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filosofia & religione


N. 128 - Agosto 2018 (CLIX)

LA LIBERAZIONE DELL’INTELLIGENZA

NELL’ULTIMO MARITAIN

parte ii - L’APPARIRE DEI PRIMI SEGNI
di Raffaele Pisani

 

Se nella prima parte abbiamo avuto modo di vedere la posizione di Maritain riguardo la crisi dell’intelligenza e della fede che caratterizzava quel tempo presente, ora vediamo la sua attenzione rivolgersi su di un aspetto positivo, quello che egli chiama: la liberazione dell’eros filosofico. I due discorsi messi insieme fanno di Maritain un ottimista moderato nei riguardi delle vicende umane.

 

A questa posizione di tipo psicologico corrisponde una concezione filosofica che rileva nell’ambivalenza l’elemento fondamentale della storia; troviamo in un altro suo testo, intitolato: Per una filosofia della storia: «(...) che in ciascun momento la storia presenta due facce». Questo dà modo agli ottimisti e ai pessimisti, rispettivamente, di esaltare o di condannare un determinato periodo storico.

 

Ma la sua visione serena ed equilibrata lo porta invece a vedere ed a distinguere il bene il male in ogni momento della storia, con una chiarezza che né l’età avanzata né la foga passionale riescono ad alterare.

 

Tra le cose di cui ci si può compiacere Maritain indica quel rinnovamento interiore che, sollecitato dal concilio, comincia a dare i primi segni. Vi è una verità da credere a da amare con tutto il cuore, è quella annunciata in special modo dal Vangelo di Giovanni e dalle Lettere Apostoliche.

 

Essa richiama a sua volta ad un approfondimento razionale, «Così la fede stessa chiede di completarsi per mezzo di una certa presa di possesso intellettuale dell’insondabile mistero di Dio». Altrove Maritain afferma: «Possediamo la Verità suprema proprio per mezzo della fede» e prosegue facendo notare come quest’ultima produca una sorta di attivazione della ragione.

 

Ma l’eros filosofico nel suo sforzo di liberazione non sempre incontra la fede nel suo cammino, spesso rimane prigioniero di catene, talvolta molto sottili ma estremamente forti, che gli impediscono di cogliere quello che è il suo oggetto proprio: l’essere extra-mentale.

 

Già parlando della crisi dell’intelligenza, abbiamo avuto modo di evidenziare il giudizio negativo di Maritian nei confronti del pensiero moderno, ai cui rappresentanti nega peraltro il nome di filosofi, perché il loro pensiero rimane prigioniero di se stesso senza cogliere quell’essere reale extra-mentale di cui si diceva poco sopra. Nella pagine de Il contadino della Garonna, in particolare in un paragrafo intitolato: La fenomenologia contemporanea, ci dice che le costruzioni di pensiero di Husserl e di Heidegger sono dei tentativi , tutti falliti, di liberazione dell’eros filosofico.

 

Di Husserl Maritain prende in considerazione soprattutto le Meditazioni cartesiane ed afferma che «fece uno sforzo disperato per liberare l’eros filosofico e nel momento in cui stava per raggiungere lo scopo, lo respinse nel suo carcere legandolo (poiché egli stesso era preso in trappola) con catene di una sottigliezza estrema».

 

In quanto ad Heidegger, egli sarebbe il maggior testimone di un dramma «nel quale l’insaziabile tormento nasce da un ardente eros metafisico, anch’esso prigioniero, che, ossessionato dalla preoccupazione dell’essere,conduce una tragica lotta contro il nulla di pensiero implicato dalla fenomenologia, per andare ora, si direbbe, a cercare aiuto dai poeti e nelle potenze teogoniche del loro linguaggio».

 

Questo testimonierebbe, secondo un’affermazione di Pierre Trotignon che Maritain fa propria, l’assenza di filosofia nel tempo presente, a cui fa seguito il bisogno di favole e di falsa moneta intellettuale.

