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N. 88 - Aprile 2015 (CXIX)

L’Italia meridionale durante il regno di Ottone II di Sassonia
Rapporti culturale e geopolitici tra costantinopoli,

Emirato di Sicilia e sacro Romano Impero
di Alessandro Di Meo

 

Il Sud Italia del X secolo era una terra di confine tra l’Impero Sassone degli Ottoni e l’Impero bizantino, che deteneva l’autorità su gran parte del territorio, ma era sottoposto anche alle scorrerie degli Arabi di Sicilia; l’Italia meridionale non fu però solo teatro di conflitti, fu anche il luogo d’incontro di queste tre culture – latina, greca orientale, musulmana – che si influenzarono reciprocamente in campo artistico e culturale.

 

 Nei suoi rapporti con Bisanzio, il Sacro Romano Impero dei Sassoni seguì inizialmente una politica che univa guerra e diplomazia, ma sotto Ottone II il sogno di unificare la penisola e di portarla completamente sotto il controllo dell’Impero occidentale spinse l’imperatore a scendere in Italia al comando di un esercito di dimensioni ragguardevoli, ufficialmente per respingere gli Arabi dell’emiro di Sicilia che stavano devastando il territorio della Calabria, ma in realtà per annettere l’Italia meridionale ai territori imperiali.

 

Nell’aprile 972 venne celebrato a Roma il matrimonio tra Ottone II e la principessa bizantina Teofano; l’unione tra l’erede al trono sassone e una nipote del sovrano bizantino Giovanni Zimisce doveva sancire, nelle intenzioni di Ottone I, l’assoluta parità delle due dinastie, entrambe detentrici della dignità imperiale romana. Pochi anni prima, nel 967, Ottone aveva già fatto proclamare suo figlio coimperatore a Roma e aveva avviato le trattative con la corte di Costantinopoli per chiedere un trattato di amicizia e avanzare una proposta matrimoniale, ma l’opposizione dell’imperatore Niceforo II Foca fece naufragare il progetto; risentito, Ottone si alleò con Pandolfo I Testadiferro, principe di Capua e di Benevento, attaccò i domini bizantini nell’Italia meridionale e minacciò un’invasione diretta nella penisola balcanica.

 

L’imperatore sassone si spostò dapprima in Puglia (968), cercando di portare sotto il suo controllo questa regione per via diplomatica; le guerre che l’Impero bizantino stava affrontando lungo il confine bulgaro e anatolico, l’aumento della pressione fiscale e lo scarso controllo militare nel Sud Italia avevano provocato tumulti in alcune città pugliesi.

 

L’assassinio di Niceforo II e la successione di Giovanni Zimisce permisero a Ottone di richiedere nuovamente una principessa bizantina per suo figlio; il nuovo sovrano costantinopolitano era altrettanto interessato a stabilire una pace duratura con l’impero di Sassonia per potersi concentrare sull’imminente invasione degli emirati lungo il confine orientale dell’Impero bizantino.

 

Il matrimonio tra Ottone II e Teofano rappresentò il coronamento della politica estera di Ottone I, perché tutti i sovrani del Sacro Romano Impero, a cominciare da Carlo Magno, avevano invano cercato di unirsi in matrimonio con le dinastie imperiali bizantine per legittimare il loro dominio sull’Europa occidentale.

 

L’Italia meridionale alla fine del X secolo era segnata da una profonda instabilità dovuta all’espansione del ducato di Capua, che dalla fine del IX secolo si stava estendendo ai territori bizantini della Puglia settentrionale, ma anche alle continue incursioni degli Arabi provenienti dalla Sicilia.

 

I Bizantini però nel X secolo riuscirono a riaffermare il proprio predominio su gran parte dell’Italia meridionale, ma affidarono il controllo dei loro possedimenti a eserciti locali, piuttosto che all’armata imperiale, peraltro già impegnata nel fronte bulgaro e in Medio Oriente; all’occorrenza, però, Bisanzio poteva inviare in Italia meridionale la sua flotta e l’esercito, anche se fino al 956 preferì mantenere una politica difensiva. L’unica spedizione offensiva lanciata da Bisanzio verso l’Italia meridionale fu la fallimentare campagna in Sicilia con cui Niceforo II tentò invano di riconquistare l’isola strappandola agli Arabi.

 

Fino al 966 l’Italia meridionale era divisa tra i possedimenti bizantini – Puglia, costa ionica della Lucania e Calabria – i ducati longobardi che costituivano un territorio esteso nell’entroterra campano e lucano, più alcuni piccoli territori indipendenti come Amalfi, Napoli e Gaeta, dediti prevalentemente al commercio marittimo.

