contemporanea
L’UNDICESIMA
BATTAGLIA DELL’ISONZO
Impresa sulla bainsizza
di Andrea Checcucci
All’agosto del 1917, sul fronte
isontino, si erano combattute ben dieci
battaglie tra il Regio Esercito Italiano
del Generale Luigi Cadorna e l’Esercito
Imperiale Austroungarico del Generale
Conrad von Hötzendorf, prima, e del
Generale Arthur Arz von Straussenburg
dal marzo 1917. La pianificazione e la
conduzione di tali battaglie, da parte
dello Stato Maggiore italiano, era a
vantaggio delle operazioni offensive;
infatti, le battaglie dell’Isonzo
verranno ricordate come “Offensive
dell’Isonzo”.
Da parte del Capo di Stato Maggiore del
Regio Esercito Italiano, il concetto di
operazione offensiva era riassunto da
quello che lui stesso battezzò come “le
spallate”, nello specifico, tali
operazioni prevedevano, un fuoco di
sbarramento delle artiglierie, come
preparazione per il successivo attacco
delle fanterie, le quali dovevano
avanzare frontalmente, in massa, verso
le postazioni e le trincee nemiche, ben
difese, al fine conquistare le
posizioni, dopo aver superato i
reticolati. Le prime dieci battaglie
condotte, secondo questo principio,
costarono miglia di morti, feriti e
dispersi, senza per altro ottenere alcun
vantaggio territoriale.
La “Battaglia del Monte Ortigara”
combattuta sul fronte trentino, nel
giugno dello stesso anno, fu un
fallimento che costò ventiquattromila
militari italiani tra morti e feriti;
l’unica rassicurazione che si ebbe da
parte italiana fu la non presenza, in
quel settore del fronte, di pericoli
imminenti.
Sulla base di questo, Cadorna si dedicò,
esclusivamente, alla pianificazione
dell’Undicesima Battaglia dell’Isonzo,
facendo convergere, su tale fronte, il
più grande numero di uomini, mezzi e
materiali mai sperimentato prima. Nello
specifico, cinquantuno divisioni e
cinquemila duecento pezzi di
artiglieria, in pratica, i tre quarti
delle truppe dell’Esercito Italiano.
Il fronte su cui combattere andava da
Tolmino al Mare Adriatico. A nord dello
schieramento era presente la II° Armata
del Generale Capello, suddivisa in sei
Corpi d’Armata; verso il mare la III°
Armata del Duca d’Aosta schierata su
quattro Corpi d’Armata; l’VIII° Corpo
d’Armata italiano era destinato al
collegamento delle operazioni tra le due
Armate. In contrapposizione, la V°
Armata austro-ungarica articolata su tre
Corpi d’Armata.
Il campo di battaglia principale, la
Bainsizza, è un altopiano arido e
desolato tra il fiume Idra e il fiume
Isonzo. Nell’agosto del 1917 era una
zona fortificata dall’Esercito
austro-ungarico a difesa di Tolmino e
del Monte Hermada. In sede di
pianificazione il Generale Cadorna optò
per l’implementazione di una doppia
manovra sul fiume Vipacco: a nord della
Bainsizza verso Tarnova; a sud, sul
Carso, dall’Altipiano di Comen per la
conquista del Monte Hermada, in modo da
favorire una manovra di accerchiamento
delle truppe nemiche schierate nei
pressi di Gorizia.
Il Generale Capello, Comandante della II°
Armata, la grande Unità schierata più a
nord, ritenne opportuno prevedere un
allargamento del campo d’azione ancora
più a nord, su Tolmino; in questo modo,
aumentarono il numero delle operazioni
da effettuare, da un numero di due a
tre: una su Tolmino, una sulla Bainsizza
e una sul Carso, attraverso un attacco
frontale che spezzando le linee
austriache avrebbe dovuto spingere il
nemico verso Trieste.
Nella mattinata del 18 agosto 1917
iniziò l’offensiva sulla base del
principio delle “spallate” di Cadorna;
il terreno per le fanterie venne
preparato da un nutrito fuoco di
artiglieria; in serata, una volta che le
retrovie nemiche furono invase dagli
incendi, causati dal fuoco di
artiglieria, le truppe italiane
iniziarono il passaggio dell’Isonzo per
mezzo dell’opera dei genieri che
gettarono ponti e passerelle sul fiume,
sotto il tiro delle batterie e
mitragliatrici austriache, al fine di
permettere, in questo modo, il passaggio
del fiume da parte delle fanterie,
ridotte, in fine, a servirsi della metà
delle vie pianificate; le truppe del
XXVII° Corpo d’Armata non riuscirono ad
affluire come previsto, ma dovettero
servirsi di ponti ubicati più a sud,
ritardando, così, le operazioni sulle
direttrici di attacco assegnate.
