N. 64 - Aprile 2013
(XCV)
L'Impero Bizantino dall'apice alla sua caduta
VENEZIA E L’IMPERO - parte IV
di Christian Vannozzi
Secondo
il
giudizio
dei
contemporanei
e
dei
posteri,
l’imperatore
Giovanni
viene
considerato
il
più
grande
di
Comneni.
Pieno
di
moderazione,
ma
fermo
e
inflessibile
nel
perseguire
i
suoi
fini,
egli
proseguì
con
perseveranza
ferrea
la
politica
di
suo
padre
senza
mai
perdere
di
vista
la
possibilità
di
tali
azioni.
Tentò
invano
di
rompere
gli
stretti
legami
che
univano
l’impero
a
Venezia,
e
che
rendevano
il
commercio
bizantino
succube
dei
mercanti
veneziani.
La
repubblica
marinara
italiana
non
era
intenzionata
a
modificare
i
privilegi
ottenuti
nella
Bolla
d’Oro
del
1082.
Come
dimostrazione
di
forza
la
flotta
veneziana
aggredì
le
isole
bizantine
dell’Egeo
e
Giovanni
fu
costretto
a
ratificare
la
Bolla
d’oro
concessa
da
suo
padre.
Sul
Danubio
vi
furono
campagne
contro
le
popolazioni
peceneghe,
che
una
volta
sconfitte
furono
arruolate
nell’esercito
imperiale.
Un
secondo
problema
in
Occidente
era
rappresentato
dalle
aspirazioni
autonomiste
delle
popolazioni
serbe
aiutate
dal
neonato
stato
ungherese.
Le
popolazioni
magiare
stabilitesi
nella
Pannonia,
e
adottato
il
cristianesimo
latino,
avevano
dato
vita
ad
un
regno
dalle
salde
strutture
istituzionali
deciso
ad
imporre
la
propria
egemonia
nell’area
nord
balcanica
e
adriatica.
Una
chiara
dimostrazione
del
ruolo
del
regno
di
Ungheria,
erano
la
conquista
della
Croazia
e le
spedizioni
lungo
il
litorale
della
Dalmazia.
Alessio
I
aveva
cercato
di
arginare
tale
situazione
con
un
matrimonio
tra
Giovanni
e la
figlia
del
re
Ladislao,
Irene.
L’unione
fece
gravitare
il
nuovo
regno
nella
sfera
di
influenza
bizantina
nonostante
la
formale
affiliazione
al
cristianesimo
latino.
Sul
fronte
orientale
Giovanni
era
determinato
a
ristabilire
i
confini
lungo
la
linea
dell’Eufrate
e
ristabilire
la
sovranità
sui
principati
crociati
di
Cilicia
e di
Antiochia.
I
successi
raggiunti
ristabilirono
l’impero
nel
suo
ruolo
di
potenza
dell’area
mediterranea,
ripristinando
la
sua
vocazione
ecumenica
che
le
conquiste
crociate
avevano
messo
in
discussione.
Per
contrastare
le
spinte
espansionistiche
del
sovrano
normanno
Ruggero
II,
che
aveva
stabilito
la
sua
capitale
a
Palermo
e
ambiva
al
ruolo
di
potenza
mediterranea,
il
Βασιλεύς
cercò
l’appoggio
dell’imperatore
tedesco
Corrado
III.
A
tale
scopo
aveva
progettato
un
matrimonio
tra
il
principe
ereditario
Manuele
e
una
principessa
tedesca
nipote
di
Corrado,
Berta.
I
rapporti
con
Venezia
erano
tornati
cordiali.
I
privilegi
concessi
da
suo
padre
Alessio
con
la
Bolla
d’Oro
del
1082
vennero
confermati
e la
repubblica
fu
rassicurata
sui
confini
orientali
con
l’impero
che
vedeva
minacciati
a
causa
di
spedizioni
Bizantini
in
Dalmazia.
La
situazione
di
stabilita
costruita
da
Giovanni
fu
ereditata
da
Manuele,
figlio
dell’imperatore,
nel
1143.
Durante
il
regno
di
Manuele
l’Europa
si
stava
sempre
più
delineando
con
la
costituzione
degli
stati
nazionali
e
regionali.
Questa
evoluzione
fece
in
modo
che
Manuele
coltivasse
le
relazioni
con
il
mondo
Occidentale
come
primaria.
Le
due
linee
principali
della
politica
manueliana
furono
in
Occidente
il
mantenere
buoni
rapporti
con
Ungheria
e
impero
tedesco,
in
modo
da
garantirsi
da
un
espansionismo
normanno,
mentre
in
Oriente
l’alleanza
con
i
principati
Latini
era
essenziale
per
il
controllo
dell’Anatolia.
