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N. 79 - Luglio 2014 (CX)

CONSUMISMO E INDIVIDUALITÀ NEL RINASCIMENTO
LO SVILUPPO DI UNA CULTURA MATERIALE

di Matteo Romano

 

Solitamente siamo abituati a parlare del Rinascimento in termini di bellezze artistiche e relativamente alla rinascita culturale dell’Europa. In realtà questa straordinaria età è anche il periodo in cui emerge vigorosamente una dimensione consumista nella società.

 

Questo tipo di considerazione è geograficamente rintracciabile in una dorsale sviluppatasi dall’Italia centro-settentrionale fino alla Germania meridionale e alle Fiandre tra la metà del XV e e il XVII.

 

In queste regioni, e in questi anni, andò sviluppandosi una società di consumi, progenitrice dell’odierna, non solamente fondamento delle nostre concezioni estetiche e culturali, ma anche di quella vena consumistica che caratterizza l’agire e il desiderio dell’uomo.

 

Principali protagonisti della profusione di beni furono gli strati sociali benestanti; principi e mercanti, che nelle città praticavano la nobile arte della mercatura. Un bel passo in avanti per quest’attività, che nei secoli precedenti era considerata addirittura “ignobilis”. Laddove aveva creato benessere, di certo non poteva più essere considerata infima e disdicevole. Considerare l’età Rinascimentale sotto questa nuova luce consumistica ci porta a rileggerla.

 

Il Rinascimento non è solo l’epoca della riscoperta dei classici, del perseguimento degli studi sulla cultura finanziata da sovrani illuminati, dei grandi artisti e delle loro opere.

 

I veri protagonisti di quest’epoca sono gli oggetti, emblema della nascita di una cultura materiale, dello sviluppo dei consumi e della circolazione di grandi ricchezze. I beni che circolano tra XV e XVI secolo diventano creatori della società dei consumi. Sarebbe meglio definire tali oggetti “lussuosi”, poiché costosissimi per fattura e pregio, e poiché appannaggio di uno strato sociale alto e ristretto.

 

Quali le cause che resero possibile questa “rivoluzione” consumistica? Per rispondere a questa domanda, è necessario evidenziare tre eventi/processi storici: il Concilio di Firenze, la caduta di Costantinopoli, il commercio europeo (seppur agli inizi) dall’Atlantico all’Oriente.

 

I primi due punti sono strettamente connessi l’un l’altro. Del Concilio di Firenze, svoltosi nel 1439, è importante rilevare le conseguenze culturali, che innestarono in Italia una modifica delle abitudini e dei comportamenti.

 

I bizantini giunti a Firenze colpirono per lo sfarzo delle vesti, per le abitudini raffinate, e in particolar modo per gli studi eruditi. L’umanista italiano Ambrogio Traversari (1386-1439) rimase attonito quando ebbe modo di osservare la grande collezione di libri che l’imperatore bizantino Giovanni VIII (1392-1448) aveva portato con sé. Allo stesso modo fu incantato dall’incontro con Giovanni Bessarione (1408-1472)); il dotto greco possedeva testi di Strabone, Euclide, Tolomeo, introvabili in Occidente. Fu principalmente grazie alla sua influenza e a quella degli altri studiosi di origine bizantina che ebbe inizio la riscoperta degli studi classici in Europa.

 

La grande quantità di libri che essi portarono in Europa (specie dopo la caduta di Costantinopoli, il secondo fattore) non solo permisero il recupero culturale di un patrimonio perduto o comunque appannaggio della cultura orientale, ma testimoniò la consapevolezza di un’eredità comune tra l’occidente e l’oriente cristiano.

 

La caduta dell’impero bizantino non segnò la cesura tra il mondo cristiano e quello musulmano. I traffici commerciali non s’interruppero, ma semplicemente ridefiniti, con gli ottomani che andarono a inserirsi in maniera proficua in tale processo.

 

A Costantinopoli, centro d’intersezione delle più diverse culture, i sultani si prodigarono per lo sviluppo della città, costruirono bazar, riqualificarono i quartieri secondo precisi canoni edilizi e architettonici, richiesero i servizi di grandi artisti, e inoltre permisero ai mercanti di tutto il mondo di operare malgrado le differenze religiose.

 

Le relazioni tra le corti europee e quella ottomana continuarono. Gli accordi diplomatici in funzione anti asburgica tra Francesco I (1494-1515) e Solimano il Magnifico (1494-1520) avevano lo stesso valore di quelli che il sovrano francese poteva stipulare con Enrico VIII d’Inghilterra. Il sultano stesso cercava di esprimere la propria magnificenza attraverso quelle medesime norme che ispiravano la “gara” tra i principi europei (committenze artistiche, biblioteche, etc…). Patrocinò l’arte, l’architettura, la cultura, e collezionò ricchezze d’ogni sorta.

 

Il terzo punto, il commercio verso l’Atlantico e l’Asia, testimonia l’allargamento delle prospettive economiche europee e, l’illimitata possibilità di acquisizione da parte di questi consumatori. Essi, avendo il desiderio di possedere determinate merci, erano disposti ad andarsele a cercare anche molto lontano e senza badare a spese.