Nel frattempo, il IV° Corpo d’Armata
ingaggiava battaglia a nord, sul Monte
Rosso e sul Monte Mrzli, mentre il VI°
Corpo d’Armata a sud sulle alture di
Gorizia. Le truppe del XXVII° Corpo
d’Armata, che erano riuscite a passare
sulla sinistra dell’Isonzo, attaccarono
le difese nemiche ad Auzza; il II° Corpo
d’Armata, avendo avuto la meglio sulle
difese austriache di Descla, avanzava a
ovest in direzione di Plava e il XXIV°
Corpo d’Armata lanciava le Brigate
Bersaglieri all’assalto in direzione dei
Monti Fratta, Sammer e Cucco, le quali
ebbero la meglio sul nemico.
La LX° Divisione del XXIV° Corpo
d’Armata rimase bloccata a causa delle
difese nemiche a Canale; la mattina del
20 agosto, mentre le artiglierie
italiane battevano Canale, il 12°
Reggimento Bersaglieri vi convergeva
costringendo i difensori a lasciare
transitare la Divisione.
Nel frattempo, erano stati ripristinati
i passaggi sull’Isonzo in modo da far
completare il transito delle unità; le
truppe, una volta passate, ingaggiarono
il combattimento con il nemico. Il XXIV°
Corpo d’Armata, dopo l’occupazione dei
Monti Fratta e Semmer, ingaggiò le linee
difensive nemiche attestate sulla
Bainsizza.
Il 21 agosto, il XXIV° Corpo d’Armata,
grazie ai rinforzi, riuscì a conquistare
Auzza dirigendosi in direzione del Monte
Veli. Per tamponare la manovra su
Tolmino del Generale Capello, che aveva
causato l’allargamento del fronte, e per
far convergere su Lom di Tolmino il
XXVII° Corpo d’Armata, venne inserito il
XVII° Corpo d’Armata tra i due Corpi
d’Armata (XXVII° e XXIVI°). Durante
questa manovra il XXVII° Corpo d’Armata
espugnò l’Osoinizza, il Monte Cucco e il
Monte Uolchi.
Avanzava vittoriosamente anche il II°
Corpo d’Armata, conquistando il Monte
Santo; il 23 agosto gli ultimi capisaldi
nemici, tra cui il Monte Cavallo, furono
conquistati dalle truppe italiane; in
mano italiana caddero centinaia di armi
e diciannovemila prigionieri, di cui 540
Ufficiali. Dal 25 agosto iniziarono le
operazioni di attestazione sulle nuove
posizioni che risultarono difficili da
mantenere, a causa della conformazione
morfologica del terreno che rendeva
ardua la vita delle truppe.
Il 29 agosto il Comando Supremo sospese
l’offensiva. Anche la III° Armata, sul
Carso, aveva iniziato, il 19 agosto, con
un massiccio fuoco di artiglieria, anche
grazie alle batterie della Regia Marina
presenti nel Mar Adriatico; da parte
nemica vi fu una resistenza maggiore
rispetto alle altre offensive; i
vantaggi conseguiti dai Corpi d’Armata
VII°-XI°-XXV° non poterono essere
mantenuti.
Verso il mare il XXII° Corpo d’Armata in
direzione Sella delle Trincee e il XII°
Corpo d’Armata in direzione San Giovanni
riuscirono a garantire alcune vittorie.
A Sud il XXII° Corpo d’Armata si spinse
fino nel Vallone di Brestovizza
occupando quota 50; il XIII° Corpo
d’Armata conquistò quota 40 e avanzò
oltre San Giovanni catturando un
migliaio di prigionieri con le relative
armi. Il 23 agosto il Comando Supremo
sospese le azioni anche sul Carso.
