N. 89 - Maggio 2015
(CXX)
Ian Thorpe
Thorpedo
di Francesco Agostini
Ian
Thorpe
è
stato
uno
dei
nuotatori
più
importanti
della
storia,
nonché
uno
degli
sportivi
australiani
più
amati
e
richiesti.
Nonostante
il
nuoto
non
possa
ambire
ai
guadagni
faraonici
di
altri
sport
(vedi
il
calcio,
tanto
per
citare
l’esempio
più
clamoroso,
Ian
Thorpe
è
comunque
riuscito
a
imporre
la
sua
immagine
negli
spot
pubblicitari,
sulle
pagine
dei
giornali
e
negli
oggetti
d’uso
comune.
La
sua
struttura
fisica
lo
ha
imposto
naturalmente
come
un
perfetto
nuotatore:
scheletro
imponente,
muscolatura
degna
di
un
eroe
greco,
altezza
di
un
metro
e
novantacinque
e
centoquattro
chili
di
peso.
Con
queste
doti
era
naturale
che
l’australiano
avesse
davanti
a sé
un
futuro
roseo
e,
naturalmente,
vincente.
La
bacheca
di
Ian
Thorpe
è a
dir
poco
piena
di
medaglie:
ventisette
del
materiale
più
pregiato,
l’oro,
otto
d’argento
e
due
di
bronzo.
Da
notare
che
delle
ventisette
medaglie
d’oro,
cinque
sono
state
conquistate
nei
Giochi
Olimpici,
l’ambizione
più
alta
per
qualsiasi
atleta
che
si
possa
definire
tale.
Al
di
là
del
lato
sportivo
e
della
sua
incredibile
bravura
nel
nuoto
(in
particolare
nello
stile
libero,
la
sua
specialità)
che
forse
sarebbe
ridondante
raccontare,
è
interessante
la
vicenda
umana
dell’australiano,
ritiratosi
dal
nuoto
a
soli
ventiquattro
anni.
La
cosa,
nel
nuoto,
è
abbastanza
frequente,
forse
a
causa
degli
allenamenti
intensivi
a
cui
gli
atleti
sono
sottoposti:
sei,
sette
o
anche
otto
ore
chiusi
in
piscina
a
fare
vasche
su
vasche,
confinati
in
uno
stato
di
alienazione
tale
da
non
rendersi
più
sopportabile
dopo
un
determinato
numero
di
anni.
E
così
è
stato
anche
per
Thorpe,
che
si
ritirò
nel
2006,
quando
avrebbe
potuto
ancora
fare
incetta
di
titoli
e
medaglie.
Alla
base
di
questa
scelta
c’erano
stati
alcuni
problemi
fisici
che
ne
avevano
frenato
la
carriera
come
la
mononucleosi
e
una
bronchite
abbastanza
seria,
ma,
soprattutto,
ciò
che
lo
condizionò
di
più
fu
una
depressione
debilitante.
La
depressione,
malattia
molto
diffusa
tra
gli
sportivi,
lo
portò
a
eccedere
verso
l’autodistruzione
fisica,
come,
ad
esempio,
quando
fu
immortalato
dai
paparazzi
in
evidente
stato
di
ebbrezza.
Proprio
questa
immanente
depressione
lo
ha
portato
nel
corso
degli
anni
a
pensare
a
soluzioni
estreme
come
il
togliersi
la
vita.
“Ho
anche
pensato
a
luoghi
o a
modi
per
uccidermi.
– ha
più
volte
dichiarato
il
nuotatore
- Ma
poi
ho
sempre
rinunciato,
rendendomi
conto
di
quanto
sarebbe
stato
ridicolo”.
Nel
corso
degli
anni,
poi,
la
motivazione
di
questa
apparentemente
immotivata
depressione
si è
poi
rivelata
essere
la
sua
omosessualità.
Prima
negata
(“Sono
un
po'
diverso
da
quello
che
la
gente
considera
un
maschio
australiano,
ma
questo
non
mi
rende
gay”),
poi
nascosta
in
modo
un
po’
maldestro
(“Non
credo
che
qualcuno
abbia
il
diritto
di
scrivere
in
merito
(alla
mia
vita
privata),
ma
non
riesco
a
ignorarlo
senza
sentirmi
infastidito”)
e
infine
ammessa.
Una
volta
che
Thorpe
è
riuscito
ad
ammettere
a sé
stesso
la
sua
omosessualità
(che
è
ancora
argomento
tabù
nel
mondo
dello
sport)
è
finalmente
tornato
al
nuoto
per
provare
a se
stesso
cosa
sarebbe
ancora
riuscito
a
fare.
Sarà
ancora
capace
di
vincere?
Forse
no,
visto
anche
l’aumento
vertiginoso
della
concorrenza,
ma,
in
fin
dei
conti,
non
è
questo
l’importante.
L’importante
è
che
Ian
Thorpe
sia
riuscito
a
ritrovare
un
suo
equilibrio
e
ciò
che
più
conta:
la
pace
interiore.