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N. 24 - Maggio 2007

L’informazione locale nella realtà del villaggio globale

Valorizzare le iniziative editoriali espressione di specificità e di identità territoriale

di Antonio Pisanti

 

La prossima edizione del  Com.pa, Salone europeo della Comunicazione pubblica, che si terrà a Bologna dal 6 all’8 novembre, porrà ancora una volta al centro dei suoi lavori il tema del diritto all’informazione per il cittadino, diritto che appare essere tanto più insidiato quanto più è proclamato, nonostante lo straordinario sviluppo delle nuove tecnologie dell’informazione.

 

Il villaggio globale, preannunciato alcuni decenni or sono agli albori della comunicazione elettronica, va perdendo progressivamente il suo originario fascino idilliaco. Mostra, con le sue macchie di leopardo nelle zone di esclusione e con le crescenti difficoltà di controllare il flusso delle informazioni, la capacità di omologazione planetaria e, nello stesso tempo, di oscuramento di intere regioni e settori di popolazione.

 

Possono essere considerati emblematici, a questo proposito, alcuni avvenimenti del nostro tempo:

· A dispetto di inchieste, indagini e conflitti addebitati ai tragici eventi dell’11 settembre 2001, ci sono ancora verità nascoste sulla provenienza e le modalità di assalto alle Torri gemelle e al Pentagono.

 

· Mentre le tragiche notizie e le immagini del maremoto nel sudest asiatico raggiungevano tutto il mondo, in alcune zone dell’entroterra nelle regioni colpite  si era all’oscuro dei drammatici eventi che travolgevano migliaia di persone. Lo stesso allarme per l’imminente  arrivo dello tsunami, se mai trasmesso, pare non sia mai giunto a destinazione.

 

· Piano Man, lo smemorato del Kent,  si era limitato a disegnare un pianoforte, ma non ha mai eseguito alcun concerto né una breve aria e, forse, non sa nemmeno suonare. Ma in poche ore ha fatto il giro del mondo la storia del naufrago polacco ritrovato sulla spiaggia, che suonava meravigliosamente. Tutti hanno creduto e si sono commossi per la sorte di un solo uomo. Il “poveretto”, come si ricorderà, non era né naufrago, né polacco, né pianista, ma solo (emblematicamente) smemorato, magari per una sua formidabile messinscena.

 

· Della stessa impresa che ha portato gli astronauti americani per la prima volta sulla luna nel luglio 1969 si è detto che potrebbe essere stata solo una montatura massmediatica messa in atto dagli Usa per contrastare  la concorrenza sovietica  nel confronto per la conquista dello spazio.

 

La comunicazione totale, con le sue possibilità di veicolare l'informazione in tempo reale (o di negarla) indipendentemente dalle distanze che separano i luoghi degli eventi dai luoghi della "fruizione" delle notizie, si manifesta, infatti,  anche come possibilità di manipolazione mondiale dell'informazione nel momento in cui tende a consolidare le proprie oligarchie. Per nascondere terribili verità o per il semplice gusto di una “bufala”. Il singolo individuo, impossibilitato a controllare l’attendibilità dell’informazione, può essere a sua volta controllato attraverso sistematiche violazioni della sua privacy rese possibili dall’invasività di mezzi tecnologici talvolta a costo zero.

 

Il ferreo controllo dell'informazione tuttora esercitato nei paesi soggetti a governi autoritari, i filtraggi operati dalle fonti di informazione sugli scenari dei fatti drammatici che hanno avvolto o avvolgono in sinistri bagliori e nei fumi di guerra diverse parti del mondo (Iraq, Somalia, Uganda, ex Jugoslavia, Rwanda, Sudan, Cambogia, Kurdistan, Congo, Afganistan, Jamaica,  Cecenia, ecc.)  dimostrano come l'informazione totale possa trasformarsi in disinformazione globale. Il rischio sussiste  a livello locale anche nei cosiddetti paesi democratici ed opulenti, ove l'informazione sia monopolio di poche oligarchie affatto disponibili a dar voce a minoranze e ad interessi divergenti.

 

Alla nuova comunicazione elettronica manca il terzo dei tre termini essenziali (trasmittente, messaggio, ricevente) nella misura in cui questo si vede sempre più limitato nell'esercitare un ruolo attivo attraverso il controllo sull'attendibilità del messaggio. La proclamata interattività della comunicazione  è infatti realizzabile quasi esclusivamente attraverso la selezione e la  scelta  dell'informazione, senza alcuna possibilità di  verifica  e di contrasto. I flussi sono univoci e vanno in massima parte dal trasmittente verso il ricevente nella funzione di utente passivo ed acritico.

 

Ugualmente, l'interattività sembra poter essere assicurata per una serie di servizi che vedono l' individuo in un esasperato ruolo di consumatore (televendite, telemedicina, telebanca, teleteche, telescuola, realtà virtuale, burotica, domotica, ecc) sempre più isolato dal contesto produttivo e dallo stesso contesto sociale.  Nel momento in cui ogni problema fosse infatti risolvibile nell'ambito della "casa informatizzata" sarebbero ancora più ridotte le opportunità di reale comunicazione tra le persone, comunicazione che la complessità e la freneticità della vita moderna vanno già notevolmente facendo diradare.

