N. 103 - Luglio 2016
(CXXXIV)
incursioni
musulmane
nel
circeo
e
nelle
marine
laziali
una
ricostruzione
di
lungo
periodo
-
PARTE
I
di
Vincenzo
La
Salandra
La
presenza
musulmana
e le
scorrerie
saracene,
prima,
e
turco-barbaresche,
fino
alle
soglie
della
modernità,
furono
registrate
sul
Monte
Circeo
nel
periodo
medievale
e
moderno
fino
al
XVIII
secolo:
prendendo
spunto
dalle
fonti
della
storia
locale
si
vuole
proporre
una
sintesi
in
due
parti
delle
scorrerie
islamiche
e
riportare
le
notizie
delle
incursioni
seguendo
sia
alcuni
documenti
dell’epoca
che
le
storie
locali
del
Lazio.
Il
Circeo
è la
leggendaria
sede
della
maga
Circe,
vi
sorse
al
tempo
dei
Volsci
una
primitiva
sede
chiamata
Circello
e
l’archeologia
parla
di
un
tempio
dedicato
alla
dea
della
fertilità
Feronia.
Augusto
vi
edificò
una
fortezza:
queste
le
origini
di
San
Felice
Circeo,
al
cui
capo,
nel
medioevo,
Giovanni
VIII
sconfisse
i
saraceni
nell’877,
forte
di
galere
pontificie
e di
una
coalizione
che
univa
Salerno,
Amalfi
e la
Napoli
ducale.
Le
scorrerie
musulmane
interessavano
nell’entroterra
anche
la
città
di
Anagni,
erano
state
costanti
a
Terracina
fino
alla
stessa
data
e
finalmente
la
spedizione
anti-saracena
aveva
liberato
il
litorale
laziale
dallo
stanziamento
islamico
a
Fondi
che
i
saraceni
occupavano
dall’846.
Se
il
Musca
ha
pubblicato
già
nel
1964
nel
suo
prezioso
volume
Emirato
di
Bari,
847-871,
potrebbe
essere
il
caso
di
parlare
anche
di
un
piccolo
emirato
di
Fondi,
di
qualche
anno
più
tenace;
lo
spunto
di
ricerca
meriterebbe
attenzione
per
un
filone
di
ricerca
locale
sul
litorale
laziale
nell’altomedioevo
e
nella
speranza
di
completare
un
capitolo
ulteriore
della
storia
nazionale:
con
una
piccola
storia
della
colonia
musulmana
medievale
di
Fondi.
Ai
Caetani
spetta
la
costruzione
a
San
Felice
delle
quattro
torri
difensive
del
1562.
Nella
ricostruzione
degli
eventi
si
utilizzeranno
i
documenti
dell’epoca
e le
ricostruzioni
degli
storici
utilizzati
ovvero
il
Capponi
e
Silvestrelli,
Nibby
e la
Knight
oltre
alla
pubblicistica
contemporanea.
Il
Capponi
in
una
classica
descrizione
ottocentesca
del
suo
Promontorio
Circeo
illustrato
con
la
storia,
scriveva
in
tono
simbolico
ispirandosi
alla
Chronologia
di
Hieronymus
Bardus:
“Nell’anno
844,
come
riferisce
Girolamo
Bardo
apparve
nel
cielo
di
Terracina
e
Circeo
il
sole
molto
oscurato;
questo
fenomeno
fu
interpretato
dai
Circellesi
qual
prestigio
di
futuri
mali,
come
infatti
non
equivocarono.
Gli
Arabi,
appellati
Saraceni
di
setta
maomettana,
che
sin
dall’anno
821
penetrati
erano
in
Sicilia,
giunsero
per
via
di
mare
sulle
coste
del
Circeo
nell’anno
846:
e
dopo
aver
depredata
la
vicina
Isola
di
Ponza,
e
condotti
via
come
schiavi
tutti
i
suoi
abitanti,
praticarono
simile
bottino
nella
decaduta
città
Circea,
che
distrussero
unitamente
al
Fortino
giacente
sulla
vetta
del
monte,
dimodoché
fu
quella
l’ultima
epoca
della
sua
esistenza”.
Il
libro
del
Capponi,
da
cui
si
cita
il
passo
a
pagina
44,
uscì
a
Velletri
nel
1856.
Il
passo
segna
chiaramente
la
desolazione
dell’epoca
a
seguito
delle
incursioni.
Segnali
di
ripresa
si
avranno
grazie
agli
stimoli
e
alle
donazioni
volute
da
Silvestro
II
nel
1000.
Il
finale
è
lirico
nel
descrivere
un
pezzo
di
storia
medievale
con
relativo
classico
incastellamento:
“Chi
non
spargerà
una
lagrima
di
dolore
alla
narrazione
di
sì
infausto
avvenimento?
Deserto
e
desolato
quel
Promontorio
non
aveva
più
abitatori.
Lo
scarsissimo
avvanzo
poi
delle
altrui
barbarie,
addolorato
oltremodo
per
la
perdita
dei
proprj
congiunti,
amici
e
concittadini,
si
procurò
un
asilo
nella
limitrofe
città
di
Terracina,
ove
per
molto
tempo
dimorarono”
(Capponi,
44-45).
