N. 47 - Novembre 2011
(LXXVIII)
E le istanze degli Indignados?
Giuste, a prescindere dai Black bloc
di Giuseppe Formisano
Ancora una volta i cosiddetti Black Bloc hanno fatto parlare di loro, sfasciando tutto ovviamente.
Ciò
su
cui,
a
mio
modestissimo
parere,
va
posta
l’attenzione
è la
distruzione
che
questi
uomini
in
nero
sono
riusciti
a
provocare
dalle
ore
successive
alla
guerriglia
romana
di
sabato
15
ottobre.
Hanno
distrutto
le
ragioni
dell’oceanica
folla
scesa
in
piazza
nella
capitale
per
gridare
il
loro
dissenso
all’impennante
“finanziarizzazione”
dell’economia
(ma
quel
che
è
peggio,
della
politica)
ormai
in
sella
dall’inizio
degli
anni
’70.
I
Media
hanno
dato
grande
risalto
ai
danni
milionari
causati
alla
città,
notizia
certamente
di
non
poco
conto,
ma
sarebbe
stato
più
opportuno
se
accanto
ai
dettagli
della
guerriglia
urbana
fossero
stati
riportati
ancora
una
volta
i
motivi
della
manifestazione.
Comportandosi
come
avvenuto,
gli
organi
d’informazione
hanno
fatto
(credo
in
buona
fede)
un
favore
a
chi
ha
agito
in
un
determinato
modo
in
piazza.
Giovani
e
meno
giovani,
ma
soprattutto
i
primi,
hanno
aderito
pacificamente
alla
manifestazione
italiana
degli
Indignados
perché
ormai
esasperati
dalle
politiche
neoliberiste
sempre
più
incalzanti
e
distruttive.
Quante
persone
oggi
in
Italia,
così
come
in
altri
paesi
del
mondo
che
una
volta
avremmo
definito
sviluppati,
vivono
in
uno
stato
di
semipovertà
facendo
i
conti
quotidianamente
con
tasse
sempre
più
salate
(in
cambio
di
servizi
- e
in
questo
l’Italia
primeggia
-
che
sarebbe
riduttivo
definire
carenti
e
mal
funzionanti),
affitti,
mutui,
alti
prezzi
della
benzina
e
degli
altri
prodotti
ormai
essenziali
per
un’esistenza
dignitosa,
insomma,
con
una
aumento
sproporzionale
del
costo
della
vita
rispetto
agli
esigui
stipendi?
Come
si
può
pretendere
di
sfilare
nei
cortei
sempre
pacificamente
e
mantenendo
la
calma
quando
i
governanti
sparano
dichiarazioni
e
leggi
scandalose
che
sono
schiaffi
alla
miseria,
al
merito
di
giovani
laureati
costretti
ad
emigrare
e
che
vedono
le
proprie
capacità
intellettive,
artistiche
e
creative,
calpestate
da
prostitute
e
raccomandati?
Tra
l’altro,
a
proposito
di
questi
ultimi
individui
ormai
caratteristici
della
decadente
società
italiana,
è
giusto
ricordare
che
un
membro
della
maggioranza
parlamentare,
tale
Giorgio
Straquadanio,
più
di
un
anno
fa
ammise
di
ritenere
giusto
dare
il
proprio
corpo
per
fare
carriera
politica.
Questa,
sempre
senza
generalizzare,
la
dice
lunga
sui
nostri
politici.
A
proposito,
invece,
del
menefreghismo
nei
confronti
di
chi
tutti
i
giorni
nelle
fabbriche,
nelle
scuole
o
nelle
università,
negli
uffici
o in
altri
luoghi
di
lavoro,
porta
avanti
il
paese,
il
governo
ha
ben
pensato
che
i
sacrifici,
come
ormai
si
ripete
da
settimane,
debbano
farli
sempre
i
soliti.
Il
quotidiano
economico
Italia
Oggi
del
19
ottobre
rivela
che
la
circolare
numero
150
dell’11
ottobre
2011,
diramata
dalla
direzione
centrale
dei
sistemi
informativi
e
dell’innovazione
del
Ministero
dell’economia,
riporta
che
chi
siede
al
governo
«ricopre
una
carica
politica
e
non
è
titolare
di
un
rapporto
di
lavoro
dipendente»,
e
dunque
per
tale
motivo
nella
prossima
mensilità
di
novembre
gli
sarà
rimborsato
quel
famoso
5%
prelevato
agli
stipendi
superiori
ai
90.000
euro
annui
così
come
previsto
dall’articolo
9,
comma
2
del
d.l.
n.78/2010.
Che
dire,
un
bell’esempio
di
rispetto
e
austerità.
Dinanzi
ad
un
fatto
del
genere
è
molto
difficile
resistere
a
non
protestare
in
maniera
più
incisiva,
rimanendo
nel
semplice
modo
di
esprimere
la
propria
indignazione
con
cortei,
urla
e
fischietto
in
bocca.
