[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

185 / MAGGIO 2023 (CCXVI)


contemporanea

SULLA STORIA DI PANAMA
I / Dalla “scoperta” all’indipendenza del PAESE
di Lorenzo Bruni

 

Quando Cristoforo Colombo, al culmine del suo quarto viaggio nel Nuovo Mondo, mise piede su quella terra fino ad allora sconosciuta, nutriva la viva speranza di poter trovare un passaggio che lo portasse nel minor tempo possibile dall’altra parte del continente. Quel nuovo territorio, che il navigatore genovese chiamò Castilla del Oro in onore della regina Isabella di Castiglia e con l’implicita preghiera di trovarvi ogni tipo di ricchezza, fu però avaro di soddisfazioni per Colombo: dopo mesi passati alla disperata ricerca di un passaggio che gli ritornasse la fama e la gloria che aveva pregustato con la scoperta della nuova rotta e che poco a poco aveva perduto, il malcontento della propria ciurma e la scarsezza dei viveri lo costrinsero a un triste ritorno in patria, dove morì nella miseria pochi anni più tardi. Nonostante il fallimento della missione, però, Colombo aveva consegnato ai posteri una sicurezza: quel lembo di terra, che ai giorni nostri è noto come istmo di Panama, era indubbiamente il più sottile ostacolo posto a dividere i due oceani.

 

Pochi anni più tardi la conferma giunse grazie al viaggio di un altro esploratore, Vasco Nunez de Balboa, che, dando adito alle voci degli indigeni del luogo, i quali sostenevano che oltre le montagne vi fosse un oceano pieno d’oro, attraversò tutto l’istmo, diventando con ogni probabilità il primo europeo a scorgere l’Oceano Pacifico e scoprendo così quanto sottile fosse quel pezzo di terra. Il destino dello spagnolo fu, se possibile, ancor più crudele di quello capitato a Cristoforo Colombo: la fama e il successo che aveva ottenuto prendendo quel territorio a nome del regno di Spagna gli procurò le antipatie del suocero, nonché governatore dell’istmo, Pedro Arias Davila, che, con l’accusa di tradimento e cospirazione, nel 1517 lo fece arrestare e decapitare.

 

Con la scomparsa di Balboa, per lungo tempo la ricerca di un passaggio verso l’Oceano Pacifico passerà in secondo piano. Il territorio dell’istmo infatti diventerà un importantissimo snodo commerciale tra la madrepatria spagnola e i suoi numerosi possedimenti nell’America del Sud, accumulando ricchezze e prestigio. Così come per l’esploratore iberico, però, anche per quel territorio si tratterà di un benessere molto fugace: nella seconda metà del XVII secolo, infatti, la regione coloniale e il commercio che in essa si praticava furono messi in ginocchio dall’intensissima attività piratesca, in particolare quella di Henry Morgan che, nel 1671, attaccò la capitale, Panama City, saccheggiandola e dandole fuoco .

 

Con la rovina della città, ricostruita appena due anni dopo in un territorio leggermente più a Sud rispetto all’originale, ma ben lungi dallo splendore che godeva l’insediamento primario, ebbe inizio anche la lenta e inesorabile decadenza del regno spagnolo, che si protrasse per il secolo successivo, fino a che l’intera zona non decise di ribellarsi per ottenere l’indipendenza: grazie all’opera carismatica di Simon Bolivar, nel 1811 la “Grande Colombia” si dichiarò indipendente dal giogo europeo.

 

Appena un decennio dopo, anche il territorio di Panama formalizzava la propria dichiarazione d’indipendenza a scapito della Spagna, unendosi alla Repùblica de Colombia. Quando questa si sciolse, nel 1831, Panama rimase provincia colombiana.


Mentre il XIX secolo andava maturando, sempre più prendeva piede nella mente di imprenditori, commercianti o anche soltanto visionari, l’idea di un canale artificiale che connettesse l’Oceano Atlantico con quello Pacifico. Non era certo un pensiero spuntato dal nulla e all’improvviso: nel corso della storia dell’istmo, già spagnoli e inglesi avevano progettato di scavare la terra per rendere questo sogno realtà, ma ogni loro buon proposito era andato naufragando nell’impossibilità di un’azione così colossale.

 

Nonostante un timido approccio statunitense, quasi subito ritrattato a causa della guerra civile, furono i francesi a muoversi con maggior decisione: nel 1879 venne formata a Parigi la French Panama Canal Company. Il suo fondatore era un uomo già conosciuto dalle masse per la propria abilità imprenditoriale: il francese Ferdinand de Lesseps, noto al mondo per aver inaugurato nel 1869 il Canale di Suez. Nonostante la grande quantità di fondi e di mezzi, sia umani che tecnici, impiegati nel tentativo di costruire il canale, il progetto di de Lesseps fallì nell’arco di un decennio.

Molte le cause di questo disastro quasi senza precedenti: innanzitutto l’aver sottovalutato la mole dell’impresa, soprattutto da parte di de Lesseps, deciso a voler costruire un canale ricalcando il modello di Suez. Infatti, nonostante i pareri contrari degli addetti ai lavori, in particolare quello del capo ingegnere Luciano Bonaparte-Wyse, che consigliavano di costruire un canale seguendo un progetto che prevedeva delle chiuse, de Lesseps optò per la costruzione di un più costoso canale a livello, così come, appunto, aveva fatto a Suez. Questa decisione, che non teneva conto della conformazione del terreno panamense, si rivelerà tragica a causa degli elevati costi d’attuazione.

