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N. 31 - Dicembre 2007

ESISTE UNA LETTURA CRISTIANA DI DOSTOJEVSKIJ?

Ne discutiamo con Irina Konstantinova

di Leila Tavi

 

Irina Konstantinova ha tradotto e fatto conoscere in Russia molte belle pagine di letteratura italiana come Mastro don Gesualdo di Giovanni Verga, La madre di Grazia Deledda, Per voce sola di Susanna Tamaro e ben diciotto opere di Gianni Rodari.

 

Dal 1982 Irina è membro dell’Unione di letterati, giornalisti e traduttori di Russia; dal 1961 al 1974 ha lavorato alla televisione di Leningrado, in una redazione per la divulgazione scientifica e in alcuni programmi musicali, successivamente, dal 1974 al 1983, ha lavorato come pubblicista per il quotidiano Vecherniy Leningrad, il secondo giornale per importanza della città.

 

Da più di quarantacinque anni traduce romanzi e saggi dall’italiano al russo e, ultimamente, ha scelto di dedicarsi prevalentemente alla traduzione di giovani scrittori italiani emergenti, primo tra tutti Enrico Remmert, di cui Irina ha tradotto lLa ballata delle canaglie.

 

Oggi con lei vogliamo però parlare di uno dei più grandi scrittori russi di tutti i tempi Fëdor Michajlovič Dostoevskij (Фёдор Михайлович Достоевский) e, in particolar modo, se è possibile leggere le sue opere in chiave religiosa e se veramente esiste in Dostoevskij il dissidio fede-dubbio...

 

Irina, si può considerare Dostoevskij come un “profeta” del vero cristianesimo?

 

Per me Dostoevskij non è mai stato un “profeta” del vero cristianesimo, ma un ottimo conoscitore dello spirito umano, dell'anima umana, dei caratteri, della psicologia.

 

Cristo rappresentava per Dostoevskij la santità intesa come superamento che tende al raggiungimento di qualcosa che mai sarà raggiungibile. Come dice Florenskij è la “porta regale” che si trova dietro a ogni icona cristiana, ma allo stesso tempo la condanna dell’icona stessa. Cristo è il volto di Sonia in Delitto e castigo. La Chiesa è la sua controparte, quello che viene rappresentato nell’icona, il non senso del mondo, l’assurdità dell’esterno, della forma, della ritualità, della vuotezza dei gesti, della cerimonia in cui il Cristo diventa il senso che può salvare dal non senso solo se diventa, egli stesso, figura grottesca dell’assurdo.

 

Questo lo riconoscevano anche i miei amici italiani, loro dicevano che il cristianesimo della Chiesa è diventato debolissimo nel senso della fede ma non nel senso della direzione della chiesa, lo stato del Vaticano rimane come sempre fortissimo istituto, incrollabile organizzazione!

 

Tale forma, tale rappresentazione del senso che si fa non senso, è una demonizzazione dell’abbandono che scaturisce dalla percezione dell’infinito che si perde e si materializza nella consapevolezza che tale infinito è compresso in se stessi e che ogni essere umano non può essere redento o redimibile.

 

Cosa vuol dire concretamente la salvezza della singola anima umana? Una persona credente forse ne sa la risposta. Io – no, tu - no. E poi dimmi come un aspetto o gradino del cristianesimo può voler guidare la vita attiva dell'uomo?

 

Non lo può fare naturalmente, o forse solo attraverso la netta contrapposizione dell’io all’altro, del subordinamento all’altro, del rifiuto dell’altro che porta al senso di colpa, alla costruzione del concetto di male, alla catartica espiazione del peccato. Questo è l’universalismo della Chiesa cristiana per me.

 

Ed è la conferma che i vescovi, i parroci, i santi padri della Chiesa e quelle persone che sono tra i più assidui credenti sono egoisti, sono guidati da un loro interesse privato dalla rivalità e dalla lotta. I cardinali del Vaticano hanno tutti gli stessi peccati che un semplice muratore, una più modesta insegnante o un mafioso. Siamo tutti i mortali uguali e la Chiesa non cambia nessuno di noi.

 

Allora Cristo cosa rappresenta per Dostoevskij? Qualcosa di diverso dalla contrapposizione vero-falso? Come fa qualcosa di infinito a mettersi in relazione al finito?

 

In realtà, come ci ha insegnato ancora il geniale Karl Marx, la vita della gente dipende dalla base sociale, cioè dall'economia, dal lavoro che dà la possibilità di non morire di fame ecc.  Anche quei degenerati che preparano diverse disgrazie sulle ferrovie, negli aerei, sulle strade, dappertutto, insomma quei “terroristi” lo fanno non perché vogliono appoggiare un'idea (non importa bella o brutta) ma perché sono pagati, e il denaro serve loro per vivere e andare avanti. E coloro che pagano loro, a loro volta, hanno interessi ben terrestri e non idealistici!

 

E’ possibile per te Irina trovare la redimibilità del male in Dostoevskij?

 

Dostoevskij nelle sue opere era soltanto uno scrittore geniale che seppe descrivere i movimenti dell'anima umana e mai fu un sacerdote che pronunciava un discorso parrocchiale.

 

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