La
violenza
che
sorge
dalla
società
civile
è in
realtà
creata
dalla
classe,
anzi,
dalla
casta
politica.
Sia
chiaro:
non
ritengo
giusto
mettere
una
città
a
ferro
e
fuoco
distruggendo
auto
(magari
pagate
a
rate
e
con
sacrifici
da
un
lavoratore)
o
vetrine
di
un
negoziante
impegnato
più
di
dieci
ore
al
giorno
nella
propria
attività
commerciale.
Fosse
stata
l’automobile
di
un
“servo
dello
Stato”
arricchitosi
con
le
sue
poche
ore
di
presenza
in
Parlamento,
designato
(e
non
eletto)
in
Camera
o in
Senato
dal
partito
dopo
qualche
prestazione
sessuale
(Straquadanio
docet),
forse
sarebbe
stato
diverso.
Ma
la
questione
è
un’altra.
Chi
è
sceso
in
piazza,
sapeva
benissimo
che
qualsiasi
violazione
sarebbe
stata
un’occasione
d’oro
per
i
vari
cagnolini
fedeli
al
politico-padrone
per
delegittimare
il
movimento.
E’
da
credere
che
i
disturbatori,
i
violenti
del
corteo,
non
fossero
tutti
veri
Indignados.
Ogni
qual
volta
un
grande
movimento
protesta
contro
i
potenti
di
uno
Stato
o
del
pianeta,
caso
vuole
che
arrivano
gli
incappucciati
che
smontano
interi
quartieri,
per
poi
dileguarsi
misteriosamente
nello
scuro
del
loro
abbigliamento.
È
opportuno
fare
un’altra
precisazione.
Con
quanto
appena
scritto
non
si
vuole
giustificare
l’accaduto.
E’
certamente
comprensibile
ma
non
condivisibile.
Come
ha
scritto
Valentino
Parlato
su
il
Manifesto
del
giorno
dopo
i
fatti,
le
manifestazioni
di
violenza
«meglio
se
non
ci
fossero
state,
ma
nell’attuale
contesto,
con
gli
indici
di
disoccupazione
giovanile
ai
vertici
storici,
era
inevitabile
che
ci
fossero.
Aggiungerei:
è
bene,
istruttivo
che
ci
siano
stati.
Sono
segni
dell’urgenza
di
uscire
da
un
presente
che
è la
continuazione
di
un
passato
non
ripetibile».
In
queste
parole,
personalmente
condivisibili,
non
c’è
nessuna
apologia
alla
violenza
(come
qualcuno
ha
sostenuto),
si è
solo
costatato
che
nel
paese
c’è
un
fortissimo
disagio
che
può
diventare
pericoloso.
Disagio
che
può
essere
curato
cambiando
le
prospettive
politiche-economiche.
È
vero
che,
Blak
Bloch
o
no,
in
iniziative
del
genere
possa
esserci
qualcuno
più
propenso
e
incline
alla
violenza,
ma
ciò
non
deve
distrarre
dalle
cause
profonde
delle
contestazioni.
Gli
Indignados
hanno
colto
nel
segno:
hanno
compreso
che
il
cuore
del
problema
è la
crisi
globale
che
tutti
i
comuni
cittadini
stanno
pagando
e
soprattutto
i
giovani.
è
la
finanza
mondiale
che
ha
generato
questo
stato
di
cose.
Il
capitalismo
è il
cuore
e la
mente
dei
problemi
mondiali.
è
semplicistico
accusare
infiltrazioni
o
manipolazioni
per
giustificare
le
violenze,
ma
per
chi
conosce
minimamente
la
storia
dell’Italia
repubblicana
sa
che
pratiche
del
genere
sono
state
usate,
e
perciò
si
può
legittimamente
fiutare
ancora
l’utilizzo,
pur
senza
averne
la
certezza.
Alcuni
quotidiani
nei
giorni
e
nelle
settimane
successive
ai
fatti
hanno
anche
raccolto,
in
maniera
anonima,
delle
interviste
dei
membri
del
Blocco
nero.
Stando
a
quanto
detto
dagli
intervistati,
non
sono
degli
infiltrati,
anzi,
pare
che
siano
giovani
cosiddetti
antagonisti,
o
meglio,
ex
antagonisti,
che
hanno
contestato
il
pacifismo
della
maggior
parte
dei
manifestanti
e
anche
dei
giovani
dei
centri
sociali.
Comunque
i
Black
bloc,
e
chi
con
loro,
possono
star
tranquilli,
la
missione
è
stata
compiuta:
gli
Indignados
italiani,
almeno
per
ora,
sono
stati
delegittimati.
I
motivi
sociali,
anzi,
esistenziali,
dei
partecipanti
al
corteo,
sono
stati
cancellati
dalle
cronache
dei
notiziari.