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filosofia & religione


N. 111 - Marzo 2017 (CXLII)

LA FILOSOFIA CRISTIANA IN MARITAIN
 LA RAZIONALITÀ FILOSOFICA NELLA CONDIZIONE UMANA ESISTENZIALE DI CREDENTE

di Raffaele Pisani

 

Il lungo cammino che ha caratterizzato la vita e il pensiero di Maritain (Parigi, 18 novembre 1882 – Tolosa, 28 aprile 1973) lo ha visto sempre alla ricerca di una verità profonda che va oltre ogni formulazione definita. Disgustato dal clima positivistico e relativistico imperante negli ambienti accademici della Sorbona, siamo negli anni a cavallo tra Otto e Novecento, trova risposta nel cristianesimo, aiutato il ciò da Léon Bloy. Poco dopo, assieme alla moglie Raïssa Oumançoff ebrea russa da poco trasferitasi in Francia, abbraccerà il cattolicesimo. Le lezioni di Henri Bergson al Collége de France lo portano ad avvicinarsi sempre di più a questo pensatore moderno, che sembra aprirgli la strada verso il sapere metafisico. Ne La filosofia bersoniana (1914) e ancor più in Da Bergson a Tommaso d’Aquino (1944) spiega come è arrivato ad apprezzare, pur con qualche riserva, il primo per arrivare al secondo.

 

Si dice di Maritain che è un tomista, meglio, un neo-tomista, etichetta che egli accetta se per tomismo s’intende quel sistema aperto dei tempi migliori della scolastica, non quello del periodo successivo che l’ha visto trasformarsi in un sistema rigido.

Ebbene, tornado al punto iniziale, sappiamo che nella scolastica e nella tomistica in particolare la posizione che occupa la filosofia è quella di ancilla theologiae, la posizione di Maritain è diversa. Ne I gradi del sapere delinea tutti i tipi di conoscenza, da quella legata all’empirico a quella della razionalità umana, per arrivare al culmine nella conoscenza mistica. Ma rimanendo nel campo della filosofia cristiana egli dice che essa non ha solamente una funzione ancillare, non è solamente una serva ma una regina di un regno minore.

 

Il tema, già ampiamente trattato, viene portato alle estreme conseguenze nell’ultimo Maritain, in particolare in Approches sans entraves, una serie di scritti prodotti in tardissima età. Non è fuori luogo parlare di una significativa svolta del suo filosofare, anche se questo non significa contraddizione ma piuttosto un’attuazione del virtuale. La sua tesi finale è che la filosofia nella sua pienezza, plénièrment telle, non può che essere cristiana. Essa non viene assorbita dalla teologia, ma rimane umanamente razionale. Una filosofia che proprio per essere nella fede può attuarsi nella piena libertà, la massima libertà dai condizionamenti compatibile con la condizione umana.

 

Se negli anni Trenta del Novecento egli aveva tenacemente difeso la possibilità di un modo cristiano di filosofare contro gli attacchi dei razionalisti, ne Il contadino della Garonna, scritto nel 1966, a qualche mese dalla chiusura del concilio Vaticano II, intende altresì affermare che una filosofia nell’ambito della fede, non solo è possibile, ma gode di una situazione privilegiata . Essa si trova in una condizione migliore rispetto a coloro che, avviluppati negli schemi razionalistici, negano ogni valore conoscitivo alla rivelazione e pretendono di assorbire tutto nel loro pensiero. Per maggior chiarezza tende a prendere qualche distanza dall’espressione “filosofia cristiana” perché indurrebbe a pensare che si voglia “clericaleggiare una cosa secolare per natura e imporle un’etichetta confessionale”.

 

Egli propone la definizione di “filosofia nella fede”, anche se ammette che pure questa si presta ad equivoci d’interpretazione. Queste incertezze costituiscono forse il preludio per quel cambiamento terminologico e concettuale che apparirà con chiarezza in Approches sans Entraves.  C’è da dire che i discorsi in tal senso sono pochi ed appaiono nel testo quasi incidentalmente, nella trattazione dei vari temi però questo spirito emerge inconfondibilmente. Possiamo dire, imitando un’espressione di Maritain, che questa idea gli è sempre presente nel sovraconscio dello spirito. Ma di quale idea si tratta? È la convinzione che solo la filosofia nella fede è filosofia nella pienezza ed essa sola è in grado di  avanzare senza commettere errori sostanziali irreparabili. Al posto di filosofia cristiana ora egli propone l’espressione di filosofia in quanto plenariamente tale o filosofia che avanza in opposizione a filosofia in quanto semplicemente tale o filosofia che vacilla.

 

La filosofia espressa con le due ultime espressioni è soggetta ad inciampare a causa della natura ferita e di fatto caduta nell’errore innumerevoli volte nel corso della storia dell’umanità. Si può ragionevolmente dire che essa nella sua esistenza non è riuscita a cogliere che delle verità parziali, mescolate  ad una marea di errori di cui neanche l’epoca presente è ben lontana dall’esserne immune. Per questo è necessaria una filosofia affrancata, libera da ogni soggezione al mondo: è la filosofia presa plenariamente come tale. Pur se essa è ben lontana dall’essere immunizzata da ogni tipo di errore, le è consentito di andare indefinitamente avanti, e di mantenere l’integrità del lavoro filosofico progredendo di secolo in secolo. Pare quindi di comprendere che Maritain in questi ultimi scritti voglia affermare che un’organica concettualizzazione e formulazione della verità filosofica si possa trovare solo in una filosofia che accetta di porsi nell’ambito della fede cristiana.

 

Queste certezze già presenti virtualmente fin dagli  anni giovanili hanno permesso a Maritain di dedicarsi a vari campi del sapere: dai problemi della generazione biologica, che richiamano alla filosofia della natura, fino alle alte vette della metafisica e alle conoscenze nel campo della filosofia morale, dell’arte, della storia e della pedagogia. Ma ciò che più lo attira è il pensiero teologico, o meglio, l’applicazione della riflessione filosofica a questioni di teologia. Così si esprime in Approches sans entraves: Ecco quello che mi è capitato quando sono entrato nella vecchiaia, ed ecco quello che spiega il contenuto del presente volume. La filosofia, che abbiamo già visto non essere più ancilla theologiae viene ora definita: research-worker, un’associata nella ricerca. Una filosofia di tal genere non si cura di restare nell’ambito del suo oggetto formale, essa è una sapienza che ha a che fare con l’essere stesso. Con un estremismo senza ostacoli e andando insolentemente fino all’estremità di una delle strade su cui il sapere filosofico preso plenariamente come tale fa il suo viaggio, essa manifesta semplicemente ciò che questo sapere é.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Il contadino della Garonna, Morcelliana, Brescia 1980 (1969), Traduzione di Bice Tibiletti.

Approches sans entraves – Scritti di filosofia cristiana, Città nuova editrice, Roma 1977, traduzione di Gaspare Murra.



 

 

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