N. 14 - Luglio 2006
COME GLI ITALIANI STANNO PERDENDO I LORO
DIRITTI
Recensione del libro di Michele Ainis Le
libertà negate
di
Alessandro D'Ascanio
Un’indagine critica sullo “stato delle libertà” in una
data realtà umana non può prescindere da un più
complessivo giudizio circa i riflessi che i grandi
mutamenti della storia producono sugli aspetti
politici, istituzionali e amministrativi di una
società. In particolare, rispetto al nostro tempo,
appare motivata una riflessione sulle libertà
caratterizzanti la società italiana e, più in generale
occidentale, a seguito dei rilevanti mutamenti di
scenario verificatisi a cavallo tra la fine del ‘900
e l’esordio del nuovo secolo.
In
tal senso il saggio di Ainis Le libertà negate
si presenta come un glossario approfondito e
ragionato dello stato delle libertà nelle società
occidentali contemporanee, volto a enunciare rischi,
ipocrisie e prevaricazioni che limitano i diritti e la
dignità degli individui.
Innanzitutto una notazione di stile: la scelta di
suddividere il testo in successivi sintetici capitoli,
ognuno dedicato ad una categoria umana e sociale (da
amanti, anziani….fino a spiati, studenti, terroristi,
trapiantati) e la conseguente decisione di inserire
nel libro numeri, statistiche, dati produce un effetto
di “inchiesta” penetrante e tendenzialmente esaustiva
che conferisce al lavoro valore e interesse.
Ainis si pone l’obiettivo di denunciare i nemici delle
libertà degli individui nella nostra contingenza
storica e, in un’ipotetica classifica degli elementi
negatori pone la cosiddetta “inflazione dei diritti”
in posizione preminente. Egli si riferisce alla
consolidata prassi di moltiplicare le dichiarazioni, i
cataloghi, le solenni enunciazioni di diritti delle
più svariate specie e categorie, senza che si
consideri minimamente che tale azione, lungi dal
condurre ad una effettiva tutela delle prerogative
degli individui, sovente si traduce in una loro
menomazione. Ciò per vari ordini di ragioni: in primo
luogo perché una eccessiva proliferazione di diritti
finisce inevitabilmente per produrre una mutua
elisione tra essi ( ad esempio il diritto a portare
armi, mina la sicurezza collettiva; il diritto alla
caccia mette in pericolo l’ambiente). In secondo
luogo, all’inflazione di diritti si accompagna spesso
una moltiplicazione di corti specializzate che
moltiplicano conflitti di competenze, scontri di
giurisprudenza che certo non sortiscono l’effetto di
garantire maggiormente il cittadino. In terzo luogo,
aggiunge Ainis, l’eccesso di rivendicazione di diritti
“ offusca il senso del dovere, rompe i vincoli di
solidarietà di gruppo, sostituisce l’etica della
responsabilità con un lassismo collettivo che dà
libero sfogo agli egoismi individuali”.
Dunque l’inflazione dei diritti produce uno svilimento
dell’autorità della legge, che moltiplicandosi finisce
per assumere una veste del tutto formale e priva di
qualunque portata effettiva, ma allo stesso tempo
produce un indebolimento del valore dei diritti nella
coscienza degli individui.
Accanto al problema della proliferazione superficiale
dei diritti permane comunque, aggiunge Ainis quello
della negazione semplice, brutale e reiterata dei
diritti, soprattutto in relazione a particolari
categorie di individui: si pensi, a titolo di
esempio, ai gay, agli immigrati, ai malati.
Spostandosi invece sul piano delle radici sostanziali
delle libertà negate, il nostro autore affronta il
problema dell’ingiustizia, dell’iniquità, della
disuguaglianza diffusa a livello globale e nazionale,
rispetto al reddito, all’istruzione, alle opportunità
di crescita personale, quasi a volerci rammentare
l’intima connessione etica tra il concetto di libertà
e il concetto di giustizia. Ainis specifica come
un’attenzione nei confronti del tema della libertà
trovi fondamento in preoccupazioni tanto di natura
concettuale, in quanto la libertà stessa è un bene
indivisibile ( o è di tutti o di nessuno), quanto in
ragioni di natura etica, dal momento che l’osservare
la mancanza di libertà in altri gruppi umani ci induce
ad interrogarci sulla sostenibilità delle istituzioni
che governano il pianeta.
Inoltre il mondo contemporaneo è caratterizzato da una
serie di fenomeni: dal terrorismo alle guerre
endemiche, dal rischio ecologico alle migrazioni di
massa, che producono una sensazione di insicurezza,
spesso solo percepita , ma non per questo meno
incidente sulla vita quotidiana dei cittadini e che
induce ad adottare scelte politiche e normative
spesso lesive delle nostre libertà.
Vi
sono poi dei mutamenti antropologici dell’uomo
contemporaneo che, posto di fronte al fallimento delle
ideologie, o molto più semplicemente immerso nel
deserto di valori e di riferimenti, si lascia attrarre
da un uso distorto delle comunicazioni di massa, in
grado di coartare pesantemente la libertà di scelta
dei cittadini in merito alle decisioni politiche,
delle scelte di consumo, degli stili di vita. Ainis si
riferisce a tale fenomeno definendolo “popolo
bambino”, quasi a voler evidenziare attraverso
un’immagine esplicita la condizione di
inconsapevolezza e di estrema vulnerabilità che
caratterizza un numero crescente di individui. Ma la
libertà presuppone consapevolezza e strumenti di
conoscenza per poter esplicare le sue virtù. Dunque
l’autore vuole dimostrare che vi sono sia fattori
oggettivi, esterni, che minano i diritti nelle società
occidentali, ma anche elementi culturali che non sono
meno importanti nel valutare il grado effettivo di
libertà vigente in una realtà umana.
Naturalmente, la sua carrellata di cause ostative
all’esercizio di una libertà consapevole prosegue
citando la crisi delle protezioni sociali dello stato,
che si accompagna però ad una rinnovata volontà di
controllo sociale penetrante, a tratti poliziesco, che
a partire dalle scuole, all’imposizione di stili di
vita, alla compressione delle possibilità d’azione
individuali e collettive, finisce addirittura per
ingerirsi in scelte di natura etica che dovrebbero
essere lasciate al vaglio autonomo di ogni singolo
cittadino.
Ainis espone lucidamente, nella descrizione della
condizione delle diverse categorie, le storture
dell’Autorità pubblica nella compressione dei diritti
individuali e tra le righe, sembra suggerire soluzioni
per una riforma delle stesse in direzione di una
maggiore libertà del cittadino. Ma non c’è solo lo
stato a minacciare la nostra libertà, che diviene un
bene sempre più impalpabile e pericolante se non è
sostenuta da valori come la tolleranza , la
solidarietà, la giustizia, il pluralismo, che a tutt’oggi
non appaiono ancora del tutto accettati, finanche
nelle nostre società democratiche.
Dunque si tratta di un vero e proprio richiamo
all’affermazione di una cultura dei diritti, ad una
interiorizzazione degli stessi nelle coscienze dei
singoli e ad un impegno maggiore per una vera
applicazione degli stessi nella realtà. |