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N. 30 - Giugno 2010 (LXI)

Isacco Angelo, l’imperatore del popolo di Costantinopoli

La fine dei Comeneni
di Christian Vannozzi

 

Dopo la morte di Manuele Comneno, salì sul trono suo figlio dodicenne Alessio II. Alessio era, secondo la descrizione dello storico Niceta Coniata, un ragazzo prestante. Somigliava moltissimo al padre ed aveva una spiccata tendenza all'attività fisica, anche se secondo lo storico greco il giovane imperatore era inadeguato ai doveri che lo attendevano.

 
Al di là di tutto, Alessio, che solo al compimento del sedicesimo anno avrebbe potuto gestire il potere, venne letteralmente annullato dal Consiglio di reggenza, dominato dall'imperatrice madre, Maria d'Antiochia, e dal suo favorito, il protosebastos Alessio Comneno, nipote di Manuele.

 

La reggente Maria era odiata dal popolo perché occidentale. Sotto il suo regno fu accentuata la politica di avvicinamento all’Occidente sia nei rapporti politici che sociali. A questo Latinizzarsi il cittadino bizantino attribuiva il rapido deterioramento della situazione interna ed internazionale dell’impero.

 

L’opposizione all’occidentalizzazione dell’impero fu incarnata nella figura di Andronico Comneno, cugino di Manuele che allora risiedeva come governatore del Ponto.

 

Andronico si presentò come salvatore e protettore del giovane Alessio II. Tutti i suoi avversari furono accusati di tradimento nei confronti dello Stato e dell’imperatore legittimo e vennero condannati a morte. Salì sul patibolo anche l’imperatrice madre Maria, la cui condanna a morte venne fatta firmare dallo stesso Alessio.

 

Dopo questo Andronico accettò dalla corte e dal clero la porpora nel 1182, anno in cui divenne co-imperatore del giovane suo pupillo. Ma due mesi dopo il giovane Alessio fu fatto strangolare dagli aiutanti di Andronico.

 

Le crudeltà di Andronico e l’esasperazione della folla e dell’aristocrazia di Bisanzio viene ben narrata nella cronaca di Roberto di Clari, che puntualizza la sua attenzione sulle atrocità e la meschinità di Andronico in contrapposizione alla saggezza dell’imperatore Manuele e di Isacco Angelo, che con l’aiuto di Dio e del popolo di Costantinopoli riesce a sconfiggere il crudele avversario che fa la terribile fine sopra ricordata:

 

… Quando ebbe compiute tutte queste vigliaccherie, domandò ad un suo maestro baillivo, che lo aveva aiutato a compiere tutti questi crimini, se era rimasto ancora qualcuno che non lo volesse come imperatore. E questi gli rispose che egli non conosceva alcuno, eccetto tre giovani che si diceva fossero in città, che appartenevano alla famiglia detta dell’Angelo...

Quando l’imperatore Andronico conobbe la posizione di quei tre giovinetti di quella famiglia, comandò a quel suo baillivo, che era malvagio e traditore tanto quanto lui, che andasse a prenderli e li impiccasse o li facesse morire di qualche altra morte crudele. Il baillivo se ne andò per far prigionieri quei tre fratelli, ma non riuscì a catturarne che uno e gli altri due riuscirono a fuggire. A quello che fu preso fece strappare gli occhi, e dopo entrò in un monastero. Gli altri due fuggirono; uno si rifugiò in una terra chiamata Valacchia, e questo aveva nome Isacco; l’altro si rifugiò ad Antiochia e fu preso prigioniero dai Saraceni durante una cavalcata compiuta dai Cristiani. Quello che era fuggito in Valacchia era tanto povero che non sapeva come vivere, così se ne tornò indietro a Costantinopoli… Quando giunse là, si mise a chiamare sulla soglia e la buona donna venne avanti e fu molto stupita che la venisse a cercare, finchè non le ordinò che facesse uscire colui che era nascosto nella sua cosa.

La buona donna in risposta disse: << Ah! Signore, pietà in nome di Dio! Non c’è alcun uomo nascosto qui dentro! >>. E quello le domandò una seconda volta di farlo uscire perché, se non l’avesse fatto, egli li avrebbe fatto buttare in prigione tutti e due. Quando la buona donna udì ciò, provò un gran terrore di quel satanasso che già aveva compiuto tanti misfatti, così rientrò in casa, andò dal giovane e gli disse: << Ah! Bel signore Isacco, voi siete un uomo morto! C’è il baillivo dell’Imperatore, con un gran seguito, che è venuto a cercarvi per annientarvi e uccidervi! >>. Il giovane fu atterrito non appena udì questa notizia; nondimeno venne fuori perché egli non poteva in alcun modo evitare di presentarsi al baillivo. Egli non fece altro che prendere la sua spada e nasconderla sotto il farsetto e presentarsi al baillivo dicendo: << Signore, cosa volete? >>.

