N. 59 - Novembre 2012
(XC)
ISTRUZIONE, FORMAZIONE, ORIENTAMENTO
Schizzinosi, ovvero disoccupati
di Giovanna D’Arbitrio
Bamboccioni,
sfigati…
e
ora
anche
schizzinosi
i
giovani
di
oggi?
In
verità
non
ci
sembra
giusto
fare
di
ogni
erba
un
fascio
bollando
un’intera
generazione
poco
fortunata,
costretta
a
vivere
in
una
costante
insicurezza,
con
la
prospettiva
di
un
futuro
nebuloso
dominato
da
Spread,
speculazioni
finanziarie,
sfrenato
free
trade,
delocalizzazioni,
ambiente
altamente
inquinato
che
causa
malattie
e
morte
fin
dall’infanzia.
Non
l’hanno
certo
voluto
loro
un
mondo
così!
Come
al
solito
manca
una
visione
più
ampia
che,
attraverso
un
processo
di
analisi
e
sintesi,
consideri
cause
ed
effetti
fino
ad
elaborare
poi
strategie
concrete
per
risolvere
i
problemi.
Analiziamo
quindi
le
“cause”
dalle
quali
scaturiscono
gli
“effetti”
attuali,
prendendo
in
esame
3
fasi
della
vita
dei
giovani
prima
che
essi
giungano
all’occupazione
(se
ci
arrivano!):
istruzione,
formazione,
orientamento.
Partendo
dall’istruzione,
risulta
chiaro
che
la
scuola
italiana
non
è
ancora
in
grado
di
fornire
una
preparazione
culturale
adeguata
ai
tempi
per
vari
motivi:
edifici
scolastici
fatiscenti,
aule
anguste
e
sovraffollate
dove
è
impossibile
attuare
la
cosiddetta
“didattica
individualizzata”,
soprattutto
su
alunni
più
deboli
e
meno
capaci
(svantaggiati,
portatori
di
handicap,
ragazzi
con
problemi
psichici
ecc.),
tagli
sul
personale
a
tutti
i
livelli
attraverso
fusioni,
mobilità,
flessibilità,
bassi
stipendi,
maggior
numero
di
ore
lavorative
con
consequenziale
incremento
di
precarietà,
disoccupazione
e
quant’altro.
Per
quanto
riguarda
formazione
e
orientamento,
la
scuola
oltre
ad
istruire,
dovrebbe
anche
educare
e
“formare”
i
giovani
affinché
siano
in
grado
poi
di
scegliere
l’indirizzo
di
studi
più
idoneo
ad
attitudini
e
capacità.
Cosa
avviene
invece
nella
realtà?
L’alunno
che
fin
dalla
scuola
dell’obbligo
dovrebbe
essere
aiutato
a
scoprire
le
sue
particolari
“attitudini”
in
quanto
“essere
umano
unico
ed
irripetibile”,
viene
inglobato
nella
massa
con
valutazioni
superficiali
(per
i
suddetti
motivi)
e
schedato
in
base
alle
cosiddette
“fasce
di
livello”,
divenute
ora
più
rigide
e
meno
veritiere
che
in
passato
con
i
Test
“Invalsi”.
Avviene
così
che
tanti
giovani
intraprendono
studi
in
cui
le
loro
attitudini
non
riescono
ad
emergere
pienamente
e
magari
continuano
a
sbagliare
anche
nella
scelta
della
facoltà
universitaria.
Una
volta
poi
giunti
a
diploma
o
laurea,
che
un
tempo
erano
sufficienti
per
inserirsi
nel
mondo
del
lavoro,
oggi
invece
sono
obbligati
a
frequentare
qualche
costoso”
master”
per
arricchire
il
proprio
curriculum
nella
speranza
di
poter
finalmente
accedere
ad
un
posto
decente.
Intanto
gli
anni
passano,
i
”bamboccioni”
restano
in
famiglia
per
ovvi
motivi,
poi
diventano
depressi
e si
considerano
“sfigati”
poiché
sono
disoccupati,
e
così
anche
i
diplomati
o
laureati
prendono
la
valigia
e
vanno
all’estero,
oppure
se
sono
più
legati
alla
propria
terra,
non
fanno
certo
gli
“schizzinosi”
e
accettano
anche
i
lavori
più
umili,
in
concorrenza
con
gli
immigrati.
Ricordo
che
anni
fa
frequentai
a
mie
spese
dei
corsi
sull’orientamento
scolastico,
sempre
desiderosa
di
offrire
qualcosa
in
più
ai
miei
alunni.
Cercai
di
portare
nuove
idee
anche
nella
scuola
in
cui
insegnavo
e
accettai
l’incarico
di
“funzione
obiettivo”
per
l’orientamento,
con
particolare
attenzione
verso
l’insuccesso
scolastico
di
alunni
in
difficoltà
per
vari
motivi:
i
risultati
furono
soddisfacenti
solo
nei
miei
corsi
dove
per
fortuna
ottenni
la
collaborazione
di
colleghi
e
genitori.
È
sempre
difficile
cambiare
qualcosa
e se
è
vero
che
“l’unione
fa
la
forza”
e
alla
fine
qualcosa
si
ottiene,
senz’altro
non
basta
la
buona
volontà
di
alcuni
docenti
a
modificare
le
condizioni
attuali.
Ci
vuole
ben
altro!
E
allora
perché
infierire
sui
giovani
invece
di
aiutarli?
Vorrei
concludere
con
il
pensiero
di
Socrate
sull’arte
della
“maieutica”
(levatrice),
arte
che
secondo
il
grande
filosofo
un
insegnante
dovrebbe
imitare
nel
tirar
fuori,
“far
venire
alla
luce”
liberamente
il
pensiero
degli
allievi
attraverso
il
dialogo,
stimolando
in
essi
un
modo
di
ragionare
autonomo
e
una
più
approfondita
conoscenza
di
se
stessi.