[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

N° 152 / AGOSTO 2020 (CLXXXIII)


contemporanea

L’UNDICESIMA BATTAGLIA DELL’ISONZO

Impresa sulla bainsizza

di Andrea Checcucci

 

All’agosto del 1917, sul fronte isontino, si erano combattute ben dieci battaglie tra il Regio Esercito Italiano del Generale Luigi Cadorna e l’Esercito Imperiale Austroungarico del Generale Conrad von Hötzendorf, prima, e del Generale Arthur Arz von Straussenburg dal marzo 1917. La pianificazione e la conduzione di tali battaglie, da parte dello Stato Maggiore italiano, era a vantaggio delle operazioni offensive; infatti, le battaglie dell’Isonzo verranno ricordate come “Offensive dell’Isonzo”.

 

Da parte del Capo di Stato Maggiore del Regio Esercito Italiano, il concetto di operazione offensiva era riassunto da quello che lui stesso battezzò come “le spallate”, nello specifico, tali operazioni prevedevano, un fuoco di sbarramento delle artiglierie, come preparazione per il successivo attacco delle fanterie, le quali dovevano avanzare frontalmente, in massa, verso le postazioni e le trincee nemiche, ben difese, al fine conquistare le posizioni, dopo aver superato i reticolati. Le prime dieci battaglie condotte, secondo questo principio, costarono miglia di morti, feriti e dispersi, senza per altro ottenere alcun vantaggio territoriale.

 

La “Battaglia del Monte Ortigara” combattuta sul fronte trentino, nel giugno dello stesso anno, fu un fallimento che costò ventiquattromila militari italiani tra morti e feriti; l’unica rassicurazione che si ebbe da parte italiana fu la non presenza, in quel settore del fronte, di pericoli imminenti.

 

Sulla base di questo, Cadorna si dedicò, esclusivamente, alla pianificazione dell’Undicesima Battaglia dell’Isonzo, facendo convergere, su tale fronte, il più grande numero di uomini, mezzi e materiali mai sperimentato prima. Nello specifico, cinquantuno divisioni e cinquemila duecento pezzi di artiglieria, in pratica, i tre quarti delle truppe dell’Esercito Italiano.

 

Il fronte su cui combattere andava da Tolmino al Mare Adriatico. A nord dello schieramento era presente la II° Armata del Generale Capello, suddivisa in sei Corpi d’Armata; verso il mare la III° Armata del Duca d’Aosta schierata su quattro Corpi d’Armata; l’VIII° Corpo d’Armata italiano era destinato al collegamento delle operazioni tra le due Armate. In contrapposizione, la V° Armata austro-ungarica articolata su tre Corpi d’Armata.

 

Il campo di battaglia principale, la Bainsizza, è un altopiano arido e desolato tra il fiume Idra e il fiume Isonzo. Nell’agosto del 1917 era una zona fortificata dall’Esercito austro-ungarico a difesa di Tolmino e del Monte Hermada. In sede di pianificazione il Generale Cadorna optò per l’implementazione di una doppia manovra sul fiume Vipacco: a nord della Bainsizza verso Tarnova; a sud, sul Carso, dall’Altipiano di Comen per la conquista del Monte Hermada, in modo da favorire una manovra di accerchiamento delle truppe nemiche schierate nei pressi di Gorizia.

 

Il Generale Capello, Comandante della II° Armata, la grande Unità schierata più a nord, ritenne opportuno prevedere un allargamento del campo d’azione ancora più a nord, su Tolmino; in questo modo, aumentarono il numero delle operazioni da effettuare, da un numero di due a tre: una su Tolmino, una sulla Bainsizza e una sul Carso, attraverso un attacco frontale che spezzando le linee austriache avrebbe dovuto spingere il nemico verso Trieste.