Per
questa
ragione
offrì
il
suo
aiuto
alla
Seconda
Crociata
predicata
da
san
Bernardo
e
voluta
dal
pontefice
Eugenio
III
dopo
la
caduta
della
contea
di
Edessa.
La
spedizione,
guidata
dall’imperatore
Corrado
III
e
dal
re
di
Francia
Luigi
VII,
ebbe
dall’impero
mezzi
di
transito
e
vettovagliamenti
in
cambio
degli
omaggi
dovuti
al
Βασιλεύς
dei
romani.
La
sconfitta
di
Corrado,
che
fu
tratto
in
salvo
a
Nicea
dalla
flotta
bizantina,
saldò
ancora
di
più
i
legami
tra
i
due
imperi
in
chiave
sempre
anti-normanna.
Mentre
infatti
Manuele
era
trattenuto
in
Oriente,
nell’autunno
del
1147
i
normanni,
guidati
dal
loro
re
Ruggero
II,
il
quale
aveva
creato
un
forte
regno
che
comprendeva
Italia
meridionale
e
Sicilia,
aggredirono
direttamente
l’impero
bizantino,
conquistando
Corfù
e
occupando
Corinto
e
Tebe,
le
più
ricche
città
della
Grecia.
L’alleanza
con
l’imperatore
Corrado
e
con
Venezia,
che
si
sentiva
minacciata
dalla
potenza
normanna
nell’Adriatico,
resero
possibile
la
riconquista
di
Corfù
e la
ritirata
dei
normanni
dalle
città
orientali
nel
corso
del
1149.
Durante
la
difesa
dell’isola
ci
fu
però
un
episodio
che
recò
discordie
tra
veneziani
e
bizantini
dovuto
ad
una
zuffa
tra
gli
equipaggi
delle
due
flotte.
In
quell’episodio
i
veneziani
avevano
catturato
una
galea
imperiale
e
avevano
posto
sul
trono
uno
schiavo
negro
addobbato
come
l’imperatore
per
prendersi
gioco
del
cerimoniale
bizantino.
I
marinai
greci
furono
molto
adirati
per
l’accaduto
che
lasciò
strascichi
sui
rapporti
che
univano
i
greci
ai
latini.
L’alleanza
fece
in
modo
che
i
Bizantini
riconquistassero
inoltre
il
litorale
adriatico
da
Ancona
a
Brindisi
approfittando
della
morte
di
Ruggero
e
della
crisi
dinastica
venutasi
a
creare.
Ma
l’ascesa
al
trono
tedesco
di
Federico
I
Barbarossa,
che
a
differenza
di
Corrado
era
titubante
ad
aiutare
Costantinopoli,
costrinse
i
Bizantini
ad
una
pace
trentennale
con
il
nuovo
sovrano
normanno
Guglielmo
II
in
cambio
del
ritiro
greco
dalle
coste
italiane.
Sia
per
Manuele
che
per
Federico
I,
l’idea
imperiale
era
alla
base
di
tutti
i
loro
intenti
politici.
I
primi
contatti
dell’Occidente
con
il
diritto
romano
di
Giustiniano
rafforzò
la
coscienza
dell’universalità
dell’impero.
All’alleanza
tra
i
due
imperi
si
sostituì
la
rivalità
tra
Manuele
e
Federico.
Ambedue
rivendicavano
infatti
per
se
soli
la
sovranità
imperiale
e
l’eredità
di
Roma.
Lo
sbarco
ad
Ancona
ed
il
successo
iniziale
dell’offensiva
bizantina
provocò
inoltre
l’inimicizia
di
Venezia
che
si
sentiva
minacciata
nei
suoi
interessi
marittimi.
Come
infatti
temeva
i
normanni
sulle
due
coste
dell’Adriatico,
la
repubblica
marinara
temeva
anche
Bisanzio
se
questa
fosse
diventata
tanto
forte
da
contrastare
l’egemonia
veneziana.
La
posizione
privilegiata
che
i
mercanti
veneziani
avevano
nell’impero
rappresentava
un
onere
insostenibile
per
il
commercio
bizantino.
Manuele
cercò
così
di
rafforzare
il
legame
con
le
altre
città
italiane
e
nel
1169
concluse
un
alleanza
con
Genova
e
nel
1170
con
Pisa.
I
rapporti
con
Venezia
si
fecero
quindi
sempre
più
tesi
e
nel
1171
scoppiò
un
aspro
conflitto.
