N. 63 - Marzo 2013
(XCIV)
L'Impero Bizantino dall'apice alla sua caduta
Alessio I Comneno tra normanni e crociatI - parte III
di Christian Vannozzi
Alessio
si
dimostrò
un
sovrano
di
indiscussa
capacità.
Aveva
ereditato
un
impero
non
più
potente
militarmente
e
circondato
da
nemici
come
i
normanni
e i
turchi
selgiuchidi
che
avevano
ormai
esteso
il
loro
potere
su
tutta
l’Anatolia.
Per
non
impegnarsi
su
due
fronti,
cosa
impossibile
per
un
impero
ridotto
alle
misere
condizioni
descritte,
Alessio
riconobbe
al
sultano
turco
l’Anatolia
e si
dedicò
a
contrastare
i
normanni
in
Occidente.
Il
sovrano
normanno
Roberto
il
Guiscardo
aveva
conquistato
l’Italia
meridionale
ed
attaccava
Durazzo
sulla
costa
orientale
dell’adriatico.
I
Comneni
a
questo
punto
decisero
di
impegnarsi
in
battaglia
contro
i
normanni,
i
quali,
impadronitesi
dell’Epiro,
attraverso
la
via
Egnazia
che
da
Durazzo
conduceva
a
Tessalonica,
minacciavano
direttamente
le
ricche
terre
della
Macedonia
da
cui
l’impero
traeva
una
quota
consistente
delle
proprie
entrate
fiscali.
Inoltre
Roberto
il
Guiscardo
era
intenzionato
ad
arrivare
sino
a
Costantinopoli
per
occupare
il
trono
stesso.
Senza
forze
militari
sufficienti
e
senza
denaro
l’imperatore
Alessio
dovette
intraprendere
una
lotta
la
cui
posta
era
l’esistenza
stessa
dell’impero
bizantino.
Non
potendo
contare
su
forze
militari
sufficienti,
Alessio
aprì
trattative
diplomatiche
con
il
papa
Gregorio
VII
e
con
l’imperatore
tedesco
Enrico
IV,
inoltre
si
assicurò
l’aiuto
della
repubblica
di
Venezia,
la
quale
si
sentiva
minacciata
essa
stessa
dall’espansionismo
normanno
nell’Adriatico.
La
flotta
veneziana
era
l’unica
che
potesse
contrastare
la
flotta
normanna.
La
città
lagunare
aveva
infatti
una
formidabile
flotta
da
guerra,
fatta
costruire
per
proteggere
la
flotta
commerciale
che
garantiva,
grazie
agli
scambi
con
tutte
le
città
del
Mediterraneo,
la
ricchezza
e la
potenza
di
Venezia.
La
repubblica
marinara
italiana
aveva
bisogno
per
la
sua
flotta
mercantile
della
libertà
di
movimento
nell’Adriatico
e
l’insediamento
della
potenza
normanna
su
ambedue
le
coste
del
mare
avrebbe
significato
la
decadenza
del
ducato
veneziano.
Per
questa
ragione
la
città
lagunare
era
la
naturale
alleata
di
Bisanzio
nella
guerra
contro
i
normanni.
Tra
il
luglio
e
l’agosto
del
1081,
la
flotta
da
guerra
veneziana,
agli
ordini
dell’ammiraglio
Domenico
Selvo,
getta
l’ancora
a
tre
miglia
da
Durazzo
assediata.
Roberto
il
Guiscardo
intuendo
il
pericolo
manda
a
Venezia,
dal
doge,
suo
figlio
per
esortarlo
ad
abbandonare
la
causa
di
Alessio
Comneno.
La
battaglia
ha
però
comunque
luogo
in
quanto
gli
interessi
dei
normanni
e
quelli
veneziani
erano
divergenti
e
non
poteva
esserci
nient’altro
che
lo
scontro.
La
flotta
normanna,
guidata
dall’ammiraglio
Boemondo
d’Altavilla,
viene
sconfitta
lasciando
i
cavalieri
normanni
soli
in
pieno
territorio
bizantino.
L’appoggio
della
potenza
marittima
di
Venezia
era
particolarmente
importante,
perché
la
flotta
bizantina
si
era
indebolita
come
il
suo
esercito
di
terra.
