.

home

 

progetto

 

redazione

 

contatti

 

quaderni

 

gbeditoria


.

[ISSN 1974-028X]


RUBRICHE


attualità

.

ambiente

.

arte

.

filosofia & religione

.

storia & sport

.

turismo storico



 

PERIODI


contemporanea

.

moderna

.

medievale

.

antica



 

EXTEMPORANEA


cinema

.

documenti

.

multimedia



 

ARCHIVIO


 

 

 

 

.

ANTICA


N. 79 - Luglio 2014 (CX)

HOROLOGIUM AUGUSTI
EMERGENZE STORICO-ASTRONOMICHE NEL CUORE DI ROMA

di Federica Campanelli

 

Alcune delle principali piazze di Roma sono fregiate da maestosi obelischi, ma non tutti gli esemplari di questa “collezione” unica al mondo sono di origine egiziana, alcuni di questi imponenti monoliti sono stati infatti realizzati ex novo proprio in epoca romana.

 

Il primo imperatore che si cimentò nell’impresa di condurre gli alti obelischi da terre lontane fino in città, fu Ottaviano Augusto (63 a.C.-14 d.C.). Il suo esempio fu poi ampiamente seguito dai sovrani che gli succedettero.

 

In epoca imperiale, così come durante la Roma papale, gli obelischi non avevano un ruolo prettamente ornamentale, ma rivestivano un preciso interesse politico e religioso: erano bottino di guerra, simbolo della potenza e delle conquiste imperiali, elementi urbani utili all’orientamento. A quel tempo li avremmo per esempio visti nei templi egizi – in particolare quelli dedicati al culto di Iside e Serapide, presenti in vari punti del territorio a partire dal I secolo a.C. – o in aree consacrate al dio Sole, dinanzi a monumenti funerari, nei circhi.

 

Oggi nella capitale si ergono 13 obelischi antichi – più altri cinque realizzati in epoca moderna – ma è certo che in passato se ne contassero almeno 17 e che in parte siano stati perduti o trasferiti in altre città, come accadde a esemplari egizi provenienti dal tempio di Iside in Campo Marzio, che nel XVIII furono ricollocati uno a Urbino, nell’odierna piazza Rinascimento, e l’altro nel giardino di Boboli a Firenze.

 

Tra i maggiori obelischi ancora visibili, ce n’è uno dalla storia particolarmente intensa, travagliata e in parte misteriosa: è uno dei quattro obelischi importati dall’Egitto in epoca augustea, reso celebre dalla funzione gnomonica che avrebbe dovuto svolgere per un grandioso orologio solare, l’Horologium Augusti, e che oggi s’innalza davanti la Camera dei Deputati in piazza Montecitorio.

 

 

Fatto erigere a Eliopoli dal faraone della XXVI dinastia Psammetico II (594-589 a.C.) intorno al 586 a.C. per commemorare la vittoria sull’Etiopia, il grande monolite in granito rosso alto circa 22 metri (~ 72 piedi), fu rimosso e condotto a Roma per volontà di Augusto tra il 10 e il 9 a.C. La sua nuova collocazione in territorio romano non fu casuale: l’obelisco doveva essere disposto a nord-est dell’attuale incrocio tra via del Campo Marzio e via Dei Prefetti, nell’allora disabitata area settentrionale del Campo Marzio. Esso faceva parte di un complesso di edifici che comprendeva l’Ara Pacis, l’altare marmoreo inaugurato dallo stesso Augusto nel 9 a.C. e concepito per celebrare un nascente periodo di pace e prosperità dopo lunghe guerre civili, e il grandioso Mausoleo della famiglia imperiale.

 

Su due lati della base, tutt’oggi possiamo leggere che “L’imperatore Augusto, figlio del divino Cesare, pontefice massimo, proclamato imperatore per la dodicesima volta, console per undici volte, che ha rivestito la potestà tribunizia per quattordici volte, avendo condotto l’Egitto in potere del popolo romano, diede in dono al sole”.

 

 

Antistante l’obelisco, un esteso quadrante lapideo orizzontale era attraversato da una banda in bronzo dorato. Questa, graduata, costituiva la materializzazione della linea meridiana (nord-sud). L’obelisco di Augusto fu dunque pensato come gnomone di una grande meridiana che, attraverso la sua ombra, avrebbe segnato – oltre che il mezzogiorno solare dei diversi giorni dell’anno – le ricorrenze più importanti legate alla vita del primo Imperatore romano.

 

Al momento della messa in opera, l’asse mediano del suo basamento (diverso da quello attuale) non risultava coincidente con la linea meridiana, bensì deviata rispetto a essa di 15° verso ovest. Ciò faceva sì che all’alba del 21 aprile, tradizionalmente considerato il giorno della nascita di Roma, il lato est del basamento, normale all’asse dell’Ara Pacis, si trovasse esattamente perpendicolare alla direzione del sole in quel momento. Altro evento rilevante sia dal punto di vista astronomico, sia legato alla vita dell’Imperatore, è l’Equinozio d’autunno (23 settembre), coincidente con il compleanno di Augusto: in questo giorno, al tramonto, l’ombra dello gnomone si gettava sull’ingresso dell’Ara Pacis, che quindi giaceva sulla linea equinoziale della meridiana.

 

Il giorno del Solstizio d’inverno, 22 dicembre, (inizio del segno del Capricorno, nonché presunta data del concepimento dell’Imperatore), sappiamo che il sole si trova nel suo punto più basso sull’eclittica, e in tale occasione l’ombra segnata dallo gnomone presumibilmente copriva la lastra lapidea in tutta la sua estensione. Nei giorni e nei mesi successivi l’ombra si sarebbe ridotta gradualmente: il “decrescere” dell’ombra proiettata dallo gnomone è dovuto all’ascesa del sole fino al raggiungimento della sua massima altezza sull’orizzonte. Tale ascesa si figurava come la perfetta simbologia di una nuova e agognata epoca di pace, la pace di Augusto.

 

.

Ricostruzione grafica dell'Horologium Augusti (Buchner)

 

L’orologio smise di funzionare già pochi decenni dopo la sua realizzazione a causa dalle periodiche inondazioni del Tevere e dei relativi accumuli di grandi quantità di detriti sul tracciato della meridiana. Dopodiché l’obelisco rimase in piedi per qualche tempo, forse fino all’invasione di Totila del VI secolo, o ancora fino all’XI secolo, quando crollò spezzandosi in cinque parti. Da allora sparì dalla memoria per molti anni.

 

I primi frammenti dell’obelisco furono casualmente ritrovati nel 1502 presso il seminterrato di un’attività commerciale. Successivamente il pontefice Sisto V, non indifferente all’importanza della scoperta, si cimentò in vari tentativi di ripristino del monolite, ma non raggiunse mai lo scopo. Si dovrà attendere Pio VI, che nel 1794, finalmente, s’impegnò affinché l’opera