 

Ulteriore motivo per il fallimento dell’impresa fu uno dei più terribili flagelli panamensi, ben noto agli europei, ma non affrontato con la dovuta accortezza: la febbre gialla. Nonostante la costruzione di due ospedali, uno a Panama City e l’altro a Colon, la medicina era impreparata e inadeguata, l’acqua pulita scarseggiava e nelle città erano ben evidenti i problemi legati all’igiene. Si calcola che, su un totale di 86.800 lavoratori, ben 52.000 siano stati curati per il morbo e di questi ne siano morti 6.283.

 

Infine, decisiva per il disastro finale, fu la diffusa corruzione che albergò fin dai primi momenti all’interno delle sfere alte del progetto: molti degli uomini che circondavano de Lesseps si arricchirono disonestamente e una cifra imprecisata di denaro fu sperperata in opere di costruzione inutili e appariscenti. Accortosi che il denaro stava venendo meno, de Lesseps tentò di utilizzare gli ultimi fondi a sua disposizione, forniti da piccoli risparmiatori che ancora guardavano con ammirazione al progetto dell’imprenditore francese, per corrompere alti funzionari statali, di modo da ottenere finanziamenti pubblici, ma nei primi mesi del 1889 rimandare il fallimento non fu più possibile: la società fu messa in liquidazione giudiziaria e migliaia dei francesi che avevano investito su de Lesseps e il suo visionario progetto si trovarono rovinati.

 

Quando, nel 1893, i principali fautori di quel disastro imprenditoriale furono portati a processo, sia per la catastrofica gestione dei fondi che per corruzione, la reputazione di de Lesseps era ormai crollata in un profondo baratro, così come la sua salute: condannato a sei anni di galera, l’anziano uomo che un tempo aveva scolpito la terra seguendo i suoi sogni sprofondò nella desolazione e, l’anno successivo, morì.
 

Nonostante la drammatica conclusione dell’avventura francese a Panama, l’idea di costruire un canale era ben lungi dal tramontare, anzi, acquistò addirittura maggior vigore. Questa volta, a mettersi direttamente in gioco, furono gli Stati Uniti. Al termine della guerra contro la Spagna, conclusasi nel 1898, infatti, due aspetti divennero loro perfettamente evidenti: il primo era che, per navigare da un oceano all’altro, si impiegavano quasi due mesi: un lasso di tempo decisamente eccessivo; il secondo era che proprio loro sarebbero stati i maggiori fruitori di quel passaggio.

 

Dopo attenta analisi, fu proposto dal presidente Roosevelt e approvato dal Congresso di costruire il canale non in Nicaragua, come si era inizialmente pensato, bensì a Panama. L’avvio delle relazioni con la Colombia, del quale il territorio interessato continuava a essere un distretto, diede un iniziale esito positivo: il 22 gennaio 1903 fu concordato un trattato tra l’incaricato colombiano Tomas Herran e il segretario di stato statunitense John M. Hay che prevedeva la concessione del territorio panamense interessato alla potenza nordamericana per un periodo di cento anni in cambio di un pagamento di dieci milioni di dollari immediati, più altri duecentocinquantamila dollari ogni anno.

 

Tutto sembrava volgere per il meglio, ma accadde l’inaspettato: il 12 agosto dello stesso anno il governo colombiano respinse l’accordo. Difficile pensare che la principale motivazione del rifiuto sia stata di carattere nazionalistico, mentre appare molto più concreta l’ipotesi, avvalorata dai sospetti di un furioso Roosevelt, che il governo colombiano avesse deciso di considerare troppo bassa l’offerta economica statunitense.

 

Comunque si siano svolti i fatti, è certo che la rabbia dello Stato nordamericano fosse elevatissima: già prima della mancata ratifica dell’accordo, il segretario di stato Hay aveva informato il ministro colombiano degli affari esteri che il proprio governo avrebbe rimpianto ogni azione contraria alla costruzione del canale. Infatti, la vendetta statunitense non si fece attendere. Già da settembre iniziarono a intensificarsi dei contatti segreti tra il governo degli Stati Uniti e alcuni leader nazionalistici panamensi: tramite terzi, il presidente Roosevelt garantì che se ci fosse stato un colpo di stato indipendentista da parte di Panama, gli Stati Uniti avrebbero fornito il loro supporto, ovviamente in cambio del diritto di costruire un canale oceanico.

 

Grazie all’aiuto delle navi da guerra americane, le truppe colombiane, a causa della loro impossibilità di competere con la marina degli avversari, vennero attaccate da più fronti. I generali dell’esercito colombiano presenti a Panama City furono arrestati e le truppe sconfitte furono imbarcate e spedite a Barranquilla. Il 6 novembre la guerra era già giunta alla sua conclusione e gli Stati Uniti riconobbero immediatamente la nascita della nuova Repubblica di Panama.  

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]