 

All’inizio del IX secolo la Puglia era divisa tra Bizantini e Longobardi, che stabilirono a Bari la sede di un gastaldato; nell’847 la città fu conquistata dagli Arabi e diventò la capitale di un emirato, nell’871 Ludovico II la riconquistò e la cedette ad Adelchi di Benevento, ma qualche anno dopo (876) la città si pose sotto il controllo dell’imperatore bizantino Basilio I.

 

La Calabria era una delle regioni più fedeli all’Impero bizantino, perché la sua popolazione era in gran parte di lingua e di cultura greca, ma anche perché il suo territorio era disseminato di monasteri bizantini che diffusero una spiritualità tipicamente orientale. La città più importante della penisola era Reggio Calabria, la cui importanza strategica aumentò considerevolmente nell’878, in seguito alla conquista araba di Siracusa; la sua posizione geografica, di fronte all’emirato di Sicilia e tra il Tirreno e lo Jonio la resero centrale per il controllo dell’Italia meridionale da parte di Costantinopoli.

 

 Le continue guerra tra bizantini e Longobardi, unitamente alle incursioni arabe, provocarono una forte crisi demografica nell’Italia meridionale, cui Basilio I cercò di porre rimedio con una colonizzazione interna; giunsero così numerose comunità di Armeni e, in misura minore, di Slavi.

L’affermazione della potenza dei Sassoni, a partire dal 966, spinse Bisanzio a fondare un catepanato nel sud Italia con capitale Bari, ma comprendente anche i territori della Lucania e della Calabria.

 

La Sicilia era governata dalla dinastia dei Kalbiti dal 946, anno in cui Hasan Ibn Ali Al – Kalbi venne nominato emiro dell’isola per conto dei Fatimidi, impegnati nella repressione della rivolta dei Berberi nel Nord Africa; Al – Kalbi, che di fatto fondò un emirato indipendente, si trasferì alla corte Fatimide nel 952, ma riuscì a far nominare come nuovo governatore della Sicilia il figlio Ahmad Ibn Hassad, che mantenne la carica di emiro fino alla morte (969).

 

Gli successe Abu Al Qasim Ali (Abu Kassem), terzo emiro Kalbita di Sicilia; nel 973 i Fatimidi spostarono la loro capitale in Egitto, perdendo il controllo dell’isola e della Tunisia. Alla morte dell’imperatore bizantino Giovanni Zimisce (976) Al Qasim invase l’Italia meridionale, compiendo numerose scorrerie e saccheggiando Taranto; per qualche anno i suoi tentativi di invadere il ducato di Spoleto furono fermati da Pandolfo Testadiferro, ma alla morte del principe le incursioni dei Saraceni si intensificarono. Nel 981 Al Qasim tornò a devastare la Calabria, suscitando l’intervento di Ottone II che decise di intervenire militarmente per fermare le razzie, ma anche per estendere il suo dominio sull’Italia meridionale.

 

Alla morte di Ottone I (973) Ottone II ascese al trono, ma dovette contrastare la rivolta di Enrico di Baviera e successivamente una guerra contro il regno franco – occidentale di Lotario; dopo essersi riconciliato con la madre Adelaide, Ottone II poté tornare in Italia, nell’autunno del 980. La corte sassone si recò dapprima a Ravenna, dove celebrò il Natale con il pontefice, quindi si diresse a Roma, dove giunsero anche gli alti prelati e i membri dell’aristocrazia franco – germanica e spagnola; da Roma, nell’autunno 981, Ottone II si spostò a sud, verso la Puglia bizantina. L’imperatore tentò invano di impadronirsi degli ultimi territori bizantini in Italia per via diplomatica; prima di ritirarsi a Salerno, pose sotto assedio Matera e Taranto, senza però riuscire a conquistarle.

 

Nella sua cronaca, lo storico Sassone Thietmaro sostenne che Puglia e Calabria, in quanto regioni dell’Italia, erano parte dell’Impero restaurato da Ottone I e l’occupazione bizantina di quelle aree era quindi un’usurpazione. Un anonimo monaco del Monastero di San Gallo, nel suo resoconto, scrisse invece che Ottone II puntava alla conquista dell’Italia meridionale fino alla Sicilia e approfittò delle rivolte scoppiate nei territori bizantini a causa delle incursioni arabe; l’imperatore sassone avrebbe cioè difeso dagli Arabi le città che si stavano ribellando al dominio bizantino. L’intervento iniziale dei Sassoni fu in Puglia, da cui Ottone si ritirò alla fine del 981 per riprendere Salerno che era stata conquistata dal duca amalfitano Mansone I; Ottone, dopo aver riconquistato la città, l’affidò al figlio di Mansone, Giovanni, che riconobbe l’autorità sassone sul suo territorio.

