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N. 91 - Luglio 2015 (CXXII)

ISOLE EOLIE
STORIA DI UN ARCIPELAGO

di Federica Campanelli

 

L’arcipelago tirrenico delle Isole Eolie, situato a Nord-Est della Sicilia, comprende sette isole principali; da Est: Stromboli, Panarea, Vulcano, Lipari (la più estesa), Salina, Filicudi e Alicudi. Tale complesso, noto anche come Isole Lipari, afferisce alla provincia di Messina.

 

L’arcipelago, patrimonio UNESCO dal 2000, costituisce la parte emersa dell’arco vulcanico insulare detto eoliano, cioè una catena di isole vulcaniche originatasi da fenomeni di subduzione tra placca Africana ed Euroasiatica. L’arco eoliano comprende, oltre alle strutture emerse, alcuni edifici sottomarini: Lametini, Alcione, Glabro, Palinuro, Marsili, Glauco, Sisifo, Enarete, Prometeo ed Eolo.

 

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Vulcano vista da Lipari

 

La datazione a circa 1,3 milioni di anni fa dei basalti più antichi è relativa al vulcano Sisifo, e a questa data si fa dunque risalire l’origine dell’intero arcipelago.

 

Per quanto riguarda le isole maggiori emerse, il vulcanismo è ancora presente a Stromboli, Vulcano e Lipari; nella fattispecie, a Stromboli l’attività vulcanica si è dimostrata costante fino ai giorni nostri, a Vulcano l’ultima eruzione è stata attestata alla fine del XIX secolo, ma è ancora evidente l’intensa attività idrotermale (che insieme al paesaggio marittimo costituisce un’importante attrazione turistica), mentre a Lipari, dove l’ultima eruzione è avvenuta nell’VIII secolo d.C., il vulcanismo oggi si palesa solo attraverso emissioni fumaroliche.

 

A Salina, Filicudi e Alicudi (quest’ultime due tra le più antiche in termini di formazione) è invece cessata ogni attività endogena.

 

Particolare è il caso di Panarea, considerato inattivo fino a quando, nel novembre 2002, sono stati riscontrati, in seguito a un lieve sciame sismico, fenomeni di degassamento piuttosto importanti a largo delle coste orientali dell’isola, nei pressi degli isolotti di Bottaro e Lisca Nera.

 

Inizialmente questi fenomeni si verificarono in cinque punti diversi posti tra gli otto e i 30 metri di profondità, fino a ridursi, nel corso dei giorni, a sole tre zone attive degassanti. Questo il punto di partenza che ha condotto l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia ad approfondire la conoscenza delle attività riscontrabili nel complesso vulcanico di Panarea, che annovera anche le isole minori di Basiluzzo, Spinazzola, Dattilo, Lisca Bianca e le già citate Bottaro e Lisca Nera.

 

Per le più antiche civiltà, l’origine delle Eolie non poteva prescindere dal mito, ed è proprio dal mito che l’arcipelago attinse il nome. Fu Eolo, la divinità che custodisce e governa i venti, l’eponimo di queste terre. Egli, che aveva dimora a Eolia (Lipari), si diceva avesse la facoltà di prevedere il moto dei venti e dei mari osservando la morfologia dei fumi emessi dalla bocca dello Stromboli.

 

Altro eponimo è Liparo (da cui, appunto, Lipari e Isole Lipari), mitico re italico figlio di Ausone, che riparò nell’isola in seguito alla sua cacciata dall’Italia. Fu proprio con l’aiuto di Eolo, giunto cinquant’anni dopo, che Liparo poté far ritorno alla sua terra natale.

 

Leggenda a parte, era in uso tra i greci e i latini identificare gli abitanti dell’Italia meridionale (dal basso Lazio alla Calabria) con il termine Ausoni, il cui stanziamento nell’arcipelago diede vita alla cosiddetta Cultura Ausonia, sviluppatasi a partire dalla tarda Età del Bronzo, e che si mantenne fino al IX secolo a.C.

 

Nel libro X dell’Odissea il buon Omero narra dell’approdo di Odisseo all’isola natante di Eolo, e del dono che quest’ultimo offrì all’eroe acheo: un otre contenente tutti i venti sfavorevoli alla sua navigazione verso Itaca. Eolo lasciò libero il solo Zefiro, il vento di ponente. Il seguito della storia racconta della curiosità traditrice dei compagni di Odisseo, che aprendo l’otre per guardarvi dentro liberarono i venti sfavorevoli, obbligando gli achei a far ritorno alle Eolie, ma stavolta senza ricevere ulteriore aiuto.

 

Le Eolie furono talvolta dette dai Greci Isole Efestiadi, dal mito del dio del fuoco Efesto che qui, oltre che nelle fauci dell’Etna, aveva le sue fucine.

