[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

190 / OTTOBRE 2023 (CCXXI)


contemporanea

L'importanza geopolitica del Mediterraneo
Analisi DELLE politiche UE
di Emanuele Molisso

 

Situato tra Europa, Nord Africa e Asia Occidentale, il  Mar Mediterraneo è un vero "ponte" tra i territori di tutto il mondo. Risulta perciò, geopoliticamente parlando, oltremodo fondamentale per gli equilibri odierni, tanto da essere stato ribattezzato dagli analisti geopolitici “medioceano”.

Dal punto di vista geopolitico, l’Unione Europea è il principale attore della regione con ovvi risvolti anche per le superpotenze del mondo ovvero Stati Uniti d’America, Cina e Russia. Negli ultimi anni, l’UE non riesce a creare una politica di cooperazione in questo quadrante regionale. I motivi sono svariati come ad esempio la debolezza di alcuni stati membri, tra cui l’Italia che non riesce a imprimere la propria impronta sulla regione (che dovrebbe essere facilitata dalla sua posizione geografica) oppure dall’instabilità che percorre gli stati del Nord Africa o alcuni stati del Medio Oriente. Una difficoltà che l’Unione Europea ha dovuto affrontare fin dalla sua creazione.

L’allora CEE decise di realizzare una politica mediterranea per vari motivi: la secolarità delle relazioni storiche e commerciali tra le due sponde del Mediterraneo, affinità di civiltà e stretto intreccio dei rapporti umani, l’interesse a trasformare la regione in un quadrante pacificato con nessuna rivalità tra le varie superpotenze, la creazione di un’area di sviluppo tra i vari paesi mediterranei per l’approvvigionamento di materie prime non presenti sul suolo europeo. Ma la possibilità di creare una politica mediterranea vide fin da subito, come abbiamo detto poc’anzi, delle difficoltà e problemi interni alla stessa comunità europea.

Ad esempio, la stessa Italia, che viveva un’instabilità interna grave e non riusciva, allora come oggi, a ergersi come guida trainante di questo quadrante. Ma i problemi c’erano anche per i francesi, i quali erano visti come “colonizzatori” visto il loro passato imperialista nel Nord Africa e quindi risultava difficile riuscire a far sottoscrivere accordi multilaterali per la Francia nella regione. Quindi, negli anni Cinquanta del Novecento, l’approccio al Mediterraneo era per forza di cose, pragmatico e frammentario e per questo si decise di istituire due linee guida lungo cui muoversi: la regolamentazione dei rapporti con ex-territori francesi d’oltremare e lo sforzo di allargare verso sud-est, l’integrazione europea in funzione del consolidamento del sistema atlantico.

I primi passi furono mossi nel 1956, dopo la crisi di Suez, e da questo momento possiamo delineare ben quattro fasi delle varie politiche mediterranea delineate dall’Unione Europea. La prima fase è quella che va dal 1957 al 1972. I primi quindici anni della politica europea per il Mediterraneo sono stati caratterizzati da un approccio di chiara impostazione francese (gollista) di tipo regionalista, che perseguiva la costruzione di un’Europa delle nazioni, a difesa dei propri specifici interessi politici, economici, culturali e che mantenesse una relativa autonomia, soprattutto economica, dalle due superpotenze del tempo ovvero Stati Uniti d’America e Unione Sovietica. Questa corrente votava favorevolmente alla costruzione di rapporti privilegiati con le ex-colonie francesi. Alla corrente regionalista, si contrappose un’altra corrente prodotta dal pensiero europeo del tempo, definita mondialista. Essa sosteneva che la costruzione europea non potesse realizzarsi senza un’alleanza strategica con gli Stati Uniti d’America e con l’esposizione delle economie europee al libero scambio su scala mondiale.

Il dibattito tra le due correnti portò alla creazione di tre tipi di accordi, a partire dal 1961: accordo di associazione, accordo commerciale preferenziale, accordo commerciale non preferenziale. Con questo tipo di accordi, la CEE intendeva stringere una serie di accordi bilaterali con quasi tutti i paesi mediterranei, basati essenzialmente sull’acquisto di materie prime e la vendita di prodotti industriali, andandosi a configurare come il partner economico principale per tutte le economie del Mediterraneo. Alla fine,le trattative avviate si ridussero a essere quasi esclusivamente caratterizzata da un’impostazione commerciale e tariffaria.

