HUA MULAN
una guerriera tra STORIA e mito
di Matteo Liberti
Il suo nome, in Occidente, è per
molti legato a un celebre film
d’animazione lanciato dalla Disney
nel 1998, ma in Asia, e più
specificatamente nel Paese
d’origine, ovverosia la Cina, la sua
figura è celeberrima già da parecchi
secoli. Stiamo parlando di Mulan,
leggendaria donna a cui è dedicata
un’opera letteraria intitolata La
ballata di Mulan il cui autore, pur
a volte identificato in un tal Liang
Tao, è tuttora ignoto. Così come
l’intera storia di questa combattiva
fanciulla, considerata tra le più
grandi eroine nazionali
dell’immaginario culturale cinese,
resta ancora oggi, nonostante i
numerosi studi sull’argomento,
interamente sospesa tra realtà e
mito.
Stando a quel che suggerisce la
suddetta ballata, risalente
all’incirca al VI secolo d.C. e il
cui testo originale è purtroppo
andato perduto (fatta eccezione per
qualche frammento da cui sono
scaturite molteplici versioni
alternative della vicenda), l’eroina
in oggetto – che sarebbe vissuta in
un periodo imprecisato tra il IV e
il VI secolo e il cui nome completo
è solitamente riportato come Hua
Mulan, traducibile con “fiore di
magnolia” – indossò i panni della
guerriera per prendere il posto di
suo padre, un valoroso condottiero
di nome Hua Hu, allorché questi,
sebbene fosse ormai molto anziano e
cagionevole di salute, venne
richiamato dall’imperatore a
combattere.
Nella fattispecie, al papà di Mulan,
così come d’altronde a ogni
capofamiglia, fu chiesto di dare una
mano al proprio Paese per
contrastare le crescenti pressioni
esercitate da varie tribù di nomadi,
ma a impedirgli di abbracciare
nuovamente le armi fu per l’appunto
la giovane e coraggiosa figlia,
pronta a farne le veci sui campi di
battaglia. Dopo aver lasciato il suo
telaio, sul quale era solita
trascorrere intere giornate
esercitandosi nell’arte della
tessitura, costei comprò un cavallo,
una sella, delle staffe e dei
vestiti maschili, così da fingersi
uomo, e adottando il nome di suo
fratello (più piccolo di lei e
troppo giovane per combattere) si
arruolò, salutando la famiglia per
raggiungere il resto dei soldati in
un accampamento militare dislocato
in prossimità del Fiume Giallo,
decisa a non tornare indietro se non
da vincitrice. «Al mattino, dice
addio ai suoi genitori, / La sera, è
sulle rive del fiume Giallo. / Non
ode più la voce dei suoi genitori /
Che chiamano la loro figlia [...]»,
recitano a tal riguardo le
trascrizioni di quanto è
sopravvissuto di La ballata di Mulan.
La carismatica ragazza, che
all’epoca doveva essere poco più che
quattordicenne, iniziò presto a
guadagnarsi entusiastici
apprezzamenti per le notevoli doti
belliche messe in mostra, già
durante la fase di addestramento,
senza che nessuno dei suoi superiori
o degli altri soldati che
s’allenavano con lei osasse
sospettare alcunché circa la sua
vera identità.
Pur in assenza di certezze assolute,
e nell’economia di quello che rimane
un racconto leggendario, è da più
parti stato ipotizzato che lo
scontro a cui avrebbe preso parte
Hua Mulan fu quello che, nella prima
parte del V secolo a.C., vide
coinvolte le forze militari della
potente dinastia dei Wei del Nord
(che governò l’impero cinese dal 386
al 535) contro le agguerritissime
tribù nomadi che andavano
minacciando i confini settentrionali
del Paese.
Stando alla ballata che ne narra la
storia, il contributo offerto da
Mulan, capace di calcare i campi di
battaglia in modo pressoché
ininterrotto per oltre dieci anni
(prestando verosimilmente servizio
per l’imperatore Taiwu, o Tuoba Tao,
sul trono dal 423 al 451), risultò
decisivo per la vittoria finale dei
Wei del Nord, al punto che la
giovane guerriera, in premio per la
lunga serie di successi ottenuti,
venne nominata prima generale e poi,
addirittura, comandante, peraltro
continuando sempre a essere
considerata un uomo.
