N. 68 - Agosto 2013
(XCIX)
LE CRISI D’ORIENTE
GUERRA E DIPLOMAZIA CONTRO L’IMPERO OTTOMANO
di Davide Galluzzi
Durante la prima metà dell’800 l’Europa si trovava in una
situazione
destinata
a
ripetersi
per
tutto
il
secolo
e
oltre:
due
blocchi
erano
in
lotta
tra
loro
per
l’egemonia
continentale.
Le due parti, un tempo alleate, detenevano già ampie fette
di
potere
in
Europa,
si
trattava
ora
di
ampliarle
da
un
lato
e di
frenare
l’ascesa
del
rivale
dall’altro.
Chi voleva ampliare la propria influenza era la Russia,
detentrice
di
quella
che
potremmo
definire
egemonia
terrestre.
Chi, invece, voleva frenare l’ascesa russa era l’Inghilterra
(detentrice
dell’egemonia
marittima)
e,
in
un
secondo
tempo,
la
Francia,
i
cui
sogni
repubblicani
erano
stati
di
nuovo
frustrati
dal
regime
bonapartista
di
Napoleone
III.
La
Russia,
governata
dal
pugno
di
ferro
di
Nicola
I,
era
di
fatto
arbitro
e
gendarme
d’Europa.
L’Impero
zarista,
addirittura,
sembrò
quasi
instaurare
un
protettorato
sull’Impero
ottomano,
scatenando
la
reazione
della
Gran
Bretagna
che
impose
a
Costantinopoli
di
chiudere
gli
Stretti
del
Bosforo
e
dei
Dardanelli
alle
navi
da
guerra
russe.
Inoltre,
durante
il
periodo
rivoluzionario
iniziato
nel
1848,
Pietroburgo
intervenne
in
Ungheria
e
Romania.
La
Francia,
per
reazione,
intervenne
in
Siria
contro
il
ribelle
Mehmet
Alì,
nel
tentativo
(riuscito)
di
salvare
l’Impero
ottomano
e
frenare
l’ascesa
russa.
Lo scontro tra i due blocchi contrapposti scoppiò nel 1853
con
la
cosiddetta
Guerra
di
Crimea.
Il
conflitto
vide
una
Russia
completamente
isolata.
Lo
scontro
era,
inizialmente,
solo
tra
Impero
ottomano
e
Impero
zarista,
ma
ben
presto
Inghilterra
e
Francia
si
schierarono
al
fianco
del
sultano,
seguite
nel
1855
dal
Regno
di
Sardegna.
Interessante la posizione presa dalle maggiori potenze centrali:
Austria
e
Prussia.
Vienna,
dopo
aver
occupato
Valacchia
e
Moldavia,
decise
di
assumere
una
posizione
di
neutralità,
come
il
regno
degli
Hohenzollern.
Neutralità
ma,
beninteso,
neutralità
favorevole
alle
potenze
occidentali
(l’occupazione
dei
vassalli
ottomani
è un
chiaro
segno).
Pietroburgo, isolata, senza collegamenti ferroviari, impossibilitata
a
spostare
le
truppe
dal
confine
occidentale,
venne
sconfitta.
Nelle
trattative
di
pace
svoltesi
a
Parigi
la
Russia
dovette
cedere
alcuni
territori
caucasici
e la
Bessarabia,
perdendo
così
il
controllo
sul
delta
del
Danubio.
Inoltre
veniva
precluso
il
transito
delle
navi
militari
zariste
attraverso
gli
Stretti.
La sconfitta era figlia dell’arretratezza dell’autocrazia
russa.
Grazie
alle
riflessioni
di
alcuni
ambienti
di
corte
e
alla
volontà
dello
zar
Alessandro
II
la
Russia
si
pose
sulla
via
di
importanti
riforme,
la
cui
analisi
esula
dagli
scopi
di
questo
articolo.
Per capire la seconda Crisi d’Oriente (1875-1878) occorre
analizzare
la
situazione
europea
successiva
alla
prima
Crisi
(la
già
citata
Guerra
di
Crimea).
La Russia, come detto, era stata sconfitta dalla coalizione
anglo-franco-piemontese
ed
era
immersa
nel
processo
riformistico
di
Alessandro
II.
L’Europa, dal canto suo, era immersa nella pax germanica
seguita
alle
guerre
prussiane
che
avevano
umiliato
prima
l’Austria
e
poi
la
Francia,
culminando
nella
nascita
dell’Impero
germanico.
Grazie alla sapiente politica estera di Bismarck il nuovo
ordine
europeo
venne
sancito
dalla
Lega
dei
tre
imperatori
(o
Dreikaisersbund),
un’alleanza
tra
Germania,
Austria
e
Russia.
I più importanti sommovimenti avvenivano, in quegli anni,
nell’area
slava
sotto
dominio
ottomano.
