N. 59 - Novembre 2012
(XC)
la guerra per l'indipendenza greca - parte i
l'inizio della dissoluzione dell'impero ottomano nei balcani
di Christian Vannozzi
Dal
1821
al
1832
la
Grecia
combatte
la
sua
guerra
di
liberazione
contro
il
giogo
Ottomano,
iniziato
4
secoli
prima
con
la
caduta
di
Costantinopoli
e la
progressiva
conquista
dei
turchi
Ottomani
di
tutto
il
territorio
greco.
Nel
1453
cade
infatti
Costantinopoli,
la
capitale
dell'impero
bizantino,
conquistata
dopo
un
lunghissimo
assedio
dal
sultano
Maometto
II.
Atene,
che
era
la
capitale
culturale
dell'impero
medievale
resistette
fino
al
1456,
prima
di
soccombere
alle
armate
ottomane.
L'ultimo
stato
a
cadere
fu
l'erede
legittimo
dell'impero,
cioè
il
despotato
di
Morea,
nel
Peloponnesso,
che
cadde
nel
1460,
ben
7
anni
dopo
Costantinopoli.
Da
quella
data
la
Grecia
cessò
di
esistere
e
divenne
una
delle
tante
province
del
sultanato
di
Maometto
II.
I
greci
però
non
sopportarono
mai
il
dominio
ottomano,
e
molti
fuggirono
in
Occidente,
specialmente
nelle
città
di
Roma
e
Firenze,
dando
così
vita
all'umanesimo.
A
Roma
fuggirono
pure
gli
eredi
alla
corona
di
Bisanzio,
che
conservano
lo
stemma
e il
vessillo
imperiale
fino
al
matrimonio
di
una
principessa
bizantina
con
l'erede
al
trono
russo
Ivan,
che
potè
così
fregiarsi
del
titolo
di
Zar,
e
cioè
Cesare,
in
perfetta
continuità
con
la
corona
di
Costantinopoli.
Diversi
cittadini
rimasti
in
territorio
ellenico
crearono
però
un'accanita
resistenza
verso
il
sultano,
resistenza
che
fu
soffocata
nel
sangue
con
violentissime
rappresaglie.
I
greci
'liberi'
però
non
scomparvero,
ma
si
rifugiarono
sulle
montagne,
agendo
come
partigiani
attaccando
i
convogli
turchi.
Questi
miliziani
furono
chiamati
Clefti,
cioè
ladri,
dal
greco
κλέπτω,
ma
in
realtà
per
gran
parte
della
popolazione
erano
degli
eroi,
e
furono
una
spina
nel
fianco
per
l'esercito
turco
per
tutti
i
secoli
che
durò
l'occupazione.
Per
contrastare
tali
patrioti,
che
godevano
il
favore
delle
popolazioni
locali,
specialmente
quelle
montane
che
non
si
abituarono
mai
al
dominio
turco,
venne
istituita
la
milizia
greca
degli
armatoli,
battaglioni
irregolari
di
greci
cristiani
fedeli
a
sultano
che
avrebbero
dovuto
entrare
nel
cuore
dei
greci
sostituendo
i
partigiani
e
contrastandoli
sia
ideologicamente
che
con
le
armi.
Clefti
e
armatoli
finirono
però
per
collaborare
e
formare,
nel
seno
del
sultanato,
un
forte
movimento
armato
di
resistenza,
che
sarà
determinante
per
riacquistare
l'indipendenza.
L'embrione
dell'indipendenza
si
sviluppò
nell'Europa
libera
dall'Impero
Ottomano,
dove
risiedevano
molti
greci
che
auspicavano
un
loro
ritorno
in
patria
come
cittadini
liberi
e
cristiani.
Nel
1814
fu
fondata
ad
Odessa,
sul
Mar
Morto,
la
Filiki
Etairia,
società
segreta
con
lo
scopo
di
riportare
la
penisola
ellenica
all'indipendenza,
cacciando
i
turchi
dal
territorio
che
era
stato
di
Alessandro
Magno
e
degli
imperatori
bizantini.
