SUGLI IMPERATORI IN ESILIO
La sorte dei Paleologi dopo la caduta di
Bisanzio
di Lorenzo Bruni
La presa di Costantinopoli segnò la
fine di un’epoca. Nel momento in cui
le difese della capitale bizantina
vennero definitivamente meno e le
forze ottomane, guidate dal sultano
Mehemed II, poterono dilagare nella
città, crollò uno dei più importanti
e duraturi imperi di ogni tempo. Non
si dissolveva soltanto l’idea stessa
di Impero Bizantino, ma, in maniera
estremamente pragmatica, perdeva la
vita il suo ultimo imperatore: in
combattimento, proprio nel fatidico
giorno in cui osservava il proprio
mondo, così come lo aveva conosciuto
e vissuto, crollargli di fronte agli
occhi, Costantino XI Paleologo
trovava la morte.
Numerose sono le teorie sulla sua
dipartita: taluni sostengono che
egli sia rimasto ucciso nel
disperato tentativo di abbandonare
la città sotto mentite spoglie,
mentre secondo altri che sia
valorosamente caduto in battaglia.
Esistono inoltre delle ipotesi che
vedrebbero l’imperatore
sopravvissuto all’assedio, grazie a
un piano di fuga dal’esito felice, e
in base alle quali avrebbe trascorso
il resto della propria vita
nell’anonimato più totale. Se la
discussione riguardo la sorte
dell’uomo è tutt’oggi aperta, e
probabilmente lo resterà per sempre,
lo stesso non può essere detto per
il simbolo storico che la sua stessa
esistenza rappresentava: l’ultimo,
riconosciuto imperatore di Bisanzio
scomparve quel giorno, lasciando
vacante il trono di un regno che non
esisteva più.
La storia degli imperatori
bizantini, però, non aveva ancora
trovato la propria conclusione:
infatti, nonostante la morte di
Costantino XI Paleologo e la
dissoluzione dell’impero, vi fu
comunque chi, legato allo scomparso
imperatore da legami di sangue, ha
tentato di rivendicare il trono di
Bisanzio come proprio di diritto. Il
primo di questi, per importanza ed
età, fu uno dei fratelli di
Costantino XI Paleologo, cioè
Demetrio Paleologo. Nato nel 1407 e
dotato di un carattere irruento e
poco incline al dialogo, egli venne
precedentemente nominato despota di
Lemno, dopodiché di Mesembria e
Selimbria. Nel 1448, forte dei buoni
rapporti che nel frattempo aveva
intessuto con Mehemed II, tentò di
appropriarsi del trono con un colpo
di stato, sventato però dalla di lui
madre Elena Dragas, la quale preferì
prendere le parti del più mite
Costantino Paleologo. Quest’ultimo
decise dunque di allontanare da sé
il fratello quanto più fosse
possibile e lo nominò despota della
Morea, carica che mantenne anche in
seguito al crollo dell’impero, con
il beneplacito di Mehemed II,
assieme al fratello Tommaso.
È con quest’ultimo però che
iniziarono insanabili attriti; dopo
che furono riusciti a domare una
rivolta interna, guidata dalla
famiglia dei Cantacuzeni, durata
fino al 1454, comprese che Tommaso
stava acquisendo sempre più potere,
sia popolare che nel palazzo di
governo, e che ben presto sarebbe
stato estromesso dalla carica di
despota. Così nel 1460 Demetrio
chiese aiuto direttamente a Mehemed
II, implorandolo di invadere la
Morea a suo nome e di
consegnargliela in affido. Questa
decisione ebbe però ripercussioni
catastrofiche per Demetrio: non solo
perse ogni possibile pretesa al
trono di Bisanzio, essendosi alleato
con un infedele, ma venne
addirittura cacciato dalla Morea
dallo stesso Mehemed II che,
provando solo disprezzo per un
individuo inetto, a suo modo di
vedere indegno di governare alcun
Paese, lo confinò in una villa ad
Adrianopoli in qualità di esattore
delle tasse. Là trascorse alcuni
anni, prima di venire esiliato nel
1467; nel 1469 fece ritorno nella
corte turca, ma ebbe iniziò la
malattia che da lì a due anni lo
condusse alla morte, non prima però
di aver preso l’abito monacale sotto
il nome di Davide.
Nel momento esatto in cui Demetrio
propose una nuova alleanza a Mehemed
II, come già detto, perse il diritto
di rivendicare il trono di
Costantinopoli: tale privilegio
passò al di lui fratello Tommaso
Paleologo, più giovane del primo di
appena due anni, sestogenito e più
giovane dei Paleologi. Cacciato
dalla Morea dalle forze turche, egli
fuggì a Roma, dove si convertì al
Cristianesimo col fine di migliorare
la propria immagine presso gli
europei, e venne riconosciuto dal
mondo occidentale come legittimo
regnante di Bisanzio; nonostante
ciò, Tommaso non cercò mai, in alcun
modo, di ritornare nella propria
terra per riprendere il controllo
dei propri possedimenti e di quello
che avrebbe potuto essere il suo
impero.
Il resto della vita di Tommaso
trascorse infatti senza sussulti
degni di essere considerati: nel
1465 egli morì nella corte papale,
passando il titolo di legittimo
imperatore al più grande dei suoi
figli, Andrea Paleologo, nato nel
1453 a Mistra. Costui trascorse
l’intera sua vita a Roma, sotto la
protezione di papa Paolo II prima e
di Sisto IV poi. Le fonti lo hanno
tramandato a noi come un individuo
amante della vita superficiale e del
lusso sfrenato, delle feste sfarzose
e della compagnia femminile; non a
caso sposò una prostituta romana di
nome Caterina.
Non vi è sicurezza invece sullo
stabilire di quanto potere
economico, almeno in partenza, egli
potesse disporre: secondo alcuni
agli inizi poteva contare su
un’ingente somma di denaro messa a
sua disposizione dal papa, mentre
secondo altri egli avrebbe amato
concedersi ogni lusso degno di un
imperatore bizantino senza avere
però una solida base monetaria sulla
quale poggiare. In ogni caso, ben
presto Andrea dilapidò del tutto le
proprie risorse economiche e si
trovò sul lastrico. Accortosi della
propria situazione di povertà e per
nulla intenzionato a modificare il
proprio tenore di vita, Andrea
iniziò a vendere a più persone e più
volte il titolo di imperatore
bizantino: tra questi Carlo VIII di
Francia e il sultano ottomano
Bayezid II; quest’ultimo, in
aggiunta, concesse ospitalità ai
membri della famiglia Paleologo.
La loro sorte non fu però tra le
migliori: dopo la morte del sultano,
si dovettero convertire all’Islam e,
in alcuni casi, furono ridotti in
schiavitù. Andrea invece morì a Roma
nel 1502 e, inizialmente, venne
sepolto nella Basilica di San
Pietro; in seguito, nel corso dei
lavori di ristrutturazione avvenuti
nel XVI secolo, la sua tomba venne
perduta. In base al suo volere, i
suoi eredi furono Ferdinando II
d’Aragona e Isabella di Castiglia.
Numerosa indecisione vi è però
riguardo alla sua discendenza
diretta: alcuni gli attribuiscono un
figlio o una figlia che avrebbero
poi trascorso il resto della propria
vita sotto la protezione dei papi,
mentre per la maggior parte degli
studiosi egli non ebbe figli
riconosciuti e legittimi, per cui,
con la sua morte, la dinastia dei
Paleologi e, di conseguenza, degli
imperatori bizantini, concluse la
propria esistenza.