N. 127 - Luglio 2018
(CLVIII)
La liberazione dell’intelligenza
nell’ultimo
Maritain
-
Parte
I
Uno
sguardo
sulla
situazione
dopo
il
Concilio
Vaticano
II
di
Raffaele
Pisani
La chiusura del concilio Vaticano II, l’8 dicembre 1965, spinse l’ormai ultraottuagenario Jacques Maritain ad affermare con forza il suo punto di vista su questo grande avvenimento. Il contadino della Garonna è il titolo dell’opera che egli compone, così di getto, ed è anche il personaggio nel quale si identifica, vale a dire: un vecchio laico che interroga se stesso sul mondo d’oggi.
Al
concilio
era
stato
interpellato
come
perito
su
questioni
filosofiche,
teologiche
ed
ecclesiologiche
e il
papa
del
tempo,
Paolo
VI,
lo
teneva
in
grande
considerazione,
cionondimeno
non
era
del
tutto
contento
di
quello
che
succedeva
all’interno
della
comunità
cristiana
e
nella
società
in
generale.
A un
vecchio
brontolone
che
spiega
con
schiettezza
le
cose
a
modo
suo
si
può
anche
perdonare
qualche
ruvidezza
nel
linguaggio,
tanto
più
che
egli
non
parla
per
il
gusto
di
dire
ciò
che
non
va,
ma
per
cercare
di
correggere
quegli
errori
verso
i
quali
anche
certi
settori
della
comunità
cristiana
sembrano
volersi
incamminare.
Da
filosofo
legato
alla
tradizione
scolastica,
rinnovata
in
tempi
recenti
anche
con
il
suo
contributo,
adopera
gli
strumenti
che
ha
per
una
severa
critica
a
certe
filosofie
imperanti
che
a
suo
dire
sono
irrimediabilmente
chiuse
in
se
stesse,
incapaci
di
sciogliere
quei
lacci
che
impediscono
alla
ragione
di
cogliere
la
verità
dell’essere,
che
è
invece
prerogativa
del
tomismo.
È
quindi
necessario
liberare
l’intelligenza
dallo
stato
di
cattività
nella
quale
si
trova.
Ne
Il
contadino
della
Garonna
richiama
la
Seconda
Lettera
di
Paolo
a
Timoteo
nella
quale
si
accenna
ad
un
tempo
in
cui
gli
uomini
non
vorranno
più
ascoltare
la
sana
dottrina,
ma
seguiranno
le
loro
voglie;
per
Maritain
quel
tempo
è il
presente.
Egli
afferma
che
ai
nostri
giorni
molti
studiosi
sono
ossessionati
dal
tempo
che
passa
e
pongono
troppo
presto
ogni
idea
nell’archivio
della
storia,
in
quanto
ritenuta
superata
da
ciò
che
viene
dopo.
È il
trionfo
dell’effimero
che
dimentica
i
valori
perenni,
viene
definito:
cronolatria
epistemologica.
Un
altro
sintomo
del
male
che
caratterizza
l’epoca
presente
è
quello
che
definisce
come:
logofobia,
cioè
una
perdita
di
fiducia
verso
il
sapere
filosofico
ed
anche
verso
quella
prefilosofia
spontanea,
propria
di
ogni
uomo
di
buon
senso.
Si
tende
a
negare
il
valore
delle
nozioni
e
delle
intuizioni
presenti
in
quello
che
egli
chiama
il
preconscio
dello
spirito,
vale
a
dire:
«il
bene
e il
male,
l’obbligo
morale
e la
giustizia,
il
diritto,
o
ancora,
l’essere
extra-mentale,
la
verità,
la
distinzione
tra
sostanza
e
accidente,
il
principio
di
identità».
Si
toglie
loro
ogni
valore
di
fondamento
per
farne
delle
semplici
categorie
del
linguaggio.
Ma
l’uomo,
privato
di
questi
elementi
della
prefilosofia
spontanea,
diventa
simile
ad
un’ape
che
ha
perso
l’istinto
di
fare
il
miele.
Così
la
cultura
occidentale,
illuminata
dalla
ragione
umana
del
pensiero
greco
e
sopraelevata
dalla
rivelazione
cristiana,
che
ha
sempre
nutrito
i
suoi
figli
con
il
senso
comune
prefilosofico,
ora
rischia
di
venir
meno
al
suo
compito.
Da
Cartesio,
padre
del
pensiero
moderno,
una
lunga
stirpe
di
eredi
ha
elaborato
vari
sistemi
di
pensiero,
tutti
affetti
da
una
tara
fondamentale
che
impedisce
loro
di
essere
vere
e
proprie
filosofie.
«Tutti
questi
uomini
cominciano
col
solo
pensiero
e lì
si
fermano».
Non
colgono
cioè
la
relazione
tra
pensiero
ed
essere
extra-mentale,
rapporto
sul
quale
si
fonda
il
realismo
filosofico.
Per
tale
ragione
questo
modo
di
pensare
non
può,
a
giudizio
di
Maritain,
essere
definito
una
filosofia,
ma
una
ideosofia.
Andando
avanti
in
questo
elenco
di
errori
si
sofferma
sul
teilhardismo
che
egli
definisce:
salsa
teiihardiana.
A
suo
avviso
Teilhard
de
Chardin
sarebbe
partito
in
maniera
sbagliata,
confondendo
i
piani
della
conoscenza,
ma
il
peggio
lo
avrebbero
perpetrato
i
suoi
seguaci.
Leggiamo,
sempre
ne
Il
contadino
della
Garonna:
«Questo
pensiero
dà
alla
scienza
un
abbagliante
primato.