A
capo
dell'Etairia
vi
era
Alexandros
Ypsilanti,
greco
fanariota,
cioè
del
quartiere
greco
di
Costantinopoli,
dove
risiedeva
anche
la
guida
spirituale
suprema
dell'Ortodossia,
ossia
l'erede
al
soglio
di
sant'Andrea
il
Patriarca
di
Costantinopoli.
Alexandros,
che
diverrà
l'eroe
nazionale
greco,
era
cresciuto
militarmente
alla
corte
dello
Zar
Alessandro
I di
Russia,
dove
ricoprì
la
carica
di
aiutante
di
campo
dello
Zar
durante
la
guerra
contro
Napoleone
condotta
vittoriosamente
dal
generale
Kutuzov.
Il 6
marzo
1821
marciò
con
militanti
dell'esercito
russo
e
miliziani
dell'Etairia
contro
Iasi,
capitale
del
principato
danubiano
della
Moldavia,
che
fu
facilmente
liberata.
L'attacco
a
Iasi
doveva
favorire
l'affrancamento
delle
popolazioni
cristiano
ortodosse
dal
giogo
islamico
rappresentato
dall'impero
Ottomano.
Le
popolazioni
cristiane
dell'impero
infatti
insorsero,
ma
l'appoggio
russo
venne
sempre
meno
fino
a
sparire
in
virtù
degli
accordi
della
Santa
Alleanza
che
non
volevano
che
moti
rivoluzionari
e
liberali
si
propagassero
in
tutta
Europa
contro
i
legittimi
sovrani
stabiliti
dopo
il
Congresso
di
Vienna.
Alexandros
si
trovò
quindi
solo
a
combattere,
senza
più
l'aiuto
della
Russia
che
aveva
fedelmente
servito
per
anni.
Questo
non
fece
demordere
lo
spirito
di
libertà
ne
del
condottiero
ne
della
sua
armata
volontaria,
che
fu
battezzata
con
il
nome
di
'battaglione
sacro'
appunto
per
la
sacralità
dello
scopo
per
cui
combattevano,
quasi
come
se
fossero
dei
crociati
che
devono
liberare
le
terre
cristiane
dagli
infedeli
islamici.
In
Grecia
la
popolazione
iniziò
ad
armarsi
contro
i
turchi,
aiutata
dalle
forze
militari
rappresentate
dai
Klefis
e
dagli
armatoli
comandanti
dal
Theodoros
Kolokotronis.
Alì
Pascià,
che
governava
sull'Epiro,
grazie
ad
un
accordo
con
Ypsilanti
non
marciò
contro
gli
insorti
in
Grecia
ma
proclamò
l'indipendenza
dell'Epiro
dall'Impero
Ottomano.
Il
tumulto
doveva
così
scoppiare
in
tre
luoghi,
nei
principati
danubiani,
nel
Peloponnesso
e in
Albania,
in
modo
da
trovare
impreparato
il
Sultano
a
reprimerli
tutti
contemporaneamente.
L'impero
della
'Sublime
Porta',
non
era
infatti
militarmente
così
forte
come
si
credeva,
al
contrario
iniziava,
al
suo
interno,
a
crollare.
Non
tutti
i
comandanti
militari
e i
Pascià
erano
ormai
fedeli
al
sultanato,
e
questo
i
membri
dell'Eterìa
lo
sapevano
bene
e
proprio
su
questo
volevano
lanciare
il
loro
attacco
per
avere
successo.
In
Grecia
la
popolazione
come
anche
le
forze
militari
reclutate
tra
gli
ortodossi,
erano,
come
si è
visto,
a
favore
dell'indipendenza,
creando
le
basi
della
riuscita
dell'impresa.
Riferimenti
bibliografici:
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M.S.,
The
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question
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- A
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Guida
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Italia
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