moderna
IL VESCOVO INNIGO CARACCIOLO A COLLI
UN ESEMPIO DI VISITA PASTORALE
di Alfredo Incollingo
I primi resoconti di visite pastorali
risalgono al XIII secolo. I vescovi
medievali, seguendo un’antica tradizione
della Chiesa Cattolica, ispezionavano a
cadenza regolare le parrocchie sotto la
loro giurisdizione. Cadute in disuso nel
corso dei secoli, erano tornate a essere
obbligatorie con il Concilio di Trento
per far fronte all’insidiosa espansione
delle chiese protestanti.
Si legge
nei documenti conclusivi del concistoro
tridentino che le visite pastorali erano
utili per “propagare
la dottrina sacra e ortodossa
estromettendo le eresie, difendere
i buoni costumi, correggere quelli
cattivi e con esortazioni esortare il
popolo alla devozione, alla pazienza e
all'innocenza”. Si sarebbe così
arginato, prima che fosse troppo tardi,
il diffondersi del protestantesimo o di
qualsiasi altra deriva morale e
spirituale dei fedeli.
Innigo Caracciolo, vescovo di Aversa e
abate commendatario di San Vincenzo a
Volturno, aveva visitato le parrocchie
di sua pertinenza tra il 22 maggio e il
10 giugno 1697, arrivando a Colli a
Volturno (IS) il 5 giugno.
Dopo aver lasciato Scapoli (castro
Scappuli), il Caracciolo aveva
raggiunto con il suo seguito il
castrum Collium (“castello di
Colli”, in italiano) per ispezionarne la
parrocchia. Era stato accolto dal clero
e dai fedeli festanti e aveva trovato
gradevole il piccolo borgo molisano per
la sua felice posizione geografica e per
l’abbondanza dei raccolti.
Il vescovo aveva celebrato una messa
nella Chiesa Madre, intitolata a Santa
Maria Assunta, per poi ispezionare
l’intero edificio. Dopo aver autenticato
le reliquie, si era riscontrata la buona
conservazione degli oli sacri e la
presenza di una fonte battesimale, di
due confessionali, di ben cinque altari,
compreso quello maggiore, e di una
sacrestia, al di sotto della quale era
stato realizzato un sepolcro per
tumularvi i membri del clero. Il
cimitero per i laici, invece, si trovava
all’esterno, nei pressi della Chiesa
Madre.
Il vescovo aveva osservato di persona
nella “cappella maggiore” alcune crepe
sulle pareti, così profonde da mettere
in pericolo la solidità dell’intera
struttura. Secondo quanto stabilito da
Innigo Caracciolo, l’Università avrebbe
dovuto provvedere alle spese di
riparazione di quelle preoccupanti
fenditure.
Il vescovo aveva visitato anche le
chiese di Sant’Antonio da Padova e di
Santa Maria delle Acque (oggi
scomparsa), che si trovavano, all’epoca,
fuori il centro abitato. Per ragioni
ignote, invece, non aveva fatto visita
alla cappella di Sant’Antonino che, pur
trovandosi nel limitrofo feudo di Valle
Porcina, era di pertinenza
dell’arciprete di Colli.
All’esterno del centro abitato era
«sita» anche la chiesa laicale di San
Leonardo e il vicino ospedale riservato
all’accoglienza dei mendicanti, dei
viandanti e di quanti avessero bisogno
di un rifugio. Il luogo di culto,
infatti, era di proprietà
dell’Università e i sindici eleggevano
un procuratore laico che ne
amministrasse i beni e le risorse
finanziarie. Le autorità ecclesiastiche
locali erano chiamate a vigilare
attentamente sull’amministrazione della
chiesa di San Leonardo.
Il Caracciolo, inoltre, aveva promulgato
una serie di decreti riguardanti la
somministrazione dei sacramenti e la
gestione dell’arcipretura e delle
«chiese confraternite, ospedali et altri
luoghi pii».
Era stato prescritto che le elemosine
raccolte dalle confraternite fossero
utilizzare secondo la «pia intenzione»,
ovvero dovevano essere destinate alle
opere di carità. Gli amministratori
laici erano chiamati a presentare una
nota su «tutti gli effetti delle
suddette chiese, ospedali, confraternite
e Monti di Pietà o altri luoghi pii»
(censi, debiti, affitti…), «sottoscritta
dai procuratori con l’assistenza del
Paroco e di due persone secolari de più
vecchi e timorati». Qualora non
fosse stato rispettato questo ordine, i
curatori non sarebbero stati più
rieletti.
Infine, il vescovo aversano aveva
ordinato che i rendiconti non fossero
“più in libretti annuali di ciascun
officiale (i procuratori), perché in
ogni tempo possa agevolmente vedere lo
stato presente e de gli anni passati”. I
sacerdoti incaricati di celebrare le
messe nelle “chiese confraternite” erano
incaricati di sorvegliare la redazione
dei libri contabili e di presenziare
all’elezione degli amministratori laici.
Riferimenti bibliografici:
A. Turchini,
Una fonte per la storia della cultura
materiale nel XV e XVI secolo: le visite
pastorali,
in “Storia della cultura materiale”,
vol. 11 (1976), n. 31, pp. 299-309. |