In
realtà
la
scienza
degli
scienziati
fu
totalmente
superata,
-
anzi
trascinata
e
assorbita
in
un
gran
torrente
di
meditazione
ricercatrice
in
cui
scienza,
fede,
mistica,
teologia
e
filosofia
allo
stato
diffuso
sono
inestricabilmente
mescolate
e
confuse.
In
ciò
bisogna
riconoscere
il
peccato
contro
l’intelletto».
Quanto
alle
tradizioni
orientali,
se
offrono
all’uomo
la
via
della
mistica
naturale,
permettendogli
di
arrivare
ad «un’alta
pace
di
possesso
di
sé
puramente
umana»,
non
riescono
tuttavia
a
liberare
la
ragione
dal
suo
mondo
notturno.
Pare
quindi
che
l’uomo
di
tutti
i
tempi
e di
tutte
le
parti
della
terra
sia
soggetto
all’errore,
non
esclusi
i
pensatori
cristiani,
specie
quando
pretendono
di
agire
da
soli.
Ma
quale
può
essere
il
motivo
profondo
di
questa
debolezza
che
porta
l’uomo
a
sbagliare?
In
una
relazione
tenuta
a
Kolbsheim,
nella
seconda
metà
degli
anni
Sessanta
del
Novecento,
tratta
delle
Riflessioni
sulla
natura
ferita.
Prendendo
spunto
da
un
passo
fondamentale
della
Somma
Teologica
in
cui
San
Tommaso
afferma
che
la
natura
decaduta
a
causa
del
peccato
originale,
non
può
da
sola
realizzare
tutto
il
ben
che
le è
connaturale,
Maritain
sviluppa
la
questione
relativamente
all’aspetto
intellettivo.
Quello
che
Tommaso
aveva
detto
a
proposito
della
natura
ferita
e
delle
sue
ripercussioni
sull’azione
morale,
Maritain
lo
ritiene
valido
anche
a
proposito
dell’attività
speculativa.
Non
pone
alcun
problema
critico
nei
riguardi
delle
affermazioni
del
Dottore
Angelico,
forse
perché
in
altre
occasioni
ne
aveva
sperimentato
l’evidenza
intellettuale.
San
Tommaso
si
chiedeva
in
quale
modo
il
peccato
originale
diminuisse
il
bonum
naturae,
distinguendo
i
vari
sensi
dell’espressione:
bene
di
natura.
Maritain,
interpretando
il
suo
maestro,
conclude
che
la
ragione,
con
la
perdita
della
virtù
della
giustizia
originale,
non
è
più
in
grado
di
regolare
le
forze
inferiori
dell’anima;
si
viene
così
a
creare
un’anarchia
di
potenze
che
rende
assai
problematico
il
raggiungimento
del
bene.
Se
poi
si
passa
nella
prospettiva
del
vero,
si
può
vedere
come
il
discorso
venga
ripetuto
quasi
negli
stessi
termini.
La
natura
umana
ferita
è
frenata
da
mille
ostacoli
nel
suo
cammino
verso
la
piena
sapienza
naturale,
accenna
ai
desideri,
alle
passioni
dell’anima
e al
dominio
dell’ego.
Alle
quattro
virtù
cardinali:
prudenza,
giustizia,
fortezza
e
temperanza,
corrispondono
nell’intelligenza,
rispettivamente,
la
solidità
razionale,
la
giustezza
del
verbo,
l’audacia
dello
sguardo
e la
limpidezza
del
pensiero.
Queste
qualità
devono
essere
tutte
presenti
e
stare
in
rapporto
armonico
tra
di
loro
per
poter
avere
un
grande
filosofo,
il
riferimento
è
certo
a
Tommaso
d’Aquino.
A
questo
punto
Maritain
si
sofferma
a
parlare
del
ruolo
dell’immaginazione
nell’operazione
astrattiva
rilevando
la
necessità
di
una
sorta
di
psicologia
trascendentale,
ancora
poco
studiata.
Nel
corretto
rapporto
di
astrazione
i
fantasmi
costituiscono
una
semplice
materia,
che
l’intelligenza
agente
illumina
per
trarre
da
essa
gli
intellegibili
contenuti
in
potenza.
In
Approches
sans
entraves
leggiamo
che
nello
stato
di
natura
ferita
detti
«fantasmi
non
sono
più
soltanto
una
materia
che,
nella
operazione
astrattiva,
l’intelletto
agente
illumina
per
trarre
da
essa
e
attualizzare
gli
intellegibili
che
essa
contiene
in
potenza;
essi
esercitano
anche,
per
mezzo
dell’idea
o
del
concetto
una
volta
formato
– e
che
parassitariamente
raddoppiato
da
essi,
perde
un
poco
(talvolta
molto)
della
sua
trasparenza
intellegibile
-,
un
certo
impatto
sulla
intelligenza
(così
più
o
meno
ferita
nella
sua
intuitività)
:
impatto
più
o
meno
forte
secondo
i
casi,
talvolta
molto
forte
e
capace
di
produrre
qualche
aberrazione».
Un
esempio
di
forte
incidenza
di
questi
fantasmi
sarebbe
dato
dall’idealismo
e
dalla
fenomenologia;
uno
invece
di
impatto
leggero,
abbastanza
comunque
per
impedire
di
raggiungere
una
sapienza
naturale
plenaria
è
rappresentato
dalla
sapienza
naturale
di
cui
Aristotele
è il
rappresentante
sommo.
Ancora
in
Approches,
a
proposito
della
filosofia
dello
Stagirita
nota
che
c’è
«una
inclinazione
naturale
al
nozionalismo,
ad
un
nozionalismo
che
ammette
esso
stesso
i
gradi
più
diversi,
ma
che
fa
ostacolo
di
sé
alla
intuizione
intellettuale
dell’essere».
Solo
questa
intuizione
permette
il
raggiungimento
della
piena
sapienza
filosofica.