N. 82 - Ottobre 2014
(CXIII)
SANTA SOFIA a istanbul
BASILICA, MOSCHEA E MUSEO - PARTE I
di Federica Campanelli
A
Istanbul
vi è
un
monumento
che
più
di
altri
racchiude
testimonianze
preziose
delle
epoche,
degli
uomini
e
delle
religioni
che
hanno
attraversato
la
città
turca:
si
tratta
di
Ayasofya,
nota
in
Italia
come
"basilica
di
Santa
Sofia",
oggi
sede
dell’omonimo
museo.
Il
complesso
attuale
è
anche
noto
come
"la
terza
chiesa",
in
quanto
ciò
che
noi
ammiriamo
oggi
è
essenzialmente
la
configurazione
voluta
da
Giustiniano
I
nel VI
secolo.
Tuttavia,
definire
Ayasofya
chiesa
o
museo
non
è
sufficiente
per
fissarne
l’identità.
Prima
di
divenire
uno
spazio
espositivo
(dal
1935),
essa
fu
infatti
sede
del
Patriarcato
Ecumenico,
chiesa
cattolica
e
anche
moschea.
Intitolata
alla
Divina
Sapienza,
la
prima
costruzione
dell’edificio
sacro
si
deve
a
Costantino
I,
in
occasione
del
trasferimento
della
capitale
dell’Impero
a
Bisanzio
(rinominata
Costantinopoli).
.
Santa
Sofia
in
una
stampa
di
fine
Ottocento
Alla
morte
dell’imperatore
(22
maggio
337)
l’opera
rimase
incompiuta,
e
bisognerà
attendere
il
360
(e
il
nuovo
imperatore
Costanzo
II)
perché
fosse
terminata
e
consacrata.
.
Area
interna
di
Santa
Sofia,
incisione
di
fine
Ottocento
(archivio
GBE)
Riguardo
questa
prima
struttura
(che
sorgeva
sul
sito
di
un
precedente
tempio
pagano
e
veniva
chiamata
Magna
Ecclesia)
ci
sono
giunte
poche
notizie,
ma
quel
che
sappiamo
è
che
nel
404
un
evento
catastrofico
investì
l’edificio,
distrutto
da
un
incendio
durante
una
rivolta
promossa
dal
patriarca
di
Costantinopoli
Giovanni
Crisostomo.
La
seconda
edificazione
avvenne
nel
415,
all’epoca
del
giovane
imperatore
Teodosio
II,
ma
la
"nuova" Ayasofya
fu
nuovamente
vittima
di
un
incendio,
appiccato
durante
la
rivolta
di
Nika
del
532
(sotto
il
potere
di
Giustiniano
I).
Dopo
l’incidente,
l’imperatore
promosse
quindi
la
costruzione
della
"terza"
basilica,
e in
pochissimo
tempo
riuscì
a
portare
a
termine
i
lavori:
la
cerimonia
di
consacrazione
avvenne
nel
dicembre
del
537,
a
soli
cinque
anni
dall’incendio
di Nika.
S’inaugurò
un
edificio
dalle
dimensioni
e
ricchezza
nettamente
superiori
alla
precedente,
e il
progetto
venne
affidato
agli
architetti
e
scienziati
greci
Isidoro
di
Mileto
e
Antemio
di
Tralle.
I
costi
furono
elevatissimi
(si
annoverano
circa
diecimila
operai),
e
gran
parte
dei
componenti
costruttivi
e
ornamentali
fu
modellato
ad
hoc.
Qualcosa
fu
però
recuperata
da
edifici
pagani
preesistenti
o
prelevato
da
province
straniere,
come
nel
caso
delle
otto
colonne
in
porfido
"prese
in
prestito"
dall’Egitto
(che
appaiono
differenti
l’una
dall’altra
sia
nelle
dimensioni
che
nell’altezza
dei
piedistalli).
Fu
così
realizzato
un
capolavoro
d’edilizia
che
stupì
i
contemporanei
e
fornì
i
dettami
per
la
realizzazione
di
altri
edifici
di
culto
in
tutte
le
aree
di
influenza
bizantina.
In
Ayasofya
tutti
gli
elementi
costruttivi
si
raccolgono
attorno
ad
un’area
di
circa
71 x
75
metri,
con
lo
spazio
interno
suddiviso
in
tre
navate
e
sormontato
da
un
sistema
a
tre
cupole,
di
cui
la
principale
è
una
delle
più
grandi
mai
realizzate
(oltre
30
metri
di
diametro).
La
fascia
sottostante
la
cupola
presenta
24
aperture
da
cui
filtra
la
luce
creando
un
suggestivo
cerchio
luminoso.