 

Storicamente, la presenza dell’uomo nelle Eolie è attestata sin dal tardo Neolitico; ciò sulla base dei frequenti rinvenimenti, avvenuti principalmente a Lipari, di manufatti in ossidiana, vetro vulcanico estremamente tagliente di cui l’isola vanta numerosi giacimenti. L’ossidiana è un vetro, ma per le prime civiltà eoliane doveva essere come oro: la sua estrazione ed esportazione in buona parte del Mediterraneo ha infatti rappresentato la principale fonte di ricchezza di questi popoli, garantendo loro prosperità e stabilità per molto tempo.

 

Da quel momento e fino alla colonizzazione degli Ausoni (XII-IX secolo a.C.), si susseguirono diverse culture, tra cui si menziona quella Milazzese, della media Età del Bronzo (XIV-XIII secolo a.C.) che trae il nome da un promontorio di Panarea, Punta Milazzese. Quest’epoca fu caratterizzata dalla produzione ceramica simile per stile alla siciliana Cultura di Thapsos, per cui si ritiene che i Siculi possano aver colonizzato le isole minori. Tutt’oggi, sul promontorio di Panarea, è possibile osservare il grande insediamento preistorico di cui sopravvivono solo 24 delle stimate 40 capanne presenti originariamente.

 

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Punta Milazzese, Panarea

 

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Villaggio preistorico

 

Tra VI e V secolo a.C., con l’approdo degli Cnidii a Lipari, ebbe inizio la fase greca dell’arcipelago. I coloni provenienti da Cnido, città costiera dell’attuale Turchia, in realtà giunsero alle Eolie solo dopo un fallimentare primo tentativo d’insediamento nell’area Sud occidentale della Sicilia. Il loro condottiero Pentathlos, l’ecista che avrebbe dovuto portare a termine l’impresa, perse infatti la vita nello scontro del 580 a.C. tra la greca Selinunte, appoggiata dagli Cnidii, e Segesta, città degli Elimi. Solo dopo la sconfitta i superstiti Cnidii si stanziarono a Lipari, dove i pochi abitanti che vi trovarono si mostrarono ben disponibili all’accoglienza (tanto più che incombeva su di loro la continua minaccia dei Tirreni).

 

La Lipari greca si dotò presto di un buon sistema fortificazione, ampliato nella prima metà del IV secolo a.C. per far fronte all’espansione urbanistica. Di questo rimane oggi visibile in contrada Diana una sezione muraria di circa 50 metri, comprendente alcuni filari di fondazione; molto del materiale di costruzione fu poi parzialmente riutilizzato in periodo normanno per elevare l’abbazia benedettina sul Castello di Lipari, la rocca naturale assurta ad acropoli.

 

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L'archeologo Paolo Orsi e la sua squadra

nella necropoli greco-romana di contrada Diana a Lipari

 

Al di fuori del centro abitato dell’acropoli si sviluppò, già dalla seconda metà del VI secolo a.C., una grande necropoli il cui uso sarà prolungato fino al II secolo d.C. La necropoli ellenistico-romana liparese, di cui sono state scavate fin’ora oltre 2500 sepolture, presenta alcune caratteristiche come il costante orientamento Nord-Sud delle tombe; il rito di sepoltura misto, cioè inumazione e cremazione, sia in periodo greco sia in quello romano (anche se nel primo caso sembra prevalere la pratica dell’inumazione); ricchissimi corredi funebri (confluiti al Museo Archeologico “Luigi Bernabò Brea” di Lipari) di cui son degne di nota le maschere teatrali datate al IV-III secolo a.C. e una cospicua presenza di manufatti ceramici di produzione locale.

 

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Maschera fittile della Commedia Nuova

 ritrovata nella necropoli di Lipari (III sec. a.C.),

ora al Museo Archeologico Luigi Bernabò Brea

 

Tra gli episodi storici più celebri dell’antichità classica eoliana vi è la cosiddetta battaglia delle Isole Lipari, svoltasi nel 260 a.C. nell’ambito della prima Guerra Punica. Il comandante della flotta romana Gneo Cornelio Scipione Asina, in rotta per Messina, decise di occupare Lipari e soggiogare il territorio eoliano allora alleato cartaginese, convinto della scarsa resistenza locale. Le cose andarono diversamente: il comandante punico Boode, inviato da Palermo, riuscì a bloccare nottetempo le 17 navi romane in uno scontro che coinvolse 20 triremi cartaginesi. Gneo Cornelio dovette arrendersi e tale vicenda gli valse il soprannome di “Asina”, dalla convinzione diffusa presso i Romani che gli asini fossero animali particolarmente intimoriti dall’acqua.

 

Terminata la prima guerra punica, il destino delle isole Eolie seguirà quello della Sicilia, entrando con essa a far parte della prima provincia della storia romana.



 

 

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