N. 54 - Giugno 2012
(LXXXV)
LE IMPRESE DI FILIPPO II
L’INIZIO DELL’EGEMONIA MACEDONE - PARTE I
di Massimo Manzo
Nell’immaginario
collettivo
Filippo
II
di
Macedonia
è
stato
sempre
sottovalutato
rispetto
alla
figura
del
figlio
Alessandro.
Eppure
le
grandiose
conquiste
che
resero
grande
Alessandro
mai
avrebbero
potuto
essere
pensate
e
realizzate
senza
la
magnifica
opera
politica
di
Filippo,
il
quale
riuscì,
in
poco
più
di
un
ventennio
di
regno,
a
proiettare
la
Macedonia
nel
ruolo
di
potenza
egemone
in
grado
di
compattare
il
mondo
greco,
aprendo
la
strada
alla
successiva
conquista
dell’
impero
persiano.
Nato
nel
382
da
Aminta
III
di
Macedonia
ed
Euridice,
Filippo
riuscì
a
salire
al
trono
in
circostanze
fortuite,
essendo
solo
il
terzogenito
maschio,
dopo
Alessandro
e
Perdicca.
Alla
morte
di
Aminta,
infatti,
avvenuta
nel
370,
fu
il
fratello
maggiore
Alessandro
II a
regnare
fino
al
368,
prima
di
essere
assassinato
da
una
congiura
ordita
da
Tolomeo
di
Aloro.
Proprio
durante
il
breve
regno
del
fratello,
a
seguito
di
una
dura
sconfitta
subita
dai
Macedoni
ad
opera
dei
Tebani,
il
giovane
Filippo
fu
inviato
a
Tebe
come
ostaggio,
soggiornandovi
per
quasi
tre
anni.
In
quel
periodo
apprese
i
preziosi
insegnamenti
dei
generali
Pelopida
ed
Epaminonda,
su
cui
si
baserà
la
successiva
riorganizzazione
tattica
dell’esercito
macedone
e la
creazione,
proprio
partendo
dallo
schieramento
tebano,
della
micidiale
falange,
il
cui
mito
di
invincibilità
durerà
secoli.
Morto
anche
Tolomeo
nel
365,
a
prendere
il
potere
fu
il
legittimo
erede
Perdicca
III,
che
tuttavia
lo
mantenne
solo
fino
al
360,
anno
in
cui
morì
durante
una
spedizione
militare
contro
gli
Illiri.
A
quel
punto
fu
il
ventiduenne
Filippo
ad
assumere
le
redini
del
regno,
scalzando
il
nipote
minorenne
Aminta
IV,
figlio
di
Perdicca.
La
situazione
che
il
giovane
sovrano
dovette
fronteggiare
non
era
certo
delle
migliori.
Prostrata
dalle
recenti
sconfitte
militari
e
fortemente
instabile
politicamente,
la
Macedonia
stava
attraversando
una
crisi
profonda,
il
cui
sintomo
più
evidente
era
la
debolezza
della
dinastia
regnate,
minata
da
continue
congiure
(spesso
eterodirette
da
potenze
straniere)
ormai
da
quasi
quindici
anni.
Il
regno
che
Filippo
ereditava,
oltre
a
passare
un
grave
momento
di
crisi
interna,
era
inoltre
considerato
uno
Stato
semibarbaro,
solo
marginalmente
coinvolto
nelle
dinamiche
politiche
greche,
come
del
resto
testimonia
il
suo
impianto
istituzionale,
basato
ancora
su
una
monarchia,
rispetto
all’esperienza
delle poleis sviluppatasi
a
sud.
L’isolamento
politico
era
d’altronde
conseguente
alla
posizione
geografica
della
Macedonia,
a
nord
in
perenne
conflitto
con
i
popoli
dei
Peoni,
dei
Traci
e
degli
Illiri,
bloccata
a
sud
dai
Tessali
ed
impossibilitata
ad
avere
uno
sbocco
costiero
per
l’ostilità
delle
città
greche
gravitanti
intorno
all’orbita
ateniese.
Nonostante
la
dinastia
degli
argeadi,
cui
apparteneva
Filippo,
vantasse
tra
i
suoi
progenitori
Eracle,
eroe
greco
per
eccellenza,
e i
macedoni
fossero
di
stirpe
dorica,
essi
erano
quindi
considerati
come
dei
semibarbari,
anche
se
dal
V
secolo
sovrani
come
Archelao
o
Alessandro
I
(detto
Filelleno)
tentassero
di
“ellenizzarsi”
richiamando
nelle
loro
corti
importanti
intellettuali
greci.
Pienamente
consapevole
di
tale
situazione
di
debolezza
politica,
geografica
e
militare
del
proprio
regno,
nonostante
la
sua
giovane
età,
Filippo
sembrò
fin
dall’inizio
deciso
a
“rompere
l’accerchiamento”
in
cui
si
trovava
lo
Stato
macedone,
e
renderlo
protagonista
delle
vicende
politiche
greche.