Possiamo
individuare
due
aree
principali
in
cui
scoppiarono
le
rivolte
che
portarono
alla
seconda
Crisi
d’Oriente:
Bosnia-Erzegovina
e
Bulgaria.
In Bosnia-Erzegovina, dopo alcune rivolte di musulmani (timorosi
di
perdere
la
propria
supremazia
a
causa
delle
riforme
ottomane),
la
palla
passò
nelle
mani
dei
cristiani
che
insorsero
nel
1875.
La rivolta era dovuta all’elevata tassazione, alla mancante
applicazione
delle
riforme
e
dalla
rabbia
verso
la
propria
condizione
di
sottomissione.
Le
terre
del
decadente
Impero
ottomano
facevano
gola
a
molti
e fu
così
che
le
potenze
cominciarono
a
intervenire
nella
situazione
creatasi.
L’Impero austro-ungarico intervenne sostenendo e incitando
i
ribelli,
mentre
le
potenze
regionali
di
Serbia
e
Montenegro
intervennero
direttamente
nel
conflitto,
eliminando
le
ultime
catene
di
vassallaggio
che
le
legavano
a
Costantinopoli.
Per quanto in decadenza l’esercito ottomano era comunque di
molto
superiore
a
quello
serbo-montenegrino
e i
nemici
del
sultano
vennero
ben
presto
sbaragliati.
Nel 1875 scoppiò una rivolta anche in Bulgaria, dove operava
l’organizzazione
creata
da
Vasil
Levski.
Vista
la
vicinanza
al
centro
imperiale
la
repressione
fu
molto
dura.
La mediazione di Londra favorì l’armistizio tra le parti,
mentre
Romanov
e
Asburgo
si
accordavano
per
una
spartizione
della
penisola
balcanica
in
vista
del
collasso
ottomano.
Ecco,
però,
che
la
diplomazia
della
Sublime
Porta
gioca
d’astuzia
e
stupisce
l’Europa.
Durante la conferenza di Costantinopoli del 1876 (in cui si
prevedevano
riforme
e
autonomia
per
i
cristiani)
i
turchi
resistettero
alle
pressioni
degli
Stati
esteri
e
proclamarono
una
Costituzione
di
stampo
occidentale,
ben
presto
ritirata
e
ripristinata
nel
1908
dalla
rivoluzione
dei
Giovani
Turchi.
Chiusa la via diplomatica la Russia decise di aprirsi la
strada
col
ferro.
Assicuratesi
la
neutralità
di
Casa
d’Austria
le
truppe
zariste
entrarono
in
Romania.
La nazione, vassalla di Costantinopoli, firmò una convenzione
con
Pietroburgo
e,
in
seguito,
dichiarò
unilateralmente
l’indipendenza
(1877).
I
russi
entrarono
indisturbati
nei
domini
del
sultano.
Le
forze
zariste,
tuttavia,
vennero
arrestate
a
Pleven.
Solo
con
l’intervento
dell’esercito
romeno
si
uscì
dall’impasse
e si
marciò
verso
Costantinopoli.
Nella località di San Stefano (nei pressi della capitale
ottomana)
venne
firmata
la
pace
tra
i
contendenti
(marzo
1878).
Alla
Turchia
vennero
sottratti
Serbia,
Montenegro
e i
territori
che
costituirono
il
Principato
autonomo
di
Bulgaria
(satellite
russo).
Inoltre
la
Russia
sottraeva
alla
Romania
alcuni
distretti
bessarabici.
La
Romania,
come
indennizzo,
ottenne
la
Dobrugia
del
Nord.
La forte espansione russa nella regione risultò intollerabile
alle
potenze
europee
e
Austria-Ungheria
e
Inghilterra
mossero
le
truppe.
Per
evitare
una
situazione
simile
a
quella
del
1853
venne
convocata
una
conferenza
a
Berlino
(1878),
sotto
l’occhio
vigile
del
cancelliere
di
ferro.
La conferenza stabilì gli inevitabili indennizzi alle altre
potenze.
Vienna
ottenne
l’amministrazione
trentennale
della
Bosnia-Erzegovina,
Londra
ottenne
l’isola
di
Rodi,
Serbia,
Montenegro
e
Romania
ottennero
l’indipendenza.
Da
sottolineare
il
fatto
che
la
Bulgaria
venne
spaccata
in
due,
col
chiaro
intento
di
limitare
l’influenza
russa.
La parte settentrionale del paese divenne totalmente indipendente,
la
parte
meridionale
costituì
il
Governatorato
autonomo
della
Rumelia
Orientale,
sotto
dominio
ottomano,
ma
amministrativamente
autonomo
e la
Macedonia
rimase
in
mani
ottomane.
Gli avvenimenti descritti limitarono sensibilmente la presenza
ottomana
nell’Europa
continentale,
ma
non
risolsero
la
questione
balcanica
e
gettarono
le
basi
per
i
futuri
orrori
scoppiati
nel
1914.