_

.

> Home                                                      > Chi siamo                                                      > Contattaci

 

Percorsi

.

.

Cultura politica società

.

Diritti umani e civili

.

Filosofia e religione

.

Storia e ambiente

.

.

.

 

Periodi della storia

.

.

Storia Contemporanea

.

Storia Moderna

.

Storia Medievale

.

Storia Antica

.

.

.

 

Rubriche

.

.

Falsi storici

.

Storia dello Sport

.

Turismo storico

.

Stampa estera

.

.

.

 

Numeri arretrati

 

 

.

> Cultura politica società

.

N. 21 - Febbraio 2007

GLI IRANIANI CHE VANNO CONTROCCORRENTE

L'altra faccia dello stato "canaglia"

di Leila Tavi

 

Nonostante l’opinione pubblica europea consideri l’Iran un paese di fondamentalisti islamici, arretrato e potenzialmente pericoloso, l’Iran è in realtà un paese civilizzato, un paese con un alto tasso di accademici e di diplomati.

 

Ben l’80% della popolazione scolastica iraniana conclude la sua carriera conseguendo il diploma di maturità.

 

Nella capitale Teheran è possibile addirittura colloquiare in inglese o in francese di letteratura e di filosofia con i conducenti di taxi, perché più della metà dei conducenti di taxi sono laureati.

 

Le donne ricoprono in Iran posti di prestigio non solo nel mondo accademico, ma anche nelle imprese e nella pubblica amministrazione, dalle riforme iniziate nel 1997 dal moderato Mohammed Khatami, nel tentativo di trasformare l’Iran in una repubblica democratica e legittimata dal volere del popolo.

 

Da quel momento in poi non suscita più scalpore vedere una donna al volante di un camion.

 

Una recente inchiesta ha reso noto che il 20% dei senzatetto in Iran ha conseguito un diploma di laurea, il 7% ha addirittura un dottorato o altro diploma post laurea e il 30% è diplomato.

 

Secondo uno studio delle Nazioni Unite del 2006 il grado di scolarità degli Iraniani è uno dei più alti al mondo.

 

Queste sono le premesse per poter portare avanti una tesi che ha come unico scopo quello di analizzare l’altra faccia del popolo iraniano, poco pubblicizzata negli ultimi mesi dai media europei.

 

Le Iraniane e gli Iraniani non amano l’immagine che di loro fa la stampa estera e, soprattutto, non amano essere identificati con i metodi radicali che il presidente Mahmoud Ahmadi-Nejad utilizza in politica estera.

 

L’Iran non è stato affrancato dall’appellativo di paese canaglia neanche durante gli anni delle riforme.

 

Le ultime dichiarazioni di George W. Bush hanno rassicurato gli Statunitensi che la crisi iraniana sarà risolta solo attraverso la diplomazia; il Congresso e gli opinionisti negli USA accusano, invece, il presidente di preparare un attacco a sorpresa all’Iran; una nuova guerra che dovrebbe riscattare Bush dal fallimento della guerra in Iraq.

 

Gli Iraniani, a un anno dalle elezioni presidenziali che hanno sancito la vittoria di Gli Iraniani, a un anno dalle elezioni presidenziali che hanno sancito la vittoria di Ahmadi-Nejad, non hanno fiducia né nel loro presidente, un demagogo calcolatore e meno impulsivo di quanto voglia apparire, né nell’Occidente, che si professa, come in passato, liberatore dei popoli oppressi, ma che vuole soltanto tutelare i proprio interessi a scapito di Teheran.

 

E’ un errore considerare i cambiamenti avvenuti ultimamente nella società iraniana come frutto di un processo di radicalizzazione irreversibile. Esiste in Iran un essere islamico di comodo, un modo di vivere la religione che tiene conto della sfera pubblica e di quella privata.

 

In pubblico tutto è proibito e tutto è dovuto; tra le pareti domestiche quasi tutto è tollerato.

 

 Gli esperti utilizzano un’espressione per definire coloro che sostengono finanziariamente il clero attraverso l’elemosina istituzionalizzata: il “bazaari”.

 

Il bazar rimane il cuore della città iraniana, nonostante gli anonimi moderni centri commerciali climatizzati.

 

Il mercato è il luogo dove fare affari, dove bisogna andare vestito all’islamica, dove l’hejab va rispettato e non bisogna dare nell’occhio.

 

E’ facile immaginarlo come il luogo della cospirazione, della minaccia all’Occidente; l’unico luogo pubblico, a parte la moschea, dove poter socializzare.

