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N. 105 - Settembre 2016 (CXXXVI)

Icone pagane e cristiane nella terra dei faraoni
ORIGINI E AFFINITÀ

di Paolo Fundarò

 

Nel vasto mare del Fayyum, lo storico dell’arte può riflettere e indagare non solo i rapporti culturali e la pittura greco-romana con quella dell’antico Egitto attraverso i ritratti di mummie; ma ripercorrere le origini delle più antiche icone cristiane. “Eikon” è un termine greco che indica in senso storico-artistico un pannello di legno con un soggetto sacro destinato al culto.

 

Certamente le icone cristiane medievali hanno adottato le antiche tecniche pittoriche della cera e della tempera. Ma quali sono le origini e l’inizio del loro sviluppo?

 

Le icone cristiane più antiche giunte sino a noi ammontano a circa tre dozzine di pannelli dipinti tra il VI e il VII secolo. Il gruppo più importante è custodito presso il monastero di Santa Caterina sul monte Sinai; e un numero ristretto a Roma.

 

 

Icona ad encausto. Tavola del VI secolo. Monastero Santa Caterina. Sinai.

 

L’opinione più diffusa sulla nascita delle icone rimanda ad un collegamento tra immagini sacre ed immagini imperiali; ma si tratta di connessioni difficili da documentare. Una teoria recente li collega ai ritratti del Fayyum con pochi sostenitori a suo favore. Per lo storico dell’arte Thomas F. Matheus costruzione, composizione e immagini delle icone rappresentato piuttosto la naturale evoluzione di pannelli religiosi del mondo pagano tardoantico. Un prezioso tesoro di ventidue icone pagane databili tra il II e il IV secolo provengono ancora una volta quasi interamente dalle sabbie del Fayyum. Un paio di pannelli ritrovati in altri contesti dimostrano che immagini sacre pagane erano comuni nel mondo mediterraneo e diffuse fuori dall’Egitto.

 

Anche le fonti letterarie ci parlano di icone con una funzione religiosa nel mondo greco-romano e di raffigurazioni di divinità con lo sguardo fisso verso lo spettatore. Tre di queste icone ritrovate durante una campagna di scavi provengono da abitazioni private e una da un tempio. I fedeli pagani volevano dunque avere in casa le stesse divinità presenti nei templi. Altri legami di continuità tra icone pagane e cristiane sono manifesti nelle figure e nei busti in posizione frontale coi simboli del potere divino. Hanno lo sguardo rivolto verso i devoti e un’aureola intorno al volto. In una casa di Tebtynis del III secolo nel Fayyum scavata dall’archeologo tedesco Otto Rubensohn sono state ritrovate due icone pagane; una delle due conserva la cornice e la cordicella per appenderla alla parete. Le icone cristiane modellate come le pagane hanno uno spessore medio di meno di un centimetro e i bordi sottili per essere accostate in un trittico dotate di sportelli per mostrare o nascondere le immagini dipinte. Un terzo delle tavolette tardoantiche è costituito da trittici e la stessa proporzione si mantiene tra le icone cristiane del Sinai.

 

Quando non erano usate le icone dovevano restare chiuse; durante la preghiera venivano aperte per lasciare intravedere lo splendore dello sguardo divino. Altre connessioni sono rappresentate dalle composizioni; gli dèi sono spesso rappresentati seduti in trono.

Accanto le divinità maggiori: Iside, Serapide, Arpocrate, Suchos, le icone pagane tardoantiche rappresentano un numero di divinità minori dal carattere militare ed equestre. Importante è il panello di un dio conservato al museo del Cairo davanti il suo cavallo con l’aureola e la corona

 

d’alloro; ritrovato in un contesto domestico da Ahmed Fakhry Eff nel 1939 negli scavi di Medinat Quota, all’estremità occidentale del Fayyum. Queste divinità scompaiono verso il IV secolo quando inizia lo spopolamento del Fayyum; ma la continuità con le icone cristiane del VI secolo è evidente nella collezione del Sinai che raffigurano santi militari che accompagnano Cristo e la Madre di Dio.

 

Come il dio militare del Museo del Cairo, San Teodoro nel monastero di Santa Caterina è in piedi e regge uno scudo con la mano sinistra e con la destra stringe una lancia che terminano con una piccola croce. Il pittore raffigura i nuovi santi cristiani con un modello compositivo che ricalca i precedenti pagani in quanto la funzionalità di culto era affine.

 

 

A sinistra: divinità equestre. Museo del Cairo. Destra: San Teodoro. Monastero Santa Caterina.

 

Altre analogie sono rappresentate dalle iscrizioni dedicatorie; nelle icone pagane il donatore è dipinto in scala ridotta dietro la divinità con la formula “ ep’agathos” “ per grazia” o “per beneficio”. Nelle icone cristiane quando il donatore è presente viene identificato con una scritta che in alcuni casi riporta la sua preghiera come quella di Philochristos “ per la salvezza e la remissione dei peccati”.

 

La mancanza di documenti pittorici tra il IV e il VI secolo non deve indurci a pensare che non via sia stata compresenza di icone pagane e cristiane. Le icone pagane vennero prodotte sino a quando il cristianesimo si affermò definitivamente. All’inizio dell’VIII secolo il teologo Giovanni Damasceno era messo in imbarazzo da chi paragonava l’uso cristiano delle icone a quello pagano. Sono dunque molteplici le corrispondenze e le conformità tra le tavole dipinte degli dèi pagani con la nascente religione cristiana: pannelli sottili con cornici scanalate protette da coperture scorrevoli, figure frontali a mezza figura o figura intera; donatori di dimensioni ridotte. Altre similitudini si riscontrano nella composizione e nell’iconografia: sguardo fisso; l’aureola, il trono, l’abbigliamento militare o del tipo equestre. Il devoto pagano o il credente cristiano erano accumunati dal mistero tremendo e dal timore che si sprigionava davanti lo sguardo potente della divina presenza che lo scrutava attraverso gli occhi dell’icona.



 

 

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