Un
altro
nome
con
cui
spesso
i
contemporanei
amavano
celebrare
Santa
Sofia
era
"la
chiesa
d’oro",
per
via
degli
effetti
luminosi
creati
dal
riflesso
dei
ricchi
mosaici
interni.
Le
decorazioni
bizantine
inaugurarono
l’utilizzo
di
tessere
vitree
che
inglobavano
delle
sottilissime
lamine
auree
o
d’argento,
ma
ciò
che
rende
possibile
lo
stupefacente
effetto
brillante,
oltre
che
la
superficie
riflettente
delle
tessere
stesse
per
via
dell’anima
metallica,
è la
loro
particolare
disposizione,
che
vede
tessere
inclinate
secondo
angoli
variabili
rispetto
alla
superficie
sottostante.
Le
poche
decorazioni
superstiti
risalenti
al
periodo
superstiti
sono
sufficienti
a
far
emergere
il
loro
carattere
aniconico,
e il
motivo
di
tale
scelta
da
parte
dell’Imperatore
va
ricercato
in
una
primordiale
forma
di
iconoclastia
o
sulla
scia
dell’ebraismo.
Va
però
anche
detto
che
la
ricostruzione
avvenne
in
breve
tempo,
cinque
anni
circa,
e in
tali
condizioni
la
realizzazione
di
ampie
campiture
aniconiche
è
senz’altro
da
preferire
alle
ricche
elaborazioni
figurative.
.
Santa
Sofia
oggi,
visione
frontale
Il
patrimonio
cultuale
di
Ayasofya
ha
subito
nei
secoli,
così
come
il
suo
"contenitore",
una
serie
di
spoliazioni,
contraffazioni
e
occultamenti,
come
nel
caso
del
movimento
iconoclasta
del VIII
secolo.
.
Particolare
del
catino
absidale,
mosaico
con
la
Madonna
con
bambino
Fu
per
l’esattezza
nel
726
che
l’Imperatore
Leone
III
l’Isaurico
promulgò
un
editto
che
favoriva
iniziative
di
rimozione
e
distruzione
di
tutte
le
rappresentazioni
religiose
presenti
nella
basilica.
E
così
i
mosaici
più
celebri
di
Santa
Sofia
sono
posteriori
a
questo
periodo,
e i
più
antichi
risalgono
al
IX
secolo.
Oggi
si
possono
apprezzare
grazie
a
lunghi
interventi
di
restauro
che
ne
hanno
liberato
le
superfici
da
densi
strati
di
intonaco
che
furono
stesi
durante
un
secondo
periodo
iconoclasta,
quello
islamico.
Nel
catino
absidale
è
presente
il
più
antico
dei
mosaici
realizzati
dopo
il
periodo
iconoclasta
del
VII
secolo.
L’iconografia
è
quella
di
una
Madonna
in
trono
col
Bambino;
l’opera
venne
inaugurata
il
29
marzo
867
dal
patriarca
Fozio
I,
in
presenza
dell’
imperatore
Basilio
I.
Si
pensa
che
la
decorazione
nasca
sulle
spoglie
di
una
più
antica
opera
distrutta,
e la
figura
della
Vergine
col
Bambino
è
stata
probabilmente
restaurata
nel
XIV
secolo.
Risale
invece
al
periodo
tra
il
IX e
X
secolo
il
mosaico
realizzato
per
il
timpano
della
porta
imperiale.
Questa
è la
centrale
delle
nove
aperture
presenti
sul
versante
occidentale
di
Ayasofya,
che
dal
nartece
conducono
al
luogo
di
culto.
Nell’opera,
l’imperatore
chinato
dinanzi
al
Cristo
Pantocratore
potrebbe
essere
la
rappresentazione
di
Leone
VI
il
Saggio
(al
trono
dal
886
al
912)
o di
suo
figlio
Costantino
VII
(imperatore
dal
913
al
959).
Alle
spalle
del
Cristo
due
medaglioni
incorniciano
l’Arcangelo
Gabriele
e la
Vergine.
Datata
944
è
poi
la
celebre
rappresentazione
della
Vergine
in
trono
con
il
Bambino
benedicente,
affiancata
dall’Imperatore
Costantino
I e
da
Giustiniano
I.
.
Mosaico
con
la
Vergine,
Costantino
e
Giustiniano
Costantino
è in
abiti
da
cerimonia,
nell’atto
di
offrire
alla
Vergine
un
modellino
della
città,
mentre
Giustiniano
tiene
in
mano
il
modello
della
basilica
della
Santa
Sapienza.
Due
medaglioni
ai
lati
della
Vergine
mostrano
i
monogrammi
MP e
ΘY,
abbreviazione
di
Metro
e Theou,
cioè Madre
e Dio.
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parte
II