 

Nella mattinata del 18 agosto 1917 iniziò l’offensiva sulla base del principio delle “spallate” di Cadorna; il terreno per le fanterie venne preparato da un nutrito fuoco di artiglieria; in serata, una volta che le retrovie nemiche furono invase dagli incendi, causati dal fuoco di artiglieria, le truppe italiane iniziarono il passaggio dell’Isonzo per mezzo dell’opera dei genieri che gettarono ponti e passerelle sul fiume, sotto il tiro delle batterie e mitragliatrici austriache, al fine di permettere, in questo modo, il passaggio del fiume da parte delle fanterie, ridotte, in fine, a servirsi della metà delle vie pianificate; le truppe del XXVII° Corpo d’Armata non riuscirono ad affluire come previsto, ma dovettero servirsi di ponti ubicati più a sud, ritardando, così, le operazioni sulle direttrici di attacco assegnate.

 

Nel frattempo, il IV° Corpo d’Armata ingaggiava battaglia a nord, sul Monte Rosso e sul Monte Mrzli, mentre il VI° Corpo d’Armata a sud sulle alture di Gorizia. Le truppe del XXVII° Corpo d’Armata, che erano riuscite a passare sulla sinistra dell’Isonzo, attaccarono le difese nemiche ad Auzza; il II° Corpo d’Armata, avendo avuto la meglio sulle difese austriache di Descla, avanzava a ovest in direzione di Plava e il XXIV° Corpo d’Armata lanciava le Brigate Bersaglieri all’assalto in direzione dei Monti Fratta, Sammer e Cucco, le quali ebbero la meglio sul nemico.

 

La LX° Divisione del XXIV° Corpo d’Armata rimase bloccata a causa delle difese nemiche a Canale; la mattina del 20 agosto, mentre le artiglierie italiane battevano Canale, il 12° Reggimento Bersaglieri vi convergeva costringendo i difensori a lasciare transitare la Divisione.

 

Nel frattempo, erano stati ripristinati i passaggi sull’Isonzo in modo da far completare il transito delle unità; le truppe, una volta passate, ingaggiarono il combattimento con il nemico. Il XXIV° Corpo d’Armata, dopo l’occupazione dei Monti Fratta e Semmer, ingaggiò le linee difensive nemiche attestate sulla Bainsizza.

 

Il 21 agosto, il XXIV° Corpo d’Armata, grazie ai rinforzi, riuscì a conquistare Auzza dirigendosi in direzione del Monte Veli. Per tamponare la manovra su Tolmino del Generale Capello, che aveva causato l’allargamento del fronte, e per far convergere su Lom di Tolmino il XXVII° Corpo d’Armata, venne inserito il XVII° Corpo d’Armata tra i due Corpi d’Armata (XXVII° e XXIVI°). Durante questa manovra il XXVII° Corpo d’Armata espugnò l’Osoinizza, il Monte Cucco e il Monte Uolchi.

 

Avanzava vittoriosamente anche il II° Corpo d’Armata, conquistando il Monte Santo; il 23 agosto gli ultimi capisaldi nemici, tra cui il Monte Cavallo, furono conquistati dalle truppe italiane; in mano italiana caddero centinaia di armi e diciannovemila prigionieri, di cui 540 Ufficiali. Dal 25 agosto iniziarono le operazioni di attestazione sulle nuove posizioni che risultarono difficili da mantenere, a causa della conformazione morfologica del terreno che rendeva ardua la vita delle truppe.

 

Il 29 agosto il Comando Supremo sospese l’offensiva. Anche la III° Armata, sul Carso, aveva iniziato, il 19 agosto, con un massiccio fuoco di artiglieria, anche grazie alle batterie della Regia Marina presenti nel Mar Adriatico; da parte nemica vi fu una resistenza maggiore rispetto alle altre offensive; i vantaggi conseguiti dai Corpi d’Armata VII°-XI°-XXV° non poterono essere mantenuti.

 

Verso il mare il XXII° Corpo d’Armata in direzione Sella delle Trincee e il XII° Corpo d’Armata in direzione San Giovanni riuscirono a garantire alcune vittorie. A Sud il XXII° Corpo d’Armata si spinse fino nel Vallone di Brestovizza occupando quota 50; il XIII° Corpo d’Armata conquistò quota 40 e avanzò oltre San Giovanni catturando un migliaio di prigionieri con le relative armi. Il 23 agosto il Comando Supremo sospese le azioni anche sul Carso.