 

Un vero e proprio consenso all’attuale establishment iraniano attraverso il voto non c’è stato, perché l’affluenza alle urne in occasione delle ultime presidenziali è stata bassa.

 

Solo la reazione internazionale al nuovo presidente, quella mistura di diffidenza e interessi economici, che gli Iraniani sono soliti definire complotto internazionale dai tempi della destituzione di Mohammed Mossadegh, ha compattato ancora una volta la nazione intera intorno al governo.

 

L’attuale regime iraniano è un regime populista, che a parole promette di favorire i diseredati, i nuovi poveri di Teheran, ma l’introduzione dello stato sociale è solo un pretesto per attirare il consenso popolare, a fronte di promesse che non potranno essere mai mantenute.

 

L’Iran è un gigante dai piedi di argilla e, nonostante quello che l’opinione pubblica possa pensare, la bomba atomica, se mai verrà costruita, servirà ad avere forza negoziale con l’Occidente e non certo a far scomparire Israele dalla carta geografica.

 

L’Occidente è consapevole del fatto che il nucleare ha per l’Iran solo forza negoziale, in un’area in cui già altri possiedono armi di distruzione di massa.

 

Il nucleare a scopi civili si colloca, poi, nel quadro della crisi petrolifera internazionale; l’Iran è sì un paese esportatore di greggio, ma un importatore di petrolio raffinato.

 

Oggi un litro di benzina costa a Teheran 800 rial, circa 7 dei nostri centesimi; se il governo fosse costretto ad alzare i prezzi della benzina a causa dell’embargo, probabilmente si farebbe la rivoluzione.

 

Con la minaccia delle sanzioni il governo sarà costretto a riconsiderare le priorità nazionali ed a evitare con ogni mezzo i disordini sociali.

 

Ahmadi-Nejad parla all’Occidente, Ali Khamenei guida il paese; entrambi cercheranno di scongiurare i conflitti sociali, che potrebbero indebolire la già fragile stabilità del paese.

L’attuale presidente è in linea con Khamenei; all’opposizione troviamo Akbar Hashemi Rafsanjani, presidente dal 1989 al 1997, un pragmatico che avrebbe fatto comodo adesso all’Occidente.

 

La Guida spirituale controlla i servizi segreti, la stampa, la televisione.

 

Dalla rivoluzione del 1979 e dopo l’immediata guerra voluta l’Iraq del 1980-1988 il paese è stato per lungo tempo sotto il controllo dei pasdaran, le milizie fedeli al Grand ayatollah, affiancate dai basiji in borghese, autori delle più feroci repressioni nei confronti dei dissidenti e dei movimenti di protesta studenteschi.

 

Non era possibile festeggiare o ascoltare musica; i figli dei martiri della guerra appartenevano a una categoria di privilegiati.

 

Nell’immaginario collettivo al chador tradizionale delle tribù nomadi fu sostituito quello di colore nero, in segno di lutto per le vittime della guerra.

 

Le donne iraniane sono passate dall’emancipazione forzata sotto lo Shah alla reinterpretazione delle tradizioni islamiche; lo scotto da pagare è stata la mortificazione del corpo e dell’anima durante il lungo periodo del “lutto di guerra”.

 

E’ sul corpo della donna che si sono visti in quegli anni i cambiamenti sociali.

 

Prima costretta a togliere l’hejab e a indossare la minigonna sotto lo Shah per imitare l’emancipazione delle donne occidentali del dopoguerra; ha sacrificato il suo corpo e le sue ambizioni per la causa nazionale, per una rivoluzione che ha riportato in vita precetti del VII secolo d.C.

 

L’Iran ha mostrato le sue donne completamente coperte di nero per dimostrare all’Occidente che le vedove e le figlie piangevano i loro caduti.

 

Durante il “periodo del terrore” la Savak, la polizia segreta creata dalla CIA ai tempi dello Shah, si è trasformata in Savama, controllata dai mūllah.

 

I pasdaran sono diventati il braccio di ferro del regime teocratico; una milizia abituata a fare abusi di potere e irruzione nelle case.

 

Se l’Iran tornerà a fare un passo indietro nel processo di democratizzazione delle istituzioni, dopo l’apertura degli ultimi anni con Khatami, dipende anche da come l’Occidente gestirà l’attuale crisi del nucleare.

 

A Teheran la minaccia delle sanzioni viene vista come un potenziale fattore di destabilizzazione sociale, che potrebbe scatenare conflitti interni.

 

Dalla parte dell’Iran la Russia, a bilanciare la chiara inversione di rotta della Germania, a capo del fronte europeo a favore delle sanzioni.

 

L’Italia è nella scomoda posizione di doversi allineare agli altri stati dell’Unione europea.