 

Nemmeno Sartre si salva dalla severa critica, è descritto come testimone nauseato e meno libero di quanto lui stesso creda, che pensa di aver trovato la chiave di volta nell’Assurdo del puro e assoluto contingente. Citazione che Maritain trae da L’essere e il nulla.

 

Tre nomi illustri per indicare tre esempi di tentativi andati a vuoto, essi manifestano comunque la tensione irresistibile dell’eros filosofico che spinge prepotentemente verso la propria liberazione.

 

Rendendo omaggio al tomismo, Maritain dice che «l’improbabile qualche volta avviene» e una dottrina essenzialmente fondata nella verità, per una serie fortunata di circostanze, ha effettivamente avuto luogo in un periodo storico: si tratta della dottrina di San Tommaso.

 

Essa non è opera di un solo uomo, ma costituisce una sintesi del pensiero greco, della rivelazione ebraico-cristiana e della riflessione dei Padri della chiesa. Si tratta di una dottrina aperta, progressiva, libera, pronta ai mutamenti e alle rifusioni, serva solo della verità.

 

Cosa ha fatto realmente San Tommaso? La sua preoccupazione fu di ordine soprattutto teologico, egli intendeva salvare quelle verità, già formulate in passato da altri pensatori cristiani in maniera non sempre limpida, che richiedevano un’esplicitazione più rigorosa.

 

Per far questo era necessario uno strumento adeguato, non trovandolo bell’e pronto, ritenne opportuno apportarne significativi perfezionamenti. Fu così che dopo aver scelto Aristotele «lo rifece da cima a fondo» e realizzò una metafisica diversa da quella del suo maestro pagano, al quale tuttavia ha sempre riconosciuto di dovere molto.

 

In questo modo il Dottore Angelico sarebbe giunto ad una visione «incomparabilmente più profonda e la sua intuizione metafisica spinse colui che chiamò sempre il Filosofo, infinitamente più in là dell’aristotelismo e di tutto il pensiero greco». Un Aristotele potenziato e trasfigurato, verrebbe da dire.

 

Maritain accenna al decisivo passaggio dall’ens all’esse, cioè dall’ente all’atto di essere, mediante il quale la metafisica aristotelica ne esce completamente trasformata e dà modo alla teologia di contemplare l’Essere per eccellenza, sussistente per sé.

 

Maritain si premura di chiarire che l’intuizione dell’essere di cui sta parlando non ha niente a che vedere con quella bergsoniana , né risulta legata a forme di conoscenza privilegiate, «Essa si produce in seno al più naturale esercizio dell’intelligenza e non ha altro carisma che quello della semplicità».

 

In Approches sans entraves il discorso viene ripreso e ampiamente sviluppato. Ha cura di distinguere tra un concetto di esistenza di origine astrattiva, derivato dalla presenza di un ente al modo del soggetto conoscente, e il concetto di origine giudicativa, che sorge nello spirito dopo l’intuizione dell’essere e che fa dire che una cosa è che esiste.

 

Allo spirito è allora rivelato che un determinato ente esiste al di fuori di lui, indipendentemente da lui. Il guaio è che con la sola parola esistenza si indicano entrambi i concetti, con le conseguenze di poca chiarezza che ne derivano.

 

Chi considera l’esistenza come un essere presente al soggetto, un Dasein, rimane esposto ai pericoli dell’idealismo. È necessario invece, a giudizio di Maritain, cogliere l’esistenza procedendo dall’intuizione dell’essere: solo così ci si colloca nel registro del Sein, tomisticamente inteso, ci tiene a precisare.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

MARITAIN J., Approches sans entraves. Scritti di filosofia cristiana, Città nuova editrice, Roma 1978.

MARITAIN J., Il contadino della Garonna, Morcelliana, Brescia 1980.

MARITAIN J., Per una filosofia della storia, Morcelliana, Brescia 1979.



 

 

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