N. 47 - Novembre 2011
(LXXVIII)
HOTEL LUX
Il film di Leander Haußman a Roma
di Leila Tavi
Nell’edizione 2011 del Festival Internazionale del Film di Roma, che tanto spazio ha dato alla commedia, spicca in questo genere il film del regista tedesco Leander Haußman, approdato al cinema dopo una lunga esperienza in teatro; il giovane regista infatti è figlio di una costumista e di un attore, a sua volta figlio d’arte; il padre di L. Haußman ha calcato le scene dei più importanti teatri tedeschi e austriaci, come la Berliner Volksbühne, il Burg di Vienna e lo Schauspielhaus di Bochum.
Grazie
alla
formazione
teatrale
del
regista,
lo
spettatore
respira
l’atmosfera
rarefatta
e
fumosa
del
palcoscenico
per
tutta
la
durata
del
film,
senza
mai
avere
la
sensazione
però
di
guardare
una
messa
in
scena
teatrale
trasposta
in
pellicola.
Nella
Berlino
di
fine
anni
Trenta
la
censura
e la
persecuzione
imposte
dal
nazionalsocialismo
non
risparmiano
neanche
gli
spettacoli
di
cabaret,
un
retaggio
troppo
pericoloso
e
scomodo
della
Repubblica
di
Weimer
e
degli
anni
in
cui
la
satira
politica
attirava
e
divertiva
gli
spettatori
e
gli
stessi
politici.
Hans
Zeisig
(Michael
Bully
Herbig)
è
noto
in
tutta
la
città
per
la
sua
imitazione
di
Stalin;
fa
coppia
con
Siggi
Meyer
(Jurgen
Vogel),
che
lo
affianca
ogni
sera
nei
panni
di
Hitler.
Il
primo
è un
inguaribile
edonista
e
donnaiolo,
dal
credo
apolitico
e
dall’animo
pacifista;
l’altro
è un
ebreo
che
cela
dietro
alla
sua
professione
di
attore
una
vita
parallela
come
attivista
del
clandestino
partito
comunista
tedesco.
Nel
1938
le
leggi
razziali
in
Germania
diventano
ancora
più
aspre,
impedendo
agli
ebrei
prima
di
svolgere
qualsiasi
attività
commerciale
e
poi
di
prendere
parte
o di
assistere
a
manifestazioni
pubbliche;
molti
attori
e
musicisti
sulle
scene
tedesche
sono
di
religione
ebraica,
perciò
scatta
immediatamente
una
caccia
spietata
per
mano
dalla
Gestapo,
che
ordina
di
arrestare
anche
Meyer,
l’ebreo
comunista
che
spudoratamente
osa
mettere
in
ridicolo
il
Führer.
Neanche
Frida
van
Oorten
(Thekla
Reuter),
una
cospiratrice
legata
a
Meyer
dal
comune
credo
socialista,
riesce
a
far
emigrare
il
compagno
socialista,
che
è
deportato
in
un
lager.
Una
notte
il
suo
amico
e
collega
Zeisig
nasconde
in
casa
la
bella
Frida,
per
la
quale
prova
una
forte
attrazione,
salvandola
da
una
retata
della
polizia
segreta;
la
donna
si
dilegua
nel
nulla
e
l’indomani
anche
Zeisig
ha
la
Gestapo
alle
calcagna
per
aver
osato
vestire
i
panni
di
Hitler
ancora
una
volta
sulla
scena
al
posto
di
Meyer,
invece
di
interpretare
la
squallida
macchietta
dell’ebreo,
che
il
suo
impresario
Valetti
(Johann
Adam)
gli
ha
imposto
di
recitare.
Questo
gesto
fatto
in
un
impeto
d’orgoglio
cambierà
radicalmente
la
sua
vita,
trasformandolo
da
scanzonato
avventuriere
senza
scrupoli
a
eroe.
Grazie
al
passaporto
falso
che
gli
ha
procurato
un
suo
collega
attore,
Zeisig
arriva
a
Mosca,
che
il
comico
crede
essere
un
luogo
di
transito
per
la
sua
destinazione
finale,
gli
Stati
Uniti;
invece
Zeisig
finisce
nell’Hotel
Lux,
l’imponente
e
grigio
edificio,
che
dal
1921
fu
adibito
a
sede
dell’Internazionale
Comunista
e
dove
furono
alloggiati
tutti
i
cospiratori
politici
di
Hitler,
futuri
presidenti
della
DDR,
come
Walter
Ulbricht
e
Wilhelm
Pick,
o
futuri
ministri
come
Herbert
Wehner.
Originariamente
l’edificio
apparteneva
a
una
nota
famiglia
di
pasticceri,
i
Filippov,
che
nel
1911
trasformarono
il
laboratorio
di
due
piani
in
un
albergo
di
sei,
l’Hotel
Franzija,
dalle
eleganti
colonne
di
marmo
e
dai
grandi
specchi,
destinato
ad
accogliere
l’alta
società
russa
e
internazionale.