 

Dal temporeggiamento durato mesi con la trojka europea, incaricata di monitorare il progetto nucleare, si sta passando a un vero e proprio braccio di ferro in cui l’Iran vuole dimostrare all’Occidente che è quest’ultimo ad avere bisogno dell’Iran e non il contrario.

 

Gli USA non hanno le risorse per organizzare un possibile attacco, con un conflitto ancora aperto in Afghanistan e in Iraq; per l’Iran la minaccia è rappresentata piuttosto da Israele.

 

In questa prospettiva il nucleare ha un appeal di strumento di negoziazione con il nemico di sempre.

 

Nel nuovo scenario internazionale del bipolarismo relativo, della contrapposizione tra nord e sud del mondo, delle nuove potenze emergenti, l’Iran fa il suo gioco, perché con i nuovi equilibri internazionali, se ci sarà la possibilità di scegliere i paesi musulmani sceglieranno di allearsi insieme e cercheranno un capo, una guida che dovrà essere un capo arabo.

 

L’Iran si sta candidando a quel ruolo di capo.

 

Giovedì prossimo in Iran inizieranno le celebrazioni per la rivoluzione islamica del 1979; i festeggiamenti dureranno dieci giorni e termineranno l’11 febbraio con un discorso del presidente Ahmadi-Nejad, in cui verranno resi noti alla nazione i progressi fatti nel programma nucleare.

 

Alla fine di febbraio l’ONU ha dichiarato di voler adottare misure più severe rispetto a quelle previste dalla risoluzione 1737, se l’Iran non interromperà il processo di arricchimento d’uranio.

 

In questo impasse diplomatico il ruolo di mediatore del direttore generale dell’AIEA (Agenzia internazionale per l’energia atomica), Mohamed ElBaradei, è quasi un’impresa disperata, se si considera con quali interlocutori deve scontrarsi ElBaradei da parte americana e iraniana.

 

Mohammed Khatami, qualcuno ha detto, ha rappresentato la migliore opportunità che gli Stati uniti d’America abbiano avuto per stabilizzare i rapporti con il Medio Oriente, dopo quella mancata con Mossadegh.

 

Adesso smorzare le tensioni è questione delicata.

 

Lo spettro sociale in Iran è quello di una potenziale struttura democratica che funzionerebbe se ci fossero delle istituzioni democratiche, una realtà democratica.

 

Lo sciitismo potrebbe essere la chiave della modernizzazione, perché è la religione della riflessione.

 

Il ripudio esiste in teoria, nella realtà esistono i contratti matrimoniali.

 

La donna ha diritto di lavorare, di guidare e di viaggiare da sola con permesso del padre o del marito. Prende una laurea in ingegneria edile perché l’istruzione è diventato uno status symbol, per poter trovare un buon partito, nel frattempo ci sono sempre meno ingegneri disponibili per costruire ponti.

 

Le donne sono brave, superano con i voti migliori i test d’ammissione all’università per il numero chiuso e poi preferiscono stare a casa invece di esercitare la professione. La conseguenza è pericolosa: si sta pensando di limitare le quote femminili.

 

L’Iran è veramente il paese delle contraddizioni, dove il khastegari, il tradizionale corteggiamento che prevede l’interessamento delle famiglie per far conoscere i due futuri sposi, è ancora diffuso; adesso è possibile mettere in contatto le famiglie anche attraverso internet.

 

L’Iran, dove una donna può essere arrestata se esce da casa a capo scoperto e dove le donne hanno deciso di sottoporsi alle cure di botulino per il ringiovanimento cutaneo ancora prima che in Europa.

 

Altri articoli sull’argomento:

 

Nucleare e il ruolo degli Stati uniti im Medio Oriente

E’ ancora possibile evitare il fallimento del trattato di non proliferazione nucleare?

 http://www.instoria.it/home/Nucleare_usa.htm

 

I giovani, il liberismo e le zone franche in Iran

Le apparenti contraddizioni del regime dei mūllah

http://www.instoria.it/home/giovani_iran.htm

 

eOs dl

 

 

Consulenze storiche

.

.

Enti pubblici & privati

.

Università & studenti

.

.

.

 

Collabora con noi

.

.

Scrivi per InStoria

..

.

.

 

Editoria

.

.

Eos dl edita e pubblica:

.

- Manoscritti

.

- Tesi di laurea

.

Catalogo opere Eos

.

.

.

 

Links

 

Banners

 

 

InStoria.it

 


by FreeFind

 

 

 

 

 

 

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA  N° 215/2005 DEL 31 MAGGIO]

.

.