie di tamponamenti e fuoripista rocamboleschi, come quando, in una delle sue prime competizioni in Formula Ford, la sua auto finisce dritta in un lago e lui riesce a salvarsi solo perché privo di cinture di sicurezza.

 

Ma il ragazzo dimostra presto di avere la stoffa del campione e nonostante gli imprevisti la sua carriera decolla in fretta, grazie alle sue innegabili qualità di pilota.

 

Nei tre anni in cui gareggia in Formula Tre a bordo della sua Meryln Mk11A, Hunt inanella brillanti vittorie anche se non mancano incidenti ed episodi sopra le righe, che lo fanno balzare agli onori della cronaca.

 

Tra questi, il più famoso rimane la lite con David Morgan, avvenuta il 3 ottobre del ’70 durante la gara del Daily Express Trophy tenutasi nel circuito di Crystal Palace a Londra.

 

In una corsa dominata e vinta dall’australiano David Walker i due piloti si fronteggiano in un accanito duello per tutta la gara, disputandosi prima il secondo e poi il terzo posto. Arrivati all’ultimo giro le loro vetture collidono ed entrambi non riescono a tagliare il traguardo. Infuriato, Hunt scende dall’auto e aggredisce violentemente Morgan buttandolo a terra.

 

Malgrado le sue pazzie, proprio in questo periodo James viene notato dal barone Alexander Hesketh, un ricchissimo aristocratico inglese con la fissa per le corse, che gli da fiducia ingaggiandolo nella sua nuova scuderia, la Hesketh Racing. Sarà grazie al rapporto con Lord Hesketh che il giovane pilota riuscirà finalmente a fare il salto in Formula Uno.

 

Anche se è approdato ai massimi livelli, Hunt mantiene il suo eccentrico stile di vita, che lo rende famoso agli occhi del grande pubblico.

 

Come lui stesso ebbe a dire, “la vita è breve e voglio trarne il massimo godimento. Ho diviso il mio tempo tra le cose serie e quelle divertenti. Mi impegno a fondo seriamente nelle prime e mi diverto a fondo con le seconde”.

 

Fedele a questa filosofia, James conduce un’esistenza degna di una rock star: fuma e beve tantissimo, è un accanito festaiolo e un inguaribile dongiovanni.

 

Sovente, durante le gare, si abbandona a scatti d’ira violenti, ma sa essere anche divertente ed ironico, sempre pronto a strappare un sorriso ai suoi interlocutori con una battuta tagliente. Il pubblico lo trova divertente. D’altronde è impossibile non provare simpatia per quel bel ragazzo biondo dall’aria sorniona.

 

Il momento di gloria per cui James Hunt rimarrà negli annali della Formula Uno è il mondiale del 1976. In quel momento tutti danno per scontata la vittoria dell’austriaco Niki Lauda, che già l’anno prima si è aggiudicato il mondiale con la Ferrari. L’inglese è invece passato alla McLaren.

 

All’inizio della stagione non sembra esserci storia. Lauda è in testa con la sua 312\T2 e nessuno lo schioda dalla prima posizione. Tuttavia il primo agosto, durante il Gran Premio di Germania nel circuito del Nürburgring, l’austriaco è coinvolto in un terribile incidente, che lo tiene per più di un mese lontano dalle piste. Quanto basta ad Hunt per recuperare lo svantaggio.

 

L’epilogo di questo incredibile duello tra campioni si svolge durante il Gran Premio del Giappone, ultima tappa del Mondiale. Nel frattempo, con un coraggio incredibile, Lauda era già tornato in pista da due gare. Dopo appena 42 giorni di ricovero, ancora dolorante per la spaventosa ferita che gli aveva sfigurato il volto, Niki è deciso a non mollare.

 

Quel 24 ottobre del 1976 sul circuito di Fuji diluvia e la pioggia non accenna a diminuire. Le pessime condizioni metereologiche spingono Lauda a ritirarsi dopo il secondo giro, mentre Hunt, incosciente come al solito, arriva fino alla fine piazzandosi al terzo posto e strappando il Mondiale all’austriaco per un solo misero punto. Sarà il primo e ultimo Mondiale mai conquistato dall’inglese.

 

A rendere quella sfida leggendaria, però, ha contribuito soprattutto la profonda rivalità tra i due protagonisti.

 

Lauda e Hunt non potrebbero essere più diversi: schivo, metodico e riflessivo il primo tanto quanto il secondo è estroverso ed esibizionista. Insomma, c’erano tutti gli ingredienti perché nascesse un antagonismo memorabile nella storia della Formula Uno.

 

Dopo la gloria del ’76, per Hunt arriva veloce il declino, che lo spinge al ritiro definitivo dalle corse nel 1979. Al suo attivo, oltre al Mondiale, conta 10 Gran Premi e un’infinità di memorabili schianti.

 

“Lascio ora e definitivamente perché nel mondo della Formula Uno l'uomo non conta più” dichiarerà l’inglese, che negli anni seguenti diverrà un salace telecronista di Gran Premi, mantenendo intatta la sua verve irriverente e il suo sregolato stile di vita.

 

La morte lo coglierà a Londra nel giugno del 1993, a soli 45 anni. La sua figura, ancora oggi, rimane legata ad uno dei periodi d’oro della Formula Uno, tragico e mitico al contempo.

 

Un’epoca irripetibile in cui ogni corsa aveva il gusto dell’avventura.



 

 

 

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