N. 47 - Novembre 2011
(LXXVIII)
a proposito degli INDIGNATI
C’era una volta...
di Giovanna D’Arbitrio
C’era una volta un’Italia che credeva di essere un paese indipendente, c’era una volta un popolo che dopo aver subito un’atroce guerra mondiale e una sanguinosa guerra civile, fu capace di elaborare una Costituzione che garantisse diritti umani e civili, libertà e democrazia.
C’erano
una
volta
gli
Italiani
che
desideravano
ardentemente
ricostruire
il
loro
paese
su
basi
diverse,
lottando
insieme
con
il
sudore
della
fronte
del
lavoro
onesto,
per
una
società
più
giusta
ed
equa.
Era
un’Italia
povera
in
cui
anche
nelle
buone
famiglie
borghesi
si
spaccava
la
lira:
noi,
i
bambini
degli
anni
’50,
avevamo
un
paio
di
scarpe
per
l’inverno
e
uno
per
l’estate,
scarpe
che
non
venivano
buttate
nella
spazzatura,
ma
anno
dopo
anno
erano
risuolate
e
utilizzate
dai
fratelli
più
piccoli,
così
per
i
vestiti,
i
giocattoli
e
quant’altro.
Le
strade
di
Napoli
erano
pulite
e le
acque
del
nostro
mare
erano
limpide:
gli
spazzini
facevano
la
raccolta
“porta
a
porta”.
Si
ascoltava
la
radio
e,
quando
arrivò
la
televisione,
ci
si
riuniva
in
casa
di
amici
per
stare
insieme
e
vedere
pochi
programmi,
ma
di
“qualità”.
Avevamo
una
gran
fiducia
nel
progresso
scientifico
e
tecnologico
e da
esso
ci
aspettavano
una
vita
migliore.
I
racconti
degli
adulti
sulla
guerra
ci
facevano
inorridire
e
dentro
di
noi
nacque
un
forte
desiderio
di
pace
e
non
violenza,
di
valori
democratici
e
rispetto
per
gli
altri.
Tra
mille
difficoltà
e
lotte
quotidiane,
abbiamo
superato
anni
difficili,
condiviso
gli
ideali
positivi
degli
anni
’60,
quelli
di
Gandhi,
M.
L.
King,
J.
Kennedy,
Papa
Giovanni
XXIII,
abbiamo
rischiato
di
saltare
in
aria
in
treni,
aerei,
banche,
strade
e
piazze
durante
gli
“anni
di
piombo”,
siamo
rimasti
sconvolti
per
l’uccisione
di
Moro,
di
Falcone
e
Borsellino,
di
tanti
che
si
batterono
per
preservare
i
valori
essenziali
nei
quali
si
deve
radicare
un
paese
civile.
Siamo
usciti
“vivi”
in
tutti
i
sensi
da
quelle
esperienze
e
sempre
pronti
a
sperare,
ma
oggi
ci
sentiamo
davvero
confusi
e
indifesi
in
questo
mondo
globalizzato
dove
i
singoli
stati,
soprattutto
quelli
più
deboli,
sembrano
aver
perso
la
propria
indipendenza,
subordinati
ad
un
potere
economico
internazionale
che
si
avvale
di
agenzie
di
rating
le
quali
piombano
come
falchi
su
paesi
in
difficoltà
condizionandoli
nelle
scelte
politiche
ed
economiche,
paesi
ricattati
in
modo
crescente
da
strategie
che
favoriscono
investimenti
nel
terzo
mondo
e
nei
paesi
emergenti,
dove
si
possono
realizzare
alti
profitti
senza
rispettare
regole.
Per
completare
l’opera
poi,
in
Occidente,
guarda
caso,
si
chiedono
sempre
sacrifici
alle
classi
sociali
più
bisognose
e si
taglia
su
scuola,
cultura
occupazione,
pensioni,
sanità,
ambiente,
compromettendo
sempre
più
il
futuro
dei
giovani.
E
ancora
una
volta
nella
storia
i
giovani
sono
scesi
in
piazza,
ancora
una
volta
essi
sono
“indignati”
contro
scelte
guidate
da
un
egoistico
potere,
oggi
più
forte
e
globalizzato,
che
consente
speculazioni
economico-
finanziarie
di
ogni
genere
sulla
pelle
dei
più
deboli.
Questi
giovani
ora
purtroppo
hanno
perso
ogni
fiducia
nella
politica
e
fanno
di
ogni
erba
un
fascio,
poiché
anche
le
connotazioni
politiche
sono
saltate,
grazie
alle
politiche
internazionali
che
sostengono
governi,
partiti
e ”
Yes
men”,
pronti
a
prostrarsi
davanti
al
dio
danaro.
Quando
Obama
fu
eletto
invocò
“
regole”
internazionali
e
condivise
contro
tutto
ciò,
ma
anch’egli
adesso
appare
in
qualche
modo
condizionato
e
costretto
a
rinunciare
in
parte
ai
suoi
obiettivi.
Siamo
lontani
dall’entusiastico
e
fiducioso
“Yes,
we
can”.
Fitch,
Moody’s,
Stanfard
&
Poor’s
non
hanno
risparmiato
nemmeno
gli
USA,
oltre
a
colpire
l’Europa.
Le
proteste
della
gente
davanti
a
Wall
Street
ne
sono
una
dimostrazione.
Gli
“indignati”
aumentano
in
tutto
il
mondo
e…
non
sono
solo
giovani.
Il
sociologo
francese,
Alain
Touraine,
nel
suo
libro
“Aprés
la
Crise”
auspicò
qualche
anno
fa
il
sorgere
di
numerosi
movimenti
in
difesa
di
diritti
umani
e
civili,
libertà
e
democrazia,
per
una
più
ampia
presa
di
coscienza
dei
problemi
attuali
attraverso
un
costante
confronto
con
gli
altri.
Si
sta
ora
forse
verificando
ciò
che
egli
si
augurò?
Speriamo
solo
che
la
protesta
non
degeneri
in
ulteriori
violenze.
Chi
sono
questi
Black
Block
che
ormai
da
anni
infestano
pacifici
cortei?
Come
mai
con
le
moderne
tecnologie
disponibili
non
vengono
fermati
“prima”
che
possano
nuocere?
Cui
prodest?
L’
antica
domanda
è
sempre
attuale.
Speriamo
dunque
che
il
movimento
degli
“Indignati”
riesca
in
modo
pacifico
a
determinare
una
svolta
a
livello
mondiale
e di
conseguenza
nazionale,
restituendo
agli
stati
la
loro
piena
autonomia.