Da ricollegare alle operazioni
effettuate sull’Altipiano della
Bainsizza sono, soprattutto, le attività
effettuate a partire dal 4 settembre
1917, sempre dalla II° Armata contro le
postazioni ubicate sulle alture a
Nord-Est di Gorizia. Con l’Undicesima
Battaglia dell’Isonzo c’era stato uno
spostamento a oriente del fronte,
attestandosi a ridosso della Valle di
Chiapovano e con la conquista del Monte
Santo.
Per completare l’opera iniziata il 18
agosto 1917, si doveva, a questo punto,
conquistare baluardi come il Monte San
Gabriele e il Monte San Daniele, tramite
i quali il Regio Esercito Italiano
avrebbe avuto la possibilità di far
cadere il sistema difensivo austriaco da
Gorizia al mare. Il 2 settembre, il
Generale Capello incontrò presso il
Comando d’Armata, a Cormons, il Tenente
Colonnello Bassi, fondatore degli Arditi
e lo incaricò di pianificare la presa
del Monte San Gabriele.
Il Comandante degli Arditi si recò,
nell’immediato, a effettuare una
ricognizione a seguito della quale
elaborò un concetto d’azione sviluppato
in un Ordine di operazione, approvato
dal Generale Capello e trasmesso ai
Comandanti del II° e VI° Corpo d’Armata.
La caduta del baluardo difensivo si
sarebbe garantita attraverso la
neutralizzazione simultanea dei tre
capisaldi (Fortino di Dol-San
Gabriele-Santa Caterina), i quali, una
volta isolati, avrebbero creato un
immediato blocco della manovra nemica.
Il modus operandi per l’azione
iniziò nel medesimo modo, nello
specifico, attraverso il tiro di
artiglieria che investì il San Gabriele.
Alle 05:45 del 4 settembre le tre
Compagnie di Arditi entrarono in azione;
la 2° Compagnia superata la prima linea,
sul San Gabriele, eliminò le vedette
incontrate per mezzo del pugnale,
favorendo l’effetto sorpresa, in quanto
continuando il tiro di artiglieria, il
nemico si credeva di essere ancora nella
fase preparatoria, trovandosi, però, a
dover affrontare le truppe di assalto
nell’impossibilità di difendersi.
Entro breve l’allarme fu lanciato, gli
Arditi bloccarono le caverne con il
lancio di bombe e i lanciafiamme
costringendo il nemico alla resa; alle
06:30 il Monte San Gabriele era in mano
degli Arditi. La 3° Compagnia assaltò il
Fortino Dol annientando in un corpo a
corpo il nemico.
Un Plotone della 4° Compagnia ingaggiò
frontalmente le difese del Santa
Caterina e il resto della Compagnia
iniziò l’aggiramento del caposaldo. La
2° Compagnia discese il San Gabriele
nell’assalto dell’ultimo sistema di
trincee del San Daniele. L’azione, oltre
a permettere la conquista dei capisaldi,
fruttò 3.127 prigionieri, 55
mitragliatrici, 26 cannoni da trincea e
numerosi lanciabombe.
L’Undicesima Battaglia dell’Isonzo è
stata il più grande sforzo militare
delle truppe italiane. Con questa
offensiva il Comando Italiano ottenne i
più importanti guadagni territoriali mai
raggiunti dal 1914, facendo vacillare il
dispositivo di difesa austriaco,
rischiando, in questo modo, di riuscire
a vincere, in modo definitivo, sul
nemico.
Il Comando asburgico informò l’alleato
tedesco di non essere più in grado di
sostenere un’altra battaglia difensiva.
La Germania, a questo punto, si mobilitò
per intervenire in forza sul fronte
isontino, gettando, così, le basi per la
Disfatta di Caporetto a danno del Regio
Esercito Italiano.
Riferimenti bibliografici:
Gianni Baj-Macario e Anton von Pitreich,
Prima di Caporetto. La decima e
l’undicesima battaglia dell’Isonzo,
2007.
Gerardo Unia, L’undicesima battaglia.
Sulle tracce di un soldato cuneese
caduto sulla Bainsizza, 2013.
Giacomo Bollini, Paolo Gaspari e Paolo
Pozzato, La Grande Guerra Italiana.
Le dodici battaglie dell’Isonzo, le tre
del Piave, le battaglie sul Grappa e
sugli Altipiani, 2015.
Carteggio G.M. del Comando Supremo,
Prima Guerra Mondiale di Alessandro
Gionfrida, 2016. |