L’aggravarsi della situazione arabo-israeliana-palestinese ebbe ripercussioni sulla regione all’entrata negli anni Settanta. La conseguenza negativa maggiore fu la difficoltà nell’approvvigionamento petrolifero. In questa situazione, si entrò nella seconda fase che va dal 1972 al 1985. L’obiettivo principale divenne la creazione di una politica mediterranea globale che doveva avere l’obiettivo di ristabilire l’equilibrio socioeconomico dell’area mediterranea, attraverso l’instaurazione di un nuovo sistema di relazioni tra i paesi mediterranei in via di sviluppo e le economie europee industrializzate.

Per arrivare a ciò, lo strumento prescelto fu l’accordo di cooperazione con un modello imperniato su due filoni: il primo era quello commerciale che riguardava i prodotti agricoli e industriali dei paesi mediterranei, ai quali fu concesso un accesso preferenziale al mercato comunitario. Il secondo era quello tecnico-finanziario con cui la comunità europea si prefissava di essere attiva protagonista nella creazione di progetti di sviluppo di comune interesse. Un progetto quello di una prima politica mediterranea globale che fallì miseramente perché alla fine, si andarono a favorire solamente le produzioni europee e non quelle dei paesi mediterranei. Un fallimento che fece progressivamente abbandonare l’area del Mediterraneo, la quale nell’ultimo ventennio del XX secolo, fu messa in secondo piano dalla caduta del Muro di Berlino nel 1989, dallo scoppio della guerra del Golfo nel 1991 e nello stesso anno, dall’instabilità dell’Algeria e dallo scoppio del conflitto interetnico nei Balcani.

Questo clima d’instabilità caratterizzò la terza fase che dal 1986 al 1989, vide la politica comunitaria mediterranea limitarsi soltanto al mantenimento dei tradizionali flussi di esportazione, finendo in secondo piano per i motivi elencati poco fa. Questo portò a una quarta fase che dal 1990, dura fino ai giorni nostri. Una fase che si è aperta con una persistente generale instabilità vista la mancanza di prospettive di sviluppo sociale ed economico per i paesi poveri del Mediterraneo, dovuta in larga misura all’instabilità politica regionale che ha sempre favorito, l’esplosione di conflitti latenti nell’area. Ma non tutto è rimasto fermo. Infatti, dal 1990, si è iniziato a dare vita a quattro revisioni.

Nel 1990 si è iniziato con la politica di vicinato. Una politica mirata a porre in primo piano la vicinanza geografica dei paesi mediterranei terzi alla comunità europea, per qualificare il loro sviluppo sociale ed economico, come interesse di sicurezza della CEE. Una politica che è rimasta a metà strada tra una cooperazione regionale e il tradizionale bilateralismo dei protocolli e che non è riuscita a promuovere una cooperazione politica che mirasse alla creazione di strutture comuni. Nel 1992 si proseguì con la politica di partnership con i paesi del Maghreb, che aveva l’obiettivo di integrare i protocolli bilaterali con gli stati della regione del Maghreb per riuscire a creare una zona di libero scambio che portasse alla creazione di una partnership euro-maghrebina. L’anno successivo, nel 1993, furono poste le basi per una politica di “integrazione” regionale in Medio Oriente con cui la CEE si qualificava come importante mediatore per un processo di pace comunitario e per questo, tutti i meccanismi bilaterali e aiuti finanziari, furono messi in secondo piano rispetto al progetto di creazione di una rete di cooperazione e una zona di libero scambio regionale. Nel 1994, invece, fu fissato l’obiettivo di una “zona euro mediterranea” di pace e stabilità con cui si inizia a parlare di un modello di partenariato per la regione mediterranea e inoltre si iniziò a parlare della creazione di un contesto politico comune.