Una volta terminato il conflitto,
anziché badare alla carriera
militare, Mulan si affrettò a
ritornare dai suoi cari, e una volta
a casa smise i panni maschili e si
riappropriò pienamente della propria
natura femminile, a quel punto
scoperta da alcuni dei compagni che
erano stati in guerra con lei, tutti
destinati a rimanere a bocca aperta,
completamente increduli. «Si toglie
le sue armi di guerra / Si rimette i
suoi abiti di prima / Pettina i suoi
capelli alla finestra / E si sistema
davanti allo specchio. / Esce per
vedere i suoi compagni, I soldati
sono tutti molto sorpresi [...]»,
recita La ballata di Mulan.
A proposito delle reazioni di chi,
meravigliato, scopriva la verità sul
suo conto, si racconta che la
combattente, quando era costretta a
commentare la scelta fatta (nata, si
ricordi, dall’esigenza di
sostituirsi al padre per
salvaguardarne la vita), usasse
ricorrere a una brillante metafora
ispirata al mondo della natura. In
breve, a chi le chiedeva conto del
suo comportamento, rispondeva: «La
lepre maschio ha le zampe anteriori
pesanti. La lepre femmina tende a
socchiudere gli occhi. Ma quando
corrono fianco a fianco, vicino al
suolo, chi può dire quale dei due è
maschio e qual è femmina?».
Una volta venuta a galla la vera
identità di Mulan, tutti quelli che
avevano combattuto insieme a lei,
piuttosto che lamentarsi di esser
stati circuiti, mostrarono nei suoi
riguardi importanti attestazioni di
stima, incluso un generale che,
credendola uomo, aveva in passato
provato a convincerla a sposare la
propria figlia. Ormai ricongiunta
alla propria famiglia e rinfrancata
dal buon esito della guerra, Hua
Mulan andò quindi incontro a un
destino rispetto al quale non
sappiamo sostanzialmente nulla,
anche se c’è chi ipotizza che la
versione originale della storia
prevedesse per la guerriera una fine
tragica, vedendola morire in
battaglia dopo essere tornata a
combattere, oppure suicida, per
evitare di trasferirsi nel palazzo
dell’imperatore, come avrebbe
preteso costui.
Le modalità della reale uscita di
scena di Hua Mulan, almeno nelle
intenzioni dell’anonimo autore della
primissima versione della ballata,
restano in ogni caso un mistero, e
allo stesso modo non si sa se tale
coraggiosa eroina sia realmente
esistita o se costituisca solo una
figura leggendaria. Certo è che la
sua vicenda, popolare già in epoca
medievale, ha saputo ispirare nei
secoli opere letterarie e poi
artistiche e teatrali, fino a
registrare, in tempi recenti, un
boom di romanzi, film, serie
televisive e videogiochi a lei
dedicati. Peraltro, in molte
ricostruzioni, la sua storia è
andata arricchendosi con elementi
tratti dalle vicissitudini di altre
donne cinesi realmente esistite e
capaci di distinguersi per le loro
doti belliche.
Tra le suddette guerriere, sono da
citare in particolare i nomi di
Liang Hongyu e di Fu Hao, vissute
rispettivamente nel XII e nel XIII
secolo. Nata attorno al 1102, la
prima era figlia di un comandante
che l’instradò prestissimo verso il
mondo militare, avviandola in
particolare all’apprendimento delle
arti marziali. La giovane divenne
così un’imbattibile lottatrice,
mettendo le sue doti al servizio
della dinastia Song (al potere tra
il X e il XIII secolo), per la quale
combatté con valore e successo
contro la rivale dinastia degli
Jurchen, guadagnandosi il rilevante
titolo di “signora protettrice della
nazione”. La sua luce, tuttavia, si
spense quando aveva solo trentatré
anni, nel 1135. Per quel che
riguarda invece Fu Hao, si sa che
visse all’incirca tra il 1200 e il
1250 e che, dopo essere divenuta
sacerdotessa, ottenne i gradi di
comandante in ambito militare,
combattendo una serie di tribù lungo
i confini del Nord del Paese,
proprio come secondo la leggenda
aveva fatto secoli prima Mulan
(nella fattispecie, Fu Hao si
prodigò sui campi di battaglia per
difendere i possedimenti della
storica dinastia Shang, concentrati
appunto nella Cina nordorientale).