 

Merci come pepe, zenzero, chiodi di garofano, noce moscata, diventavano sempre più di uso comune, e di certo non potevano non essere a disposizione di uomini di tale lignaggio.

 

Oltre all’idea di sviluppo dei consumi, un’altra riflessione propria del Rinascimento si riferisce alla costruzione dell’individuo. L’idea stessa d’individualità è cardine nella nozione di quest’epoca.

 

L’uomo diventa homo faber, è artefice del proprio destino, conscio delle proprie qualità, e libero di agire per il proprio soddisfacimento. In questa prospettiva, la dimensione terrena assume una nuova importanza, con l’utile e il denaro che assumono dignità e diventano imprescindibili per la vita dell’uomo.

 

Così, anche gli oggetti finiscono per essere importanti come elementi in grado di contribuire alla costruzione dell’individuo. Rilevante diviene il consumo individuale, proprio della persona, seppur in relazione e mediato da rapporti individuali. Attraverso gli oggetti e il loro consumo, gli uomini hanno la possibilità di riconoscere se stessi e di dimostrare la propria condizione sociale.

 

Per tale motivo i grandi signori europei investivano moltissimo in vari campi. Essi erano “uomini splendidi”, secondo la celebre definizione dell’umanista Giovanni Pontano (1429-1503), che nei Trattati delle virtù sociali (1498), parla di liberalità, beneficenza e splendore, qualità di cui il nobiluomo deve disporre, e il lusso da acquisire in beni e oggetti diviene la condizione necessaria per il raggiungimento di tale status symbol.

 

Questa costante è rappresentabile in alcuni esempi pratici, come quello del cardinale Francesco Gonzaga (1444-1483). Il Gonzaga non è ricordato per il suo ruolo di religioso, e nemmeno per l’acume intellettuale, bensì per le sue grandi collezioni, che gli hanno conferito una reputazione splendida.

 

Come lo stesso Pontano avrebbe consigliato, il cardinale aveva investito una gran parte delle sue risorse finanziarie per acquistare libri rari, abiti sontuosi, oggetti per la casa, arazzi e altre ricchezze. Simili collezioni erano segno di magnificenza e indice del valore dell’individuo nella società.

 

Un luogo in cui emergeva con grande vigore l’individualità della persona e soprattutto il suo gusto era lo studiolo. Questi “gabinetti di curiosità” erano caratteristici dei palazzi dei principi rinascimentali così come presenti nell’arte pittorica, ad esempio nei quadri di Vittore Carpaccio (1465 c.a -1526) Sant’Agostino nello studio (1502) e di Antonello da Messina (1429-1479) San Gerolamo nello studio (1474 c.a), dove l’individuo emerge vigorosamente in uno spazio ricco di oggetti.

 

Gli studioli erano presenti nei palazzi dei grandi principi europei. Caratteristico, per esempio, è quello di Piero de Medici (1416-1449), che disponeva di un piccolo spazio straordinariamente affrescato e contenente ogni sorta.

 

Anche nel palazzo di Federico da Montefeltro (1422-1482) c’era uno spazio che raccoglieva oggetti di ogni tipo; libri, oggetti scientifici, orologi e altre curiosità. Il suo studiolo era decorato con tarsie a trompe l’oeil, e con una serie di ventotto ritratti di uomini illustri che il duca di Urbino considerava degni esempi di emulazione (tra cui il già citato Bessarione).

 

Altro esempio caratteristico è quello di Isabella D’Este (1474-1539). Il suo esempio è un unicum, poiché interamente realizzato da una donna famosa per intelligenza, cultura, gusto, capacità di governo e rapporti internazionali di alto profilo. Allestì una collezione di oggetti d’arte, tra cui la scultura del Cupido Dormiente di Michelangelo, gemme, medaglie che contribuirono a promuovere non solo la sua immagine, ma anche quella dei Gonzaga, poiché sposa di Francesco II Gonzaga (1466-1519).

 

Il Rinascimento è pertanto anche questo. Sviluppo consumistico e formazione dell’individualità; due elementi che costituiranno le basi fondanti per la formazione della società in cui viviamo.

 

 

Riferimenti bibliografici

 

A. Appadurai, The Social Life of Things: Commodities in Cultural Perspective, London 1988.

J. Burckhardt, La civiltà del Rinascimento in Italia, Firenze 1980.
P. Glennie, Consumption within Historical Studies, in D. Miller (a cura di), Acknowledging Consumption, London 1996.
R.A. Goldthwaite, Ricchezza e domanda nel mercato dell’arte in Italia dal Trecento al Seicento. La cultura materiale e le origini del consumismo, Milano 1999. 
L. Martines, The Renaissance and the Birth of a Consumer Society, in “Renaissance Quarterly”, 51 (1999), pp. 193-203.
L. Jardine, Affari di genio. Una storia del Rinascimento europeo, Roma 2001.

G. Pontano, I libri delle virtù sociali, Roma 1999.



 

 

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