In
seguito,
come
sede
del
Comintern,
l’albergo
divenne
uno
dei
luoghi
simbolo
di
una
Mosca
in
pieno
sviluppo
urbanistico,
immortalata
nelle
immagini
del
film
di
Dziga
Vertov
Čelovek
s
kinoapparatom
(Человек
с
киноаппаратом)
nel
1929.
Nel
1933
l’albergo
prese
il
nome
di
Hotel
Lux;
vi
approdavano,
come
già
accennato,
i
dirigenti
dei
partiti
comunisti
dell’Europa
occidentale,
tra
cui
Palmiro
Togliatti,
e
gli
esuli
politici
in
fuga
dai
regimi
fascisti.
Dal
1934
al
1939
in
Unione
Sovietica
fu
messa
in
atto
da
Stalin
e
dalla
sua
polizia
politica
una
spietata
repressione,
ricordata
nella
storia
come
“Il
grande
terrore”.
Furono
gli
anni
della
delazione
e
delle
cospirazioni;
l’Hotel
Lux
era
ad
accesso
riservato:
per
entrare,
uscire
o
recarsi
in
visita
di
qualcuno
degli
ospiti
bisognava
munirsi
di
propusk
(lasciapassare).
Nel
film
di
Haußman
solo
i
ratti
circolano
liberamente
nell’albergo
e
nessuno
riesce
a
farla
franca
al
portiere,
che
sembra
più
un
secondino
di
galera,
il
cui
gabbiotto
è
semicoperto
dall’ombra
delle
due
colonne
di
marmo
grigio,
senza
più
lo
splendore
di
un
tempo,
quando
l’Hotel
Franzija
accoglieva
la
nobiltà
di
tutta
Europa.
Negli
anni
del
terrore
staliniano
l’albergo
fu
soprannominato
“albergo
degli
orrori”,
perché
non
tutti
ne
uscirono
vivi,
come
racconta
Aldo
Canestri,
figlio
di
un
italiano
emigrato
che
parla
del
Lux
come
“fermata
sulla
via
dell’inferno”.
Anche
nel
film
l’Nkvd,
il
Narodnyj
komissariat
vnutrennich
del
(Народный
комиссариат
внутренних
дел),
entra
di
notte
per
prelevare
quelli
che
all’apparenza
sembrerebbero
essere
fedeli
all’Internazionale
e
devoti
a
Stalin;
a
volte
sono
i
loro
stessi
figli
a
fare
da
delatori:
mentre
giocano
innocui
per
i
corridoi
dell’albergo
spiano
tutti
i
possibili
trotzkisti.
Zeisig
non
sa
neanche
pronunciare
la
parola
trotzkismo,
per
lui
Trost
significa
solo
“sollievo”,
ma
c’è
poco
da
essere
sollevati
in
un
luogo
che
da
rifugio,
per
molti
scappati
dal
nazionalsocialismo,
si
trasforma
in
trappola.
Durante
le
grandi
purghe
in
URSS
morirono
più
comunisti
tedeschi
di
quanti
Hitler
riuscì
a
eliminare:
sebbene
fedelissimi
di
Stalin
furono
arrestati,
interrogati
e
inviati
nei
gulag,
o
giustiziati,
come
nemici
del
comunismo.
A
togliere
da
guai
Zeisig
arriva
la
bella
Frida,
che,
una
volta
giunta
a
Mosca,
è
ingaggiata
dalla
polizia
politica
sovietica
come
traduttrice;
gli
insegna
a
far
scorrere
un
forte
getto
d’acqua
dal
rubinetto
del
lavabo
ogni
qualvolta
desideri
parlare
liberamente
nella
sua
camera,
così
da
disturbare
gli
uomini
che
senza
sosta
spiano
tutti
gli
ospiti
dell’albergo.
Per
una
strana
coincidenza
Zeisig
è
scambiato
per
l’astrologo
di
Hitler
e
finisce
molto
presto
a
colloquio
con
Stalin,
che
lo
accoglie
sempre
e
solo
nel
suo
bagno,
ogni
volta
con
un
traduttore
diverso
celato
dalla
tendina
della
vasca
e…
con
il
rubinetto
aperto.
Durante
i
loro
colloqui
notturni
Zeisig
riesce
a
influenzare,
a
modo
suo,
il
dittatore
verso
un
dialogo
con
Hitler,
ma
anche
per
il
comico
tedesco
la
protezione
di
Stalin
non
avrà
lunga
durata.
Tra
varie
peripezie
insieme
alla
bella
Frida
e al
ritrovato
compagno
Meyer
riuscirà,
grazie
a
una
magistrale
imitazione
architettata
con
Meyer,
a
fuggire
per
gli
Stati
Uniti
proprio
il
23
agosto
1939,
giorno
in
cui
a
Mosca
si
firma
il
patto
Molotov-Ribbentrop.