Nel
XIII
secolo
i
Papi
assegnavano
il
Circeo
ai
Templari
a
scopo
difensivo
e di
bonifica:
“[...]
nel
medesimo
tempo
dovette
ordinare
il
Pontefice
al
Castellano
di
Lariano
fra
Raimondo
Cavaliere
Templare
di
prendere
possesso
della
Rocca
Circea,
onde
essere
pronti
alle
difese
stante
la
favorevolissima
sua
posizione,
per
custodire
il
litorale
marittimo,
e la
vicina
città
di
Terracina
dalle
frequenti
incursioni
dei
Corsari
Tunisini
e
Algerini,
che
infettavano
l’intero
Mediterraneo”
(Capponi,
57).
Interessante
assai,
ai
fini
di
questa
ricostruzione,
è la
registrazione
dell’utilizzo
di
contingenti
mercenari
turchi
da
parte
del
Re
di
Napoli
in
azioni
militari
ai
danni
del
Papato.
In
effetti,
come
registrato
dal
Capponi
e da
altri
storici
coevi
e
contemporanei,
dopo
l’assegnazione
di
San
Felice
ai
Caetani
da
parte
di
Sisto
IV,
con
breve
del
1473,
interviene
a
sconvolgere
gli
equilibri
Ferdinando
Re
di
Napoli:
“[Ferdinando
dimenticava
le
obbligazioni,
che
aveva
stretto
con
la
Santa
Sede]
da
cui
era
stato
assunto
a
quel
trono,
e
difeso
contro
la
potenza
dei
Turchi,
volendo
porgere
ajuto
ad
Ercole
Duca
di
Ferrara
suo
genero
per
le
discordie
nate
fra
questo,
e i
Veneziani
collegati
col
Papa
nell’anno
1482,
spedì
contro
lo
Stato
della
Chiesa
Alfonso
Duca
di
Calabria
suo
figlio
con
9.000
uomini,
compresa
una
forte
colonna
di
cavalleria:
Esercito
composto
in
parte
di
Turchi,
che
dopo
riacquistato
Otranto
dalle
loro
mani
aveva
ritenuto
al
suo
soldo
[…]
il
21
agosto
l’esercito
pontificio
scagliossi
contro
il
campo
nemico;
i
primi
a
far
fronte
furono
i
Turchi”
(Capponi,
71-2).
La
vittoria
in
questa
battaglia
arrise
ai
pontifici
e
Alfonso
fu
costretto
ad
abbandonare
il
campo
ritirandosi
a
Nettuno
per
poi
riparare
a
Terracina
per
ricomporre
il
suo
esercito
napoletano,
e
anche
turco-napoletano
nella
stessa
prima
linea.
Lo
stato
di
guerra
perdurò
anche
dopo
l’elezione
di
Innocenzo
VIII,
dal
1484,
con
effetti
nefasti
per
tutto
il
territorio
circeo,
già
largamente
depredato
dalle
incursioni
islamiche.
Nel
tentativo
di
risollevare
le
sorti
della
zona,
ripopolarla
e
bonificarne
le
coste,
il
Papa
Giulio
II,
con
un
breve
del
3
gennaio
1506,
reintegrava
Guglielmo
Caetani,
figlio
di
Onorato
conte
di
Fondi,
nel
possesso
del
territorio
circeo:
“[...]
in
tutti
i
diritti
che
avevano
i
suoi
antenati
sulla
terra
di
S.
Felice
distrutta
da
Alfonso
di
Aragona
Re
di
Sicilia,
e
gli
concedè
facoltà
di
rifabbricare
la
Fortezza,
affine
di
restituire
il
commercio,
e la
popolazione
a
tutta
quella
spiaggia
di
mare,
ed
all’istesso
Monte
Circeo,
divenuto
inabitabile
per
le
frequenti
incursioni,
che
di
notte
vi
facevano
i
Pirati;
dimodochè
quei
poveri
terrazzani
diminuiti
sempre
più
in
numero,
e sì
per
le
vicende
politiche
dello
stato,
e sì
per
le
persecuzioni
particolari,
languivano
nello
squallore
e
nella
miseria”
(Capponi,
74).
A
difesa
della
navigazione
e
dei
traffici
tra
il
Regno
di
Napoli
e la
Sicilia
con
Roma
e
viceversa,
Pio
IV
emanava
un
ulteriore
breve
datato
8
gennaio
1562
a
favore
del
Cardinale
Niccolò
Caetani
(il
Cardinal
di
Sermoneta)
e di
suo
fratello
Bonifacio.
Vi
si
ordinava
la
fabbricazione
di
quattro
torri
di
avvistamento
per
il
mare
del
Circeo:
“[...]
il
quale
privilegio
venne
loro
confermato
da
S.
Pio
V,
in
benemerenza
di
avere
in
tal
guisa
liberato
in
parte
quel
mare
dalle
incursioni
dei
Corsari”
(Capponi,
75).