Le
prime
due
necessità
impellenti
a
tal
fine
erano
da
un
lato
la
riforma
delle
forze
armate,
dall’altro
la
messa
in
sicurezza
dei
confini,
costantemente
minacciati
dalle
pretese
dei
regni
confinanti.
L’introduzione
dell’innovativo
schema
della
falange
portò
al
raggiungimento
del
primo
obbiettivo,
rendendo
la
figura
di
Filippo
popolare
nei
ranghi
dell’esercito,
circostanza
essenziale
per
consolidare
il
proprio
potere
interno,
soprattutto
in
un
contesto
militarista
come
quello
macedone,
in
cui
la
legittimazione
del
sovrano
avveniva
con
la
sua
acclamazione
da
parte
di
un’
assemblea
del
popolo
in
armi.
Combinando
strategicamente
il
corpo
di
fanteria
pesante
della
falange
con
l’uso
della
cavalleria,
gli
attacchi
dell’esercito
macedone
risultavano
pressocchè
inarrestabili
anche
rispetto
alle
armate
oplitiche
dell’epoca.
Rispetto
alla
messa
in
sicurezza
dei
confini
Filippo
utilizzò
al
meglio
le
armi
della
diplomazia,
dimostrando
grande
intuito
politico.
Riuscì
infatti
ad
ottenere
la
pace
con
i
Peoni
attraverso
la
corruzione
e le
trattative,
mentre
utilizzò
lo
strumento
del
matrimonio
politico
per
assicurarsi
alleanze,
cementandole
con
nuovi
legami
di
parentela.
Fu
questa
una
costante
del
suo
regno,
che
lo
portò
a
legarsi,
tra
il
352
e il
359
in
ben
quattro
matrimoni,
pacificando
i
confini
dell’Illiria,
dell’Epiro,
e
ancora
stringendo
rapporti
di
alleanza
con
la
Tessaglia
e
consolidando
il
dominio
della
Macedonia
centrale.
La
conquista
di
Anfipoli
e
l’inizio
delle
tensioni
con
gli
Ateniesi
L’
atto
che
per
primo
portò
alla
collisione
tra
gli
interessi
macedoni
e
quelli
ateniesi
fu
senza
dubbio
la
presa
di
Anfipoli
nel
357.
Situata
alle
pendici
del
monte
Pangeo,
in
prossimità
delle
coste
della
Tracia,
Anfipoli
aveva
una
grande
importanza
strategica,
in
quanto
permetteva
da
un
lato
di
avere
una
sicura
base
d’appoggio
sulla
costa,
consentendo
dall’altro
lo
sfruttamento
delle
ricchissime
miniere
d’oro
e
d’argento
del
Pangeo,
essenziali
per
rimpinguare
le
casse
dello
stato
macedone.
Anche
in
questa
circostanza
Filippo
si
mosse
con
estrema
astuzia.
La
conquista
di
Anfipoli
avveniva
infatti
in
un
momento
particolarmente
difficile
per
gli
Ateniesi,
impegnati
proprio
in
quel
momento
nella
cosiddetta
“guerra
sociale”
contro
Rodi,
Chio,
Bisanzio
e
Cos,
le
quali
avevano
tentato
(fomentate
dal
satrapo
Mausolo
di
Caria)
di
uscire
dall’alveo
della
seconda
lega
navale
capeggiata
appunto
da
Atene.
La
presa
della
città
avveniva
inoltre
in
violazione
di
un
precedente
trattato
tra
Filippo
e
Atene,
stipulato
nel
359,
il
quale
prevedeva
come
clausola
espressa
l’impegno
del
re
macedone
a
non
realizzare
progetti
espansionistici
su
Anfipoli.
Il
sovrano,
a
dire
il
vero,
promise
agli
Ateniesi
la
successiva
consegna
della
città
per
legittimare
il
suo
intervento
militare,
proponendo
uno
scambio
con
Pidna.
Tuttavia,
come
avverrà
anche
in
successive
circostanze,
non
mantenne
l’
impegno
(anzi
scacciando
la
fazione
antimacedone
da
Anfipoli
dimostrò
di
volerne
prendere
il
pieno
dominio)
e
poco
dopo
prese
con
la
forza
anche
Pidna,
che
entrò
anch’essa
nell’orbita
macedone.
Gli
interessi
nei
confronti
delle
città
costiere
a
nord
della
Tracia
furono
d’altronde
chiari
a
tutti
con
la
stipulazione,
sempre
nel
357,
di
un
importante
trattato
di
alleanza
militare
con
la
Federazione
dei
Calcidesi,
guidata
dalla
città
di
Olinto.
In
questo
modo
Filippo
rendeva
chiara
la
sua
volontà
di
giocare
un
ruolo
sempre
più
importante
negli
equilibri
della
Grecia,
aspettando
l’occasione
propizia
per
assumervi
il
ruolo
di
protagonista.