Grazie
all’ausilio
della
città
lagunare
i
normanni
dovettero
cessare
l’assedio
di
Durazzo.
Roberto
il
Guiscardo
si
trovò
infatti
in
una
difficile
situazione,
in
quanto
la
flotta
veneziana,
accorsa
in
difesa
di
Durazzo,
era
riuscita
a
cacciare
i
suoi
cavalieri
dalla
città
assediata.
Inoltre
l’oro
bizantino
aveva
convinto
le
città
dell’Italia
meridionale
ad
opporsi
alla
dominazione
normanna.
Queste
difficoltà
costrinsero
Roberto
il
Guiscardo
a
rinunciare
all’impresa
per
ristabilire
la
propria
sovranità
in
Italia.
Riaffermata
la
sua
sovranità
in
Italia,
il
re
normanno
riprese
le
operazioni
belliche
nell’Adriatico
orientale
riconquistando
Durazzo
nel
1082.
I
bizantini
con
l’aiuto
della
flotta
veneziana
ricacciarono
però
l’anno
dopo
i
normanni
dalla
costa
orientale.
Con
la
morte
di
Roberto
Il
Guiscardo,
nel
1085,
ha
fine
il
conflitto
normanno-bizantino.
I
normanni
infatti
furono
costretti
a
rinunciare
all’impresa
bellica
per
gravi
problemi
di
successione
al
trono
derivati
dalla
morte
del
sovrano.
Venezia
ottenne,
grazie
all’aiuto
nella
vitale
guerra
contro
i
normanni,
per
il
doge
il
titolo
aulico
di
σεβαστός
, un
titolo
che
veniva
riconosciuto
dal
Βασιλεύς
solo
a
coloro
che
gli
erano
più
vicini.
Il
titolo
infatti
designava
i
parenti
dell’imperatore.
Inoltre
la
repubblica
poteva
commerciare
liberamente
in
tutte
le
province
dell’impero
bizantino,
e
anche
a
Costantinopoli,
senza
pagare
alcun
dazio
ad
esclusione
della
zona
del
Mar
Nero
che
rimaneva
monopolio
bizantino.
Il
patriarca
di
Grado
assunse
poi
un
ruolo
importante
nella
chiesa
greca
in
contrasto
con
il
patriarca
di
Aquileia
appoggiato
da
Roma
e
dal
papa
Gregorio
VII.
Venezia
avvicinandosi
all’impero
d’Oriente
acquistava
così
uno
status
di
città
anti-gregoriana.
La
chiesa
di
San
Marco
acquistava
poi
il
diritto
di
riscuotere
tributi
da
tutti
gli
amalfitani
residenti
nell’impero
bizantino.
Infine
ai
veneziani
erano
concessi
beni
immobili
sia
a
Durazzo
che
a
Costantinopoli.
Il
decreto
imperiale
fu
concesso
alla
repubblica
marinara
nel
1082,
anno
in
cui
i
normanni,
risolti
i
problemi
interni,
avevano
riconquistato
Durazzo
e
sembravano
poter
prevalere
sui
bizantini.
I
governanti
veneziani
consideravano,
pur
rimando
vassalli
dell’impero
d’Oriente,
la
Bolla
d’Oro
di
Alessio
I un
punto
fermo
nell’evoluzione
dei
loro
rapporti
con
Bisanzio,
per
cui
sino
al
1087
si
preoccuparono
di
farla
confermare
in
occasioni
di
crisi
o di
altri
momenti
di
particolare
gravità.
La
Bolla
d’Oro
fu
senza
dubbio
alla
base
della
prosperità
economica
e
politica
di
Venezia.
In
Occidente
l’imperatore
era
riuscito
a
respingere
i
temibili
normanni
e in
Oriente
nello
stesso
periodo
le
lotte
tra
gli
emiri
rivali
rendeva
possibile
la
riconquista
dell’Asia
minore.
Dopo
la
conquista
di
Gerusalemme
da
parte
dei
turchi
Selgiuchidi
nel
1077
in
Occidente
si
iniziò
a
parlare
di
riconquista
dei
luoghi
santi
di
Siria
e
Palestina,
riconquista
che
prese
il
nome
di
Crociata.