E quello odiosamente gli ripose e disse: << Ribaldo puzzolente, ora ti impiccheremo! >>. Così Isacco capì che non poteva far altro che seguirli, anche se controvoglia e molto volentieri si sarebbe vendicato di qualcuno di loro; così cercò di avvicinarsi il piu possibile a quel baillivo, sguainò la spada e colpì il baillivo in mezzo alla testa e trasse un gran fendente fino ai denti.

Quando i soldati e gli uomini, che erano con il baillivo, videro che il giovane aveva ucciso il baillivo, presero la fuga. Quando il giovane vide che fuggirono, saltò sul cavallo del baillivo che aveva ucciso, lo montò tenendo in mano la spada che era ancora tutta sporca di sangue, e non fece altro che dirigersi verso la chiesa di Santa Sofia. Mentre si allontanava, chiese grazia alla gente che era scesa nelle strade, ancora sbalordita per il tumulto che aveva udito e così parlò il giovane: << Signori, grazia in nome di Dio, non uccidetemi perché io ho ucciso il satanasso e l’assassino che tante offese ha arrecato agli abitanti di questa città e ad altri>>.

Quando giunse alla chiesa di Santa Sofia, salì sull’altare ed abbracciò la croce perché voleva salvarsi la vita.

 

Il baillivo di cui si parla era il più fedele uomo di corte di Andronico. Si tratta infatti di Stefano Agiocristoforita. Costui aveva partecipato all’assassinio del giovane imperatore Alessio ed era ben presto divenuto il più famoso rappresentante della corte dell’imperatore per la sua crudeltà. Dopo l’assassinio di Alessio II, egli si era distinto nella propaganda verso il senato e la plebe di Costantinopoli in favore dell’incoronazione imperiale di Andronico. Questi, divenuto imperatore, gli diede tutta la sua fiducia e lo nominò logoteta con il titolo di sebastos.

 

La caduta dell’imperatore Andronico descritta dal cavaliere piccardo aderisce sorprendentemente ai fatti storici. Il Clari si dimostra infatti ben informato sull’episodio. Dopo l’uccisione di Stefano Agiocristoforita, Isacco, temendo le conseguenze del suo atto, si rifugiò nella chiesa di Santa Sofia, ove rimase tutta la notte, finchè nella mattinata del 12 settembre il popolo iniziò a richiedere la deposizione di Andronico e l’incoronazione di Isacco.

 

La cronaca infatti prosegue:

 

… grida e chiacchiere si sparsero per tutta la città e si diffuse a monte ed a valle la notizia che Isacco aveva ucciso quel mascalzone e quell’assassino…Dopo che si furono tutti riuniti, incominciarono a dirsi l’un l’altro: << Costui è davvero valoroso ed ardito per aver compiuto una tale impresa con tanto coraggio >>. Infine i Greci incominciarono a dirsi: << Facciamo una bella cosa! Facciamo imperatore questo giovane! >>. E tutti insieme furono d’accordo. Mandarono a cercare il Patriarca che era lì vicino nel suo palazzo perché venisse ad incoronare il nuovo imperatore che essi avevano scelto… Quando Isacco fu incoronato, la notizia si diffuse ovunque a monte ed a valle, ed Andronico lo venne a sapere…Appena giunse alla chiesa, entrò subito nella galleria sotto la volta, e vide colui che era stato incoronato. Non appena lo vide, ne fu molto incollerito e domandò al suo seguito se qualcuno avesse un arco, lo tese con il proposito di colpire in mezzo al cuore Isacco che era stato incoronato. Ma come lo tese, la corda si spezzò ed egli ne rimase atterrito e si sentì perduto. Se ne tornò indietro al palazzo ed ordinò alla sua gente che andasse a chiudere le porte del palazzo, ed essi così fecero. Frattanto egli lasciò il palazzo da una porticina segreta, si allontanò dalla città, salì su una galea con alcuni dei suoi uomini; si mise in mare perché non voleva che gli abitanti della città lo catturassero.

 

La cronaca del Clari per quanto riguarda la fuga di Andronico è in parte romanzata.

 

L’imperatore, dopo aver perso ogni speranza di eliminare Isacco, vestito con abiti barbarici salì su una galea imperiale insieme alla moglie Agnese e alla sua concubina preferita e si diresse verso la Russia.

 

Allora gli abitanti della città andarono al palazzo e portarono con sé il nuovo Imperatore…

L’Imperatore molto si rallegrò del grande onore che Dio gli aveva concesso e così disse alla sua gente: << Signori, ora vedete il vero miracolo del grande onore che Dio mi ha concesso: infatti proprio nello stesso giorno in cui dovevo essere preso e fatto morire, in quel giorno stesso io sono incoronato imperatore…>>.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

R. Di Clari, La Conquista di Costantinopoli, cur. A.M. Nada Petrone, Genova 1972.

M. Gallina, Bisanzio, storia di un impero, Roma 2008.

G. Ostrogorsky, Storia dell'impero bizantino, trad. P. Leone, Torino 1993.

A. Zorzi, La Repubblica del Leone, Milano 2005.



 

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