Il 1995 è un anno fondamentale per il processo di creazione di una politica mediterranea globale. Il 27e 28 novembre del 1995, a Barcellona, si tenne la conferenza euro-mediterranea con cui la commissione europea decise di regolamentare i rapporti tra le due sponde del Mediterraneo con il piano denominato “Il consolidamento della politica mediterranea dell’Unione Europea: proposte per la creazione di un Partenariato Euromediterraneo”. Il PEM indicava come obiettivi fondamentali la pace, la stabilità e la prosperità che dovevano essere raggiunte con un rafforzamento della democrazia e con politiche mirate a uno sviluppo socioeconomico sostenibile. Il Partenariato era diviso in tre parti: Partenariato politico e di sicurezza finalizzato alla creazione di uno spazio comune di pace e stabilità, Partenariato economico e finanziario volto a promuovere una zona di prosperità condivisa, Partenariato in vari settori, in vista di una migliore comprensione tra culture. Il Partenariato per la prima volta, faceva abbandonare la visione eurocentrica e metteva al centro le aspirazioni e i bisogni dei partner mediterranei. Un deciso passo in avanti nella creazione di una politica mediterranea.

Ma nel 2001, ci fu un netto passo indietro, dopo gli attentati terroristici dell’11 settembre di New York e quelli successivi a Madrid e Londra, i quali riportarono in auge la minaccia del terrorismo di matrice fondamentalista islamica. Questo fattore, unito all’instabilità regionale del Medio Oriente, ha provocato il non raggiungimento dell’obiettivo principale del PEM ovvero la creazione di un’area di stabilità e prosperità in un contesto di democratizzazione e integrazione economica. Nel 2003, la commissione europea ha redatto il Wider Europe ovvero un documento che delineava la futura strategia europea nei confronti dei paesi limitrofi, ritenuti una componente imprescindibile per garantire ai paesi europei sicurezza, stabilità e sviluppo sostenibile. Quindi fu varato il PEV ovvero la Politica Europea di Vicinato con l’obiettivo di stabilire sicurezza e pace nello spazio circostante l’Unione Europea. Il PEV si basò sullo stringere accordi bilaterali concordati tra la commissione europea e i paesi coinvolti, articolati su una serie di condizioni che, una volta raggiunte, hanno permesso di procedere alla stipula degli accordi europei di prossimità.

Ma una nuova stagione di crisi la si visse nel 2011, nel momento in cui ci furono le primavere arabe. La commissione europea promosse un “Partenariato per la democrazia e la prosperità condivisa con il Mediterraneo meridionale”. Gli obiettivi erano il sostegno strategico alla primavera araba e il ruolo dell’UE come partner naturale, per agevolare e gestire le transizioni democratiche nei paesi del Mediterraneo. Il Mediterraneo, quindi, doveva essere reso una zona democratica stabile e prospera, con l’impegno di salvaguardare i processi di transizione democratica con l’obiettivo di instaurare una struttura economica volta a una crescita sostenibile e inclusiva, nel quadro di una integrazione regionale.

Oggi, il Mediterraneo si presenta come uno spazio integrato che però, allo stesso tempo, è frammentato secondo un nuovo modello di relazioni che ha visto l’abbandono del paradigma stato centrico, in favore di una che prediligeva un reticolo di rapporti economici, politici, militari, civili, culturali e sociali tra attori pubblici e privati, con la conseguente creazione di uno spazio amministrativo che riesca a cercare un legame tra i singoli diritti nazionali e il diritto internazionale classico.
 
 
Riferimenti bibliografici:
 
L. Accarino, La UE e i paesi del Mediterraneo in “Rivista di Studi Politici e Internazionali”, vol. 63, n 4. (252), ottobre-dicembre 1996, pp. 483-497.

M.P. Belloni, La politica mediterranea della CEE (trattative, accordi, dissensi) in “Il Politico”, vol. 44, n. 3, settembre 1979, pp. 547-571.

A. Isorni, Da Barcellona a Marsiglia. Le politiche dell’Unione Europea nel Mediterraneo in “Rivista di Studi Politici Internazionali”, n.s., vol. 79, n. 2, (aprilegiugno 2012), pp. 223-241.

G. Notarstefano, R. Scuderi, La vicenda del Partenariato euro Mediterraneo: prospettive e percorsi d’integrazione in “Rivista Internazionale di Scienze Sociali”, anno 112, n. 4, (ottobre-dicembre 2004) pp. 399-432.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]