 

Le stesse società  tradizionalmente  apprezzate  per la  loro  "solarità"  e per la loro convivialità, come quella meridionale, tendono a perdere tali caratteristiche e ad accentuare il ritiro degli individui tra le pareti domestiche (non importa il numero delle case...)  e in situazione di progressiva incomunicabilità tra gruppi familiari e nell'ambito  dello stesso  nucleo familiare sempre più ridotto e meno colloquiale.

 

All'immagine dell'incontro e della  comunicazione ancora vivibili, in quanto esperienza unica al mondo, nelle strade napoletane, suggestivamente riportata da Jean Noël Schifano in uno dei suoi libri, si può contrapporre l'osservazione del compianto Ambrogio Fogar sull'uomo contemporaneo, tendente sempre più ad essere solo anche se in una grande folla.

 

La formazione a distanza, grazie alle cui prospettive di sviluppo alcuni hanno teorizzato la “morte“ della scuola e dell’università, minaccia di ridurre ulteriormente la dimensione educativa dell’insegnamento e tende a ridimensionare l’insostituibile funzione ed il  “piacere del testo” scritto.

 

Trattando dei problemi della comunicazione, si avverte la necessità di un recupero, una rivalutazione e un potenziamento dell'informazione e della storia locale. La comunicazione totale, infatti, accentua la presbiopia della comunicazione: il cittadino del villaggio globale, sempre più informato sui fatti del mondo in tempo reale, e con i rischi già evidenziati, tende a sapere sempre  meno sui fatti a lui più vicini.

 

Mentre si moltiplica la disponibilità delle reti e dei canali, si comunica con corrispondenti in tutto il mondo, ma non si conosce il vicino  di casa o quanto accade nel proprio quartiere.

 

La disinformazione del contesto locale, che è irrinunciabilmente l’unico nel quale si può realizzare la partecipazione per una  cittadinanza  attiva  e  sensata,  tende ad accentuare quella  perdita di identità  che innesca il circolo vizioso dell'indifferenza, dell’autoemarginazione, del disimpegno civile e dell'illegalità.

 

Di fronte alla pervasività e all'impermeabilità dell'informazione globale, l'informazione locale si propone quale unica opportunità per rompere questo circolo vizioso; trova nella sua specificità il motivo forte di sopravvivenza in un ambiente che tende sempre più all'assorbimento o all'eliminazione della piccola impresa e delle  testate locali, schiacciate tra problemi di gestione e di distribuzione.

 

Di qui l'esigenza che le istituzioni assumano un ruolo di mediazione tra cittadino e potere, tra individuo e società, e favoriscano la salvaguardia e lo sviluppo dell'informazione locale e particolare quale strumento essenziale di democrazia, di valorizzazione delle risorse, di aggregazione e quindi di appartenenza e di effettiva integrazione dell'individuo nel suo territorio socio-culturale.

 

Ma troppo spesso è proprio l'istituzione, alla quale spetterebbe di assolvere a questo ruolo di mediazione e di promozione, che non solo rinuncia a tale compito, ma riesce addirittura a complicare le modalità di comunicazione con il cittadino: usando tuttora linguaggi burocraticamente impenetrabili, ponendo barriere alle aspettative dell'utente, gestendo l’informazione come strumento di potere da elargire o meno in relazione all'incremento delle clientele e del consenso. Talvolta, ove attivata, la comunicazione pubblica è messa in onda solo con il proposito di migliorare l'immagine dell'istituzione, se non esclusivamente quella dei suoi responsabili.

 

E' ovvio che tale logica contrasta nettamente con quella logica della trasparenza pur ribadita quale diritto-dovere  nei recenti apparati normativi,  tesi a garantire non solo la correttezza delle procedure adottate dalla P.A., ma anche a rendere possibile l'instaurarsi di un rapporto più fiducioso e collaborativo tra cittadino e istituzioni che superi il reciproco isolamento, troppe volte espresso addirittura in termini di diffidenza se non di contrapposizione.

 

Tale rapporto può e deve essere facilitato dagli organi di informazione territoriale, quali piccole emittenti, iniziative editoriali e pubblicazioni che siano immediata espressione della cultura locale e che tale cultura tendano a recuperare e a salvaguardare, nel contesto di una tensione morale utile a difendere l'identità culturale e la memoria storica dai rischi della dispersione dei valori e dell'omologazione di massa.

 

La comunicazione locale si pone quindi come sistema di connessione e di comprensione tra istituzioni e cittadino e pertanto merita il più ampio sostegno  da parte di entrambi,  nel contesto di un'autentica democrazia partecipativa  che voglia essere strumento di  promozione  sociale e civile.

 

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