 

L’atteggiamento di Ottone II allarmò la corte bizantina, che non sostenne in alcun modo i Sassoni durante la campagna in Calabria, quando l’esercito germanico si lanciò all’inseguimento degli Arabi che si stavano ritirando verso Reggio per imbarcarsi alla volta della Sicilia.

 

Ottone II, che dall’autunno 981 era impegnato a Salerno, giunse in Calabria all’inizio dell’anno successivo, alla testa del più grande esercito mai allestito da un imperatore sassone; nella copertina di un codice contenente le opere di S. Agostino furono annotati i contingenti della cavalleria richiesti agli ecclesiastici tedeschi, ad esclusione dei Sassoni. Il luogo della battaglia è ancora oggi incerto; le località più indicate sarebbero Crotone, Capo Colonna o Stilo, comunque lungo la costa ionica della Calabria, anche se Alvermann e Von Falckenhausen propendono per Columna Regia, nei pressi di Reggio Calabria.

 

La battaglia si svolse il 13 luglio ed è stata ricostruita nelle sue diverse fasi partendo dalle fonti dell’epoca, abbastanza concordi nella descrizione dello scontro; sembra che i Sassoni abbiano scelto per una tattica di sfondamento del centro nemico con una carica della cavalleria. Nella prima fase della battaglia, l’esercito sassone sembrò sul punto di prevalere, perché la cavalleria effettivamente sfondò le difese degli arabi e lo stesso emiro Al Qasim venne ucciso, ma contrariamente alle aspettative la sua armata non andò in rotta; le ali dell’esercito arabo invece si richiusero, intrappolando la cavalleria sassone e annientandola.

 

Fu durante questa seconda fase che caddero molti dei conti e dei vescovi germanici; Ottone II riuscì a fuggire verso la costa e fu raccolto in mare da una nave bizantina che lo trasportò a Rossano, dove lo attendeva Teofano e la sua corte. La notizia della sconfitta – l’ultima subita da un esercito cristiano in uno scontro con un’armata dei musulmani di Sicilia – si diffuse rapidamente in tutta Europa, provocando una grave rivolta degli Slavi che si sollevarono contro i Sassoni; nel sud Italia la presenza araba rimase forte e nei decenni successivi si verificarono numerosi attacchi alle principali città bizantine del Meridione.

 

Ottone II compì un pellegrinaggio a Monte Sant’Angelo, nel Gargano, si recò a Benevento per stabilire la successione nel principato di Pandolfo, quindi fece ritorno a Roma dove morì nel dicembre del 983; suo figlio Ottone III, di appena tre anni, fu subito proclamato re dei Sassoni e imperatore ad Aquisgrana e fu affidato alle cure della madre Teofano, della nonna Adelaide e della zia Matilde, dopo il fallito tentativo di Enrico di Baviera di usurpare il trono proclamandosi reggente per conto del nuovo sovrano.

 

La Sassonia, dopo la disfatta subita in Calabria, si astenne dall’intervenire militarmente nel Sud Italia per sedici anni; le incursioni saracene spinsero il processo di incastellamento, che a poco a poco finirono anche con il ridurre il potere effettivo dei duchi longobardi sui loro territori.

 

Il catepanato bizantino del sud Italia fu attaccato dagli Arabi; nel 1004 essi assediarono Bari con un grande esercito, ma la città riuscì a resistere anche grazie all’aiuto di Venezia. Negli anni successivi Arabi e Bizantini si combatterono in alcune battaglie navali, ma ciò non arrestò le scorrerie dei Saracene che nel 1009 riuscirono a prendere Cosenza e nel 1020 Bisignano.

 

Bisanzio reagì lanciando due spedizioni contro la Sicilia (1038 e 1042) al comando del generale Giorgio Maniace, ma fallirono entrambe; i Saraceni mossero anche contro i territori longobardi, attaccando Benevento (1002) e Capua. Subirono razzie anche Amalfi nel 991 e Salerno nel 999, città che fino ad allora avevano beneficiato, grazie ai loro commerci con l’emirato di Sicilia, di una tregua con gli Arabi. Nel 1053 cadde la dinastia Kalbita e pochi anni più tardi la conquista di Messina (1061) segnò l’inizio della conquista normanna della Sicilia, completata da Ruggero d’Altavilla nel 1091 con la presa di Noto.