Ulteriori figure di donne guerriere
cinesi sono rintracciabili tra
l’altro in epoca moderna, come nel
caso di Qin Liangyu (1574-1648), che
combatté in prima linea, con ruoli
di comando, in difesa della dinastia
Ming, padrona di tutta la Cina dal
XIV al 1644, quando fu spodestata
dalla dinastia Qing (contro le cui
forze si batté appunto la valorosa
Qin Liangyu). E proprio tra le file
dei Qing si distinse un’altra donna
combattente associata di sovente
alla figura di Mulan, il cui nome
era Shen Yunying (1624-1661).
Di secolo in secolo, la leggendaria
vicenda di Hua Mulan – già simbolo
di rivalsa femminile – si è così
andata alimentando, nelle versioni
non ufficiali, con vari particolari
desunti dalle gesta di altre donne,
e ciò ha senza dubbio contribuito a
rendere ancora più popolare la sua
figura, in Cina e non solo, tanto
che nel 1998 anche la Walt Disney
Pictures si è appunto voluta
cimentare in una propria versione
della sua ardimentosa vicenda,
destinata di lì a breve a una
diffusione e a un successo di
portata mondiale.
Nello specifico, gli autori del film
d’animazione della Disney,
intitolato semplicemente Mulan, pur
traendo spunto dalla storia
raccontata in La ballata di Mulan,
variamente arricchita dalle
narrazioni di epoca successiva,
hanno introdotto nella vicenda
ulteriori elementi di fantasia (tra
cui un drago) e addolcito alcune
parti (non prendendo per esempio in
considerazione l’ipotesi del
suicidio o della morte violenta in
battaglia), cambiandone nel contempo
altre. Il tutto, sempre però
ispirandosi alle reali tradizioni
cinesi e all’arte e alla cultura
locali, così come avvenuto nella
versione “live action” (ossia
re-interpretata da attori in carne e
ossa) dell’opera, lanciata col
medesimo titolo nel 2020 (si è
trattato della prima pellicola a
marchio Disney con cast tutto
asiatico). In altre parole, il
lavoro di “rivisitazione” della nota
casa di produzione statunitense,
utile a far conoscere a livello
globale la figura di Hua Mulan,
destando curiosità circa la sua
“vera” storia (con virgolette
d’obbligo, vista la natura
leggendaria del personaggio), è
stato simile, nello spirito, a
quello che nelle epoche passate
avevano già compiuto diversi autori,
intenti a sfaccettare il profilo di
un’eroina la cui essenza, ancor
prima che nella veridicità delle
gesta da lei eventualmente compiute,
è da ricercare – come in ogni mito –
nel suo valore “simbolico”.
Nel caso di Mulan tale valore è
direttamente connesso al suo essere
una donna capace di stravolgere le
tradizioni del tempo, affermandosi,
alla stregua di un uomo, sui campi
di battaglia piuttosto che davanti a
un telaio (il suo nome, non a caso,
è stato spesso evocato nell’ambito
delle battaglie del femminismo,
quale emblema di rivendicazione
dell’uguaglianza tra i generi e
della necessità di un aumento dei
diritti delle donne).
Allo stesso tempo, la vicenda di
tale guerriera sembrerebbe però
voler insegnare anche come il vero
eroismo, in guerra (e non solo),
debba scaturire non da un puro
spirito bellico, ma dal nobile amore
per i propri cari: quello che
indusse appunto Mulan – e altre
donne dopo di lei – a vestire i
panni della guerriera, nei quali
appare tra l’altro ancora oggi, con
aspetto fiero e orgoglioso, in varie
statue a lei dedicate in terra
asiatica.