N. 28 - Aprile 2010
(LIX)
invictus
padrone dell’anima
di Giovanna D’Arbitrio
Non
importa
quanto
stretto
il
varco
O
piena
di
punizioni
la
vita,
Io
sono
il
padrone
del
mio
destino:
Io
sono
il
padrone
della
mia
anima.
(“Invictus”
di
W.E.
Henley)
C’era
il
sole
ieri
e
un’aria
mite
che
invitava
a
fare
una
passeggiata.
Si
respirava
già
aria
di
primavera
e i
fiori
con
i
loro
vivaci
colori
davano
un
senso
di
pace,
di
bellezza,
di
vita
che
continua
malgrado
tutti
i
mali
e le
negatività
che
talvolta
ci
asfissiano,
togliendoci
il
respiro.
Ho
spento
il
televisore,
ho
piegato
i
giornali
e li
ho
messi
da
parte,
ero
stanca
di
sentir
parlare
di
elezioni,
di
politici,
di
corruzione,
di
delitti,
di
offese
ai
Meridionali
nei
numerosi
dibattiti
sul
razzista
R.
Lynn,
convinto
assertore
della
nostra
inferiorità,
di
problemi
irrisolti
e
così
via.
Ho
pensato
allora
che
sarebbe
bello
se
facessero
ogni
tanto
qualche
TG
su
politici
onesti,
giovani
che
studiano
e
lavorano,
bravi
imprenditori
che
rispettano
i
diritti
dei
lavoratori
e
tanti
altri
che
lottano
con
buona
volontà
per
migliorare
la
vita
su
questo
pianeta.
Ho
sbattuto
la
porta
di
casa,
ho
camminato
un
po’
tra
la
gente,
poi
sono
andata
a
cinema
e ho
visto
un
bel
film,
“Invictus”,
che
mi
ha
ridonato
fiducia
e
speranza
nel
Bene.
Hanno
assegnato
molti
Oscar
a
“The
Hurt
Locker”,
un
buon
film,
ma
comunque
ennesimo
film
sugli
orrori
della
guerra,
e
vari
premi
ad
altre
pellicole,
ma
“Invictus”
è
passato
quasi
inosservato,
poiché
oggi
il
Bene
“non
fa
mai
notizia”,
non
viene
mai
messo
in
rilievo.
Invictus
è un
“Noble
Film”,
cioè
uno
di
quei
film
definiti
“nobili”
perché
esaltano
le
qualità
positive
dell’Uomo.
Spesso
accusati
di
buonismo,
in
genere
sono
invece
“buoni”
film,
talvolta
perfino
veri
capolavori.
“Invincibile”
ci
appare
davvero
l’indomito
personaggio
di
Nelson
Mandela,
eletto
presidente
del
Sud
Africa
nel
’94,
impegnato
nella
difficile
opera
di
integrazione
tra
bianchi
e
neri
in
un
clima
ancora
dominato
dai
laceranti
effetti
dell’Apartheid.
Morgan
Freeman,
perfettamente
a
suo
agio
nei
panni
del
grande
leader,
ne
ha
delineato
il
carattere
in
modo
realistico,
misurato,
umano.
E in
tale
racconto
anche
Clint
Eastwood
ancora
una
volta
ci
ha
stupito
per
la
sua
bravura
di
regista
e
per
la
sua
coraggiosa
scelta
di
temi
“etici”,
regalandoci
un'altra
storia
edificante,
tratta
dal
libro
di
John
Carlin
“Playing
the
Enemy:
Nelson
Mandela
and
the
Game
that
made
a
Nation”.
Il
rugby
è il
gioco
“che
costruì
una
nazione”
con
la
squadra
degli
Springboks,
composta
da
un
solo
nero
e da
bianchi
Afrikaner
guidati
da
un
valido
capitano,
François
Pienaar
(ben
interpretato
da
Matt
Damon),
prezioso
collaboratore
di
Mandela
nell’
opera
di
conciliazione
ed
integrazione
di
due
popoli.
Così
ancora
una
volta
i
valori
dello
sport
“pulito”,
messi
al
servizio
di
una
giusta
causa,
risplendono
in
tutta
la
loro
bellezza
e
positività.
Le
scene
delle
competizioni
sono
coinvolgenti
ed
emozionanti,
come
la
canzone
africana
cantata
dalla
squadra
e la
poesia
di
Henley,
più
volte
recitata
nel
film
per
ricordare
i
lunghi
anni
trascorsi
in
prigione
da
Mandela,
versi
da
lui
imparati
a
memoria
per
trovar
la
forza
necessaria
in
se
stesso,
nella
sua
anima.
Senz’altro
un
film
da
consigliare
a
tutti,
soprattutto
ai
giovani.