 

Da ricollegare alle operazioni effettuate sull’Altipiano della Bainsizza sono, soprattutto, le attività effettuate a partire dal 4 settembre 1917, sempre dalla II° Armata contro le postazioni ubicate sulle alture a Nord-Est di Gorizia. Con l’Undicesima Battaglia dell’Isonzo c’era stato uno spostamento a oriente del fronte, attestandosi a ridosso della Valle di Chiapovano e con la conquista del Monte Santo.

 

Per completare l’opera iniziata il 18 agosto 1917, si doveva, a questo punto, conquistare baluardi come il Monte San Gabriele e il Monte San Daniele, tramite i quali il Regio Esercito Italiano avrebbe avuto la possibilità di far cadere il sistema difensivo austriaco da Gorizia al mare. Il 2 settembre, il Generale Capello incontrò presso il Comando d’Armata, a Cormons, il Tenente Colonnello Bassi, fondatore degli Arditi e lo incaricò di pianificare la presa del Monte San Gabriele.

 

Il Comandante degli Arditi si recò, nell’immediato, a effettuare una ricognizione a seguito della quale elaborò un concetto d’azione sviluppato in un Ordine di operazione, approvato dal Generale Capello e trasmesso ai Comandanti del II° e VI° Corpo d’Armata. La caduta del baluardo difensivo si sarebbe garantita attraverso la neutralizzazione simultanea dei tre capisaldi (Fortino di Dol-San Gabriele-Santa Caterina), i quali, una volta isolati, avrebbero creato un immediato blocco della manovra nemica.

 

Il modus operandi per l’azione iniziò nel medesimo modo, nello specifico, attraverso il tiro di artiglieria che investì il San Gabriele. Alle 05:45 del 4 settembre le tre Compagnie di Arditi entrarono in azione; la 2° Compagnia superata la prima linea, sul San Gabriele, eliminò le vedette incontrate per mezzo del pugnale, favorendo l’effetto sorpresa, in quanto continuando il tiro di artiglieria, il nemico si credeva di essere ancora nella fase preparatoria, trovandosi, però, a dover affrontare le truppe di assalto nell’impossibilità di difendersi.

 

Entro breve l’allarme fu lanciato, gli Arditi bloccarono le caverne con il lancio di bombe e i lanciafiamme costringendo il nemico alla resa; alle 06:30 il Monte San Gabriele era in mano degli Arditi. La 3° Compagnia assaltò il Fortino Dol annientando in un corpo a corpo il nemico.

 

Un Plotone della 4° Compagnia ingaggiò frontalmente le difese del Santa Caterina e il resto della Compagnia iniziò l’aggiramento del caposaldo. La 2° Compagnia discese il San Gabriele nell’assalto dell’ultimo sistema di trincee del San Daniele. L’azione, oltre a permettere la conquista dei capisaldi, fruttò 3.127 prigionieri, 55 mitragliatrici, 26 cannoni da trincea e numerosi lanciabombe.

 

L’Undicesima Battaglia dell’Isonzo è stata il più grande sforzo militare delle truppe italiane. Con questa offensiva il Comando Italiano ottenne i più importanti guadagni territoriali mai raggiunti dal 1914, facendo vacillare il dispositivo di difesa austriaco, rischiando, in questo modo, di riuscire a vincere, in modo definitivo, sul nemico.

 

Il Comando asburgico informò l’alleato tedesco di non essere più in grado di sostenere un’altra battaglia difensiva. La Germania, a questo punto, si mobilitò per intervenire in forza sul fronte isontino, gettando, così, le basi per la Disfatta di Caporetto a danno del Regio Esercito Italiano.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Gianni Baj-Macario e Anton von Pitreich, Prima di Caporetto. La decima e l’undicesima battaglia dell’Isonzo, 2007.

Gerardo Unia, L’undicesima battaglia. Sulle tracce di un soldato cuneese caduto sulla Bainsizza, 2013.

Giacomo Bollini, Paolo Gaspari e Paolo Pozzato, La Grande Guerra Italiana. Le dodici battaglie dell’Isonzo, le tre del Piave, le battaglie sul Grappa e sugli Altipiani, 2015.

Carteggio G.M. del Comando Supremo, Prima Guerra Mondiale di Alessandro Gionfrida, 2016.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]