N. 61 - Gennaio 2013
(XCII)
Gli alberi e la loro influenza sui miti
Jacques Brosse e la mitologia degli alberi – Parte IV
di Christian Vannozzi
Nell’antichità, come
abbiamo
visto,
gli
alberi
degni
di
nota
e
legati
a
qualche
avvenimento
particolare
diventavano
degni
di
culto,
ciò
però
non
vuol
dire
che
anche
altri
alberi
non
fossero
legati
a
delle
divinità,
magari
minori,
che
circondavano
il
luogo.
Nelle città dell’antica
Grecia,
per
esempio,
alcuni
tipi
di
alberi
erano
legati
alle
ninfe,
o
perché
questi
portavano
il
loro
nome,
oppure
perché
una
di
esse
aveva
subito
la
metamorfosi
in
pianta.
Per
esempio
la
ninfa
siringa
si
era
tramutata
in
una
delle
canne
che
formano
il
flauto
di
Pan,
mentre
l’albero
della
Mirra
non
era
che
la
stessa
ninfa
Mirra
tramutata
in
un
albero.
Queste metamorfosi erano
spesso
legate
ad
episodi
di
fuga
da
un
dio
che
voleva
possederle.
Per
rimanere
caste
o
per
non
dare
la
loro
virtù
a
qualcuno
che
non
amavano,
queste
creature
celesti
invocavano
il
dio
o la
dea
che
li
aveva
generati
affinché
li
tramutasse
in
albero.
La cosa come noterete è
abbastanza
semplice,
perché
le
ninfe
sono
fortemente
legate
alla
natura
e
vivono
generalmente
nei
mari,
nei
laghi,
nei
fiumi
e
nei
boschi,
e
sono
quindi
figlie
di
divinità
legate
alla
natura
e
che
hanno
quindi
a
che
fare
con
gli
alberi
e le
piante.
Una di queste metamorfosi
è
quella
della
ninfa
Dafne
nel
lauro
sacro
al
dio
Apollo.
Il
dio
di
Delfi
aveva
già
sedotto
altre
ninfe,
dalle
quali
aveva
avuto
dei
figli,
Dafne
però
volendo
seguire
l’esempio
della
casta
Artemide
gli
resistette,
a
tal
punto
da
preferire
la
trasformazione
in
lauro
piuttosto
che
cadere
tra
le
braccia
del
dio
che
voleva
possederla.
Dafne era figlia di Peneo,
un
fiume
della
Tessaglia
figlio
delle
divinità
Oceano
e
Teti.
Devota
ad
Artemide
di
cui
ammirava
la
virtù,
come
spiegato
prima,
la
ninfa
rifiutava
l’amore
di
ogni
pretendente,
nonostante
i
rimproveri
del
padre
che
desideravano
vederla
con
qualche
altra
creatura
celeste.
Apollo a sua volta si
era
preso
gioco
del
dio
Eros
ritenendolo
incapace
di
farlo
innamorare.
Per
questa
ragione
il
dio
dell’amore
lo
fece
innamorare
della
ninfa,
ma a
sua
volta
rese
la
ninfa
totalmente
insensibile
al
dio
del
sole.
Apollo cerca quindi di
rapirla
e
l’aveva
quasi
raggiunta
quando
la
ninfa
invocò
l’aiuto
del
padre
Peneo,
pregandolo
di
salvarla
dal
dio
e
tramutarla
in
alloro.
L’immagine è stata immortalata
in
diversi
dipinti
e
sculture,
e
rimane
l’emblema
di
un
amore
non
ricambiato.
Più profondamente si
tratta
però
di
un
dio
invasore
che
cerca
di
fare
proseliti
su
un
nuovo
territorio.
In pratica gli achei,
che
veneravano
il
dio
Apollo
si
stavano
impadronendo
dei
territori
dei
cretesi,
che
veneravano
oceano
e
Peneo.
A
questo
punto
avviene
una
certa
fonte
di
sincretismo,
in
quanto
la
nuova
divinità
voleva
unirsi
alla
figlia
di
una
divinità
del
luogo,
quasi
come
se
fosse
un
matrimonio
dinastico
per
far
incrociare
due
culture.
Questo però non è stato
possibile,
appunto
perché
Dafne
rifiuta
la
nuova
divinità
Apollo
che
viene
quindi
respinta.
Il sincretismo viene
comunque
perseguito
nel
culto
del
lauro
che
viene
venerato
nel
santuario
di
Delfi,
dove
padroneggia
il
dio
Apollo.
Ciò
nonostante
solo
le
donne
possono
essere
consacrate
al
lauro,
e
diventare
pizia,
cioè
avere
le
visioni
del
futuro
grazie
al
volere
dell’oracolo,
e
non
gli
uomini,
a
dimostrazione
che
come
Dafne
rifiuta
Apollo
il
lauro
rifiuta
gli
uomini,
e a
nessuno
di
loro
è
permesso
usufruire
dei
segreti
e
dei
poteri
del
lauro.
Ci sono infatti storie
analoghe
che
riguardano
i
pioppi
in
cui
figli
di
Apollo
cercano
di
sedurre
divinità
o
regnanti
della
Tessaglia
e di
Creta.
Anche
in
questo
caso
si
può
notare
come
la
divinità
del
popolo
invasore
cerchi
di
instaurar
rapporti
dinastici
con
le
divinità
autoctone,
questo
per
farsi
accettare
dalla
popolazione.
Ogni volta che questi
legami
non
avvengono
e le
divinità
litigano
è
sintomo
che
la
popolazione
non
accetta
la
dominazione
e
cerca
di
mantenere
i
suoi
culti.
Come
appunto
il
lauro
che
non
può
essere
toccato
dai
maschi.