 

I Bizantini furono impegnati anche nella repressione delle sacche di resistenza che animavano l’Italia meridionale; per alcuni anni (998 – 1006) il catepano Gregorio Tarcaniota represse duramente alcune ribellioni esplose nel catepanato, ma la più grave di queste scoppiò a Bari nel 1010. La rivolta, promossa da un aristocratico barese di nome Melo, si diffuse rapidamente in tutti i territori pugliesi del catepanato e impegnò l’esercito regolare bizantino in alcune battaglie, fino alla sconfitta finale dei rivoltosi a Canne nel 1018; Melo si rifugiò a Bamberga presso Enrico II di Sassonia. Il nuovo catepano, Basilio Boioiannes, sistemò le fortificazioni lungo la frontiera settentrionale della Puglia e fondò nuove città per rafforzare i confini, ma si dedicò anche alla costruzione di nuovi edifici e monumenti a Bari, che conferirono alla città un aspetto grandioso.

 

 Nel frattempo, però, nell’Italia meridionale erano giunti i Normanni, che in pochi decenni conquistarono tutti i territori bizantini; Roberto il Guiscardo fu nominato da papa Niccolò II duca di Puglia, Calabria e Sicilia con l’accordo di Melfi del 1059

 

 

La compresenza tra Arabi, Bizantini e Sassoni nell’Italia meridionale del X secolo comportò uno scambio culturale ed economico tra queste popolazioni, le cui tracce sono oggi riscontrabili nelle principali città del Meridione.

 

Nel Duomo di Amalfi, ad esempio, il Portone bronzeo venne importato direttamente da Bisanzio da un mercante amalfitano, Pantaleone, mentre a Napoli i plutei della Chiesa di Sant’Aspreno (IX secolo) presentano una decorazione con tralci di vite e fiori inscritti in losanghe con fasce a intreccio, uno stile bizantino di derivazione persiano – sassanide. Napoli e Amalfi “importarono” questi stili decorativi da Costantinopoli grazie alla solida rete commerciale con l’Impero bizantino.

 

La città forse più rappresentativa dell’incontro di queste tre culture fu senz’altro Bari, ma della città araba non è rimasto pressoché nulla, perché essa fu completamente distrutta dal re normanno Guglielmo I (1120 – 1166); sappiamo però che erano stati edificati una moschea e alcuni palazzi in stile arabo nel centro cittadino. Sono presenti invece molti edifici della città bizantina, tra cui la Chiesa di San Gregorio de Falconibus e la Chiesa di San Gregorio Armeno con annesso il Palazzo del Catepano; la folta comunità armena trasferitavi da Basilio I ha lasciato numerosi luoghi di culto dedicati a santi armeni, come le chiese dedicate a San Prisco o a San Pancrazio. Nel 968 la città di Otranto venne elevata ad arcidiocesi e ospitò la più importante chiesa bizantina del Salento, dedicata a San Pietro e contenente affreschi riconducibili all’età della dinastia macedone; la chiesa presenta la tipica pianta a croce inscritta in un quadrato con tre absidi a vista.

 

Le influenze arabe si diffusero nell’Italia meridionale soprattutto durante il regno degli Svevi e particolarmente sotto Federico II (1198 – 1250), anche perché nel X secolo l’emirato di Sicilia praticava soprattutto la pirateria e i suoi eserciti non occuparono stabilmente territori nell’Italia continentale; le poche testimonianze architettoniche, realizzate durante il breve emirato di Bari, vennero distrutte dai Normanni.

 

I Sassoni ripresero dai Bizantini molti aspetti dell’ideologia imperiale, che si manifestarono soprattutto con Ottone III (996 – 1002) che adottò la titolatura e lo stemma fino ad allora appannaggio degli imperatori bizantini. Il tentativo di Ottone III di realizzare una Renovatio Imperii – la restaurazione dell’impero romano – si arrestò con la morte dell’imperatore, avvenuta nel 1002; l’Italia meridionale restò ancora per pochi decenni frammentata, ma nel 1071 la caduta di Bari segnò la definitiva unificazione del sud Italia sotto la dinastia normanna degli Altavilla. Furono proprio i Normanni gli eredi delle tre culture – germanica, bizantina, araba – che si erano duramente scontrate durante il X secolo.



 

 

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