Il
12
marzo
in
un
solo
giorno
tutti
i
veneziani,
in
tutto
l’impero,
vennero
arrestati
e i
loro
beni
confiscati.
La
risposta
di
Venezia
fu
un
forte
attacco
navale
nelle
isole
greche
di
Chio
e
Lesbo
che
mostrò
all’Occidente
la
debolezza
dei
Bizantini
sul
mare.
Nella
disputa
tra
Papa
Alessandro
III
e
Federico
I,
Manuele
appoggiò
il
pontefice
il
quale
accettò
l’ala
protettrice
di
Bisanzio
creando
una
lega
anti–Sveva
che
comprendeva
impero
bizantino,
Francia
e
normanni.
Per
rafforzare
la
sua
posizione,
Manuele,
rimasto
vedovo,
sposò
la
principessa
Normanna
Maria
di
Antiochia
e
sostenne
economicamente
i
comuni
della
Lega
Lombarda
in
lotta
contro
Federico
per
ripristinare
la
propria
autonomia.
La
pace
in
Italia
tra
il
papato,
i
comuni
e
l’impero
tedesco
rese
però
inutile
il
sostegno
bizantino.
Inoltre,
il
conflitto
con
Venezia
del
1171
generò,
da
parte
dei
veneziani,
uno
spirito
di
rivalsa
che
covarono
fino
al
momento
propizio
per
la
vendetta.
In
oriente
dove
il
Βασιλεύς
si
elevava
del
titolo
di
difensore
dei
principati
crociati
e
veniva
omaggiato
anche
dal
Re
di
Gerusalemme,
l’esercito
imperiale
subì
nel
1176
una
rovinosa
sconfitta
ad
opera
dei
turchi
finanziati
da
Federico
Barbarossa
che
cacciarono
dall’Anatolia
i
Greci
lasciando
così
isolati
i
principati
Latini.
Manuele
Comneno
fu
tra
gli
imperatori
bizantini
il
più
legato
all’Occidente.
Marito
della
cognata
dell’imperatore
Corrado
III,
Berta
di
Sulzbach,
viveva
secondo
i
cronisti
dell’epoca
come
un
cavaliere
di
tipo
occidentale.
In
lui
si
poteva
vedere
quanto
i
contatti
con
il
mondo
occidentale
abbiano
influito
sul
mondo
bizantino.
Egli
infatti
amava
i
costumi
Occidentali
e li
imitava
alla
sua
corte.
Durante
il
suo
regno,
stranieri
provenienti
dall’Occidente
dominavano
sempre
di
più
la
scena
politica
ricoprendo
alte
cariche
nell’impero
a
dispetto
del
permanente
risentimento
dei
Greci.
Dopo
la
morte
di
Berta
l’imperatore
sposò
la
principessa
Maria
di
Antiochia
che
nel
settembre
del
1169
diede
a
Manuele
l'atteso
erede.
Come
di
consuetudine
all'ottavo
giorno
il
padre
offrì
magnifici
festeggiamenti
per
commemorare
la
nascita
di
Alessio.
Né
attese
più
di
tanto
per
compiere
il
passo
successivo:
il
24
marzo
del
1171
Alessio
venne
nominato
erede
ed
incoronato
co-imperatore
nella
chiesa
della
Vergine
alle
Blacherne.
Intanto
il
piccolo
co-imperatore
cresceva
tra
gli
agi
del
palazzo,
e
pare
che
Manuele
non
abbia
mai
ritenuto
necessario
di
portarlo
con
sé
nelle
sue
campagne:
del
resto
lui
ed i
suoi
fratelli
avevano
accompagnato
il
padre,
Giovanni,
a
ben
altra
età.
Molto
presto
l'imperatore
pensò
di
procurare
una
moglie
all'unico
figlio
maschio,
e in
un'ottica
tesa
ad
isolare
il
suo
grande
nemico,
il
Barbarossa,
nel
marzo
del
1180
Alessio
fu
promesso
sposo
ad
Agnese,
chiamata
in
modo
più
appropriato
Anna,
figlia
del
re
di
Francia
Luigi
VII.
L'occasione
servì
anche
a
celebrare
le
nozze
tra
la
porfirogenita
Maria
ed
il
figlio
del
marchese
Guglielmo
V
del
Monferrato,
Ranieri,
ribattezzato
Giovanni
e
nominato
cesare.
Il
cronista
Roberto
di
Clari
elogia
l’imperatore
Manuele
per
il
suo
attaccamento
ai
valori
occidentali
e
denigra
il
popolo
di
Costantinopoli
invidioso
delle
attenzioni
del
Βασιλεύς
per
i
cavalieri
Latini.