Il
papato
vedeva
nella
riconquista
di
Gerusalemme
e
degli
altri
luoghi
sacri
un
modo
per
stabilire
la
propria
potenza
verso
l’Oriente.
A
Clermont
Urbano
II
bandì
la
Prima
Crociata
a
cui
risposero
le
masse
dell’Occidente
oppresse
dalle
difficoltà
economiche
e
pervase
da
entusiasmo
religioso.
Per
l’impero
bizantino
la
lotta
contro
gli
infedeli
non
rappresentava
nulla
di
nuovo.
La
guerra
all’Islam
era
da
secoli
una
necessità
per
il
loro
impero
e la
liberazione
della
Terra
Santa,
che
era
stata
provincia
bizantina,
appariva
loro
come
un
naturale
compito
per
ristabilire
l’antica
potenza.
Tale
guerra
aveva
reso
indispensabile
per
l’impero
d’Oriente
il
reclutamento
di
mercenari
occidentali.
Allo
stesso
scopo
serviva
la
richiesta
di
aiuto
a
Roma
da
parte
di
Alessio
I.
Costantinopoli
vide
avvicinarsi
i
crociati
in
un
momento
in
cui
la
situazione
dell’impero
era
migliorata
in
modo
decisivo
tanto
da
rendere
i
Bizantini
in
grado
di
tentare
da
soli
la
riconquista
della
Siria
e
della
Palestina.
La
posizione
dell’impero
d’Oriente
come
protettore
della
Cristianità
orientale
veniva
così
usurpato
dai
crociati.
I
cavalieri
occidentali
vennero
ricevuti
nella
capitale
con
profonda
diffidenza
perché
si
pensava
agli
Occidentali
come
invasori
e
prevaricatori,
viste
le
ingerenze
papali
nelle
province
bizantine
e la
recente
guerra
con
i
normanni.
La
crociata
inoltre
intralciava
i
piani
dell’imperatore
Alessio
di
riaffermare
l’autorità
imperiale
nel
Medio
Oriente.
A
tal
scopo
fece
giurare
ai
comandanti
crociati
fedeltà
all’impero
e li
impegnò
a
restituire
al
Βασιλεύς
tutte
le
città
conquistate
che
fossero
state
in
precedenza
dominio
bizantino.
Da
parte
sua
l’imperatore
prometteva
di
rifornire
la
spedizione
con
viveri
ed
equipaggiamento.
Per
i
bizantini
i
cavalieri
occidentali
erano
una
massa
di
“rozzi
barbari”,
inoltre
gli
ortodossi
non
erano
abituati
a
vedere
dei
chierici
e
dei
sacerdoti
armati
tra
le
fila
dell’esercito,
per
loro
un
επισκοπος,
un
πρεσβύτερος
o un
διάκονος
che
portavano
le
armi
era
impensabile.
Era
invece
assolutamente
normale
per
il
clero
cattolico
romano.
La
prima
conquista
significativa
dei
crociati
fu
la
presa
di
Nicea
(giugno
1097),
città
che
fu,
secondo
l’accordo
pattuito
a
Costantinopoli,
consegnata
ai
Bizantini.
La
presa
di
Antiochia
(giugno
1098)
pose
però
fine
all’accordo
con
Costantinopoli,
in
quanto
il
principe
normanno
Boemondo
stabilì
nella
città
un
principato
autonomo
e
non
tenne
fede
agli
accordi
con
l’imperatore.
La
costituzione
del
principato
autonomo
di
Antiochia
sotto
un
principe
normanno
colpiva
direttamente
gli
interessi
vitali
dell’impero,
inoltre
Boemondo
non
nascondeva
la
sua
inimicizia
nei
confronti
di
Bisanzio.
Un
risultato
del
rafforzamento
dell’autorità
imperiale
fu
la
fondazione
della
nuova
dinastia
dei
Comneni.
Nonostante
i
dissensi
esistenti
all’interno
della
famiglia
imperiale,
e
nonostante
le
ostinate
lotte
per
la
successione
al
trono
che
avvelenarono
gli
ultimi
giorni
dell’imperatore
Alessio,
suo
figlio
maggiore
Giovanni
gli
succedette
al
trono.