N. 116 - Agosto 2017
(CXLVII)
ibn giubayr e il viaggio islamico medievale - Parte II
la Sicilia arabo-normanna nel XII secolo
di Vincenzo La Salandra
La
descrizione
dello
scrittore
arabo-andaluso
della
Sicilia
comprende
le
coste
orientali
e
settentrionali:
Ibn
Giubayr
viaggiò
anche
via
terra
in
Sicilia,
e
precisamente,
dopo
lo
sbarco
a
Messina,
da
Termini
a
Palermo
e
Trapani,
appunto.
L’occasionale
riferimento
all’amore
per
la
conoscenza
da
parte
del
re
normanno
serve
anche
da
spunto
al
viaggiatore
andaluso
per
segnalare
la
soggezione
e la
mancanza
di
libertà
dei
musulmani
di
Sicilia,
che
da
antichi
politici
conquistatori
dell’isola
erano
passati
a
soggetti
asserviti
ai
nuovi
conquistatori
Normanni.
Infatti:
“[Il
Re]
ha
medici
ed
astrologi
a
cui
prodiga
ogni
attenzione,
ed è
sì
vago
di
tal
classe
di
persone
che
se
viene
a
sapere
che
alcuno
di
loro
è di
passaggio
ne’
suoi
domini,
lo
fa
trattenere
e lo
provvede
largamente
del
bisognevole
per
fargli
dimenticare
il
proprio
paese.
-
Dio
con
la
sua
bontà
preservi
i
musulmani
da
siffatta
tentazione”.
A
questo
destino
non
sfuggirà
successivamente
Idrisi
che,
sotto
l’egida
di
Ruggiero,
scriverà
la
sua
Geografia
o
Kitàb
ar-Rugiar.
Descrivendo
anche
le
difficili
condizioni
dei
musulmani
in
Sicilia
il
nostro
erudito
andaluso
non
si
scostò
in
ogni
caso
dalla
tradizione
islamica
che
aveva
della
Sicilia
una
visione
complessivamente
vivida
e
meravigliosa.
Ibn
Giubayr
ravvisava
infatti
nella
fecondità
e
ricchezza
delle
campagne
la
sostanza
autentica
della
Sicilia
e
potè
definire
l’isola
“uno
dei
paesi
più
meravigliosi
che
il
Signore
abbia
creato”,
e
ancora,
nel
solco
di
una
pluri-secolare
percezione,
vedere
nell’Etna,
il
Monte
del
Fuoco,
il
Gabal
an-Nahr
di
araba
memoria,
l’espressione
naturale
e
grandiosa
della
potenza
divina
e
vero
emblema
naturale
dell’isola.
E
questa
idea
è
anche
evidente
nelle
belle
e
sentite
descrizioni
e le
espressioni
di
un
Jean
Houel
nel
suo
Viaggio
a
Catania,
fino
al
Settecento
e al
Gran
Tour.
Houel
dedicava
nel
Settecento
tantissime
pagine
all’Etna
e
alla
sua
escursione
esplorativa
sul
vulcano
esprimendo
le
sue
paure
e le
forti
emozioni
vissute;
già
alcuni
autori
arabi
del
medioevo
avevano
osservato
e
descritto
con
meraviglia
e
spavento
il
Gabal
an-Nahr.
Infine,
tra
tante
pagine
di
descrizione
accurata
e
partecipazione
emotiva
intensa
da
parte
dell’autore,
a
noi
piace
concludere
con
la
descrizione
ammirata
e
incantata
di
Ibn
Giubayr
della
cerimonia
nuziale
cristiana
a
Tiro.
Una
pagina
che
ci
restituisce
con
vivezza
e
filmica
visione
lo
sguardo
attento
e
avido
di
immagini
e
informazioni
del
nostro
viaggiatore
andaluso
medioevale:
“Tra
gli
spettacoli
seducenti
di
questo
mondo
degni
di
ricordo,
fu
un
corteo
nuziale
che
un
giorno
vedemmo
presso
il
porto
di
Tiro.
Tutti
i
Cristiani,
uomini
e
donne,
già
erano
accorsi
numerosi
e si
erano
disposti
su
due
file
presso
la
porta
della
sposa
novella.
Si
suonavano
le
trombe,
i
flauti
ed
ogni
genere
di
strumenti
musicali,
quand’ecco
venir
fuori
la
sposa
dondolandosi
tra
due
uomini
che
la
tenevano
a
destra
e a
sinistra,
e
sembravano
suoi
parenti.
Essa
indossava
gli
ornamenti
più
brillanti
e i
vestiti
più
distinti,
trascinando
lungo
strascico
di
vesti
seriche
dorate,
nel
costume
che
sogliono
vestire
i
Cristiani.
In
testa
portava
una
benda
d’oro
tenuta
ferma
da
una
reticella
tessuta
in
oro,
ed
in
un’altra
alla
stessa
foggia
le
cingeva
il
petto.
Incedeva
maestosa
nel
suo
abbigliamento,
palmo
a
palmo
come
fa
colomba
o
nuvola
che
scorre.
-
Dio
ci
guardi
dalla
seduzione
delle
apparenze.
- La
precedevano
i
suoi
correligionari
più
rispettabili,
vestiti
degli
abiti
di
lusso
i
più
splendidi,
di
cui
trascinavano
dietro
a sé
i
lunghi
strascichi.
La
inseguivano
le
sue
pari
ed
uguali
fra
le
cristiane,
camminando
superbe
nei
loro
vestiti
più
ricchi,
e
lasciando
cadere
a
terra
le
loro
lunghissime
code.
La
musica
era
andata
avanti,
ed i
Musulmani
e
vari
Cristiani
che
stavano
a
vedere
si
erano
disposti
sulla
strada
in
due
file,
e
guardavano
curiosi
senza
far
segno
di
disapprovazione.
Così
procedendo
la
fidanzata
fu
condotta
alla
dimora
dello
sposo,
e
banchettarono
tutta
la
giornata.
Volle
il
caso
che
noi
ci
trovassimo
presenti
a
questo
spettacolo
mondano,
dalla
cui
seduzione
preghiamo
Dio
che
ci
guardi”.
Si
respira
anche
in
italiano
il
profumo
incisivo
della
prosa
araba
di
questo
pio
viaggiatore
che
Michele
Amari
aveva
già
e
giustamente
definito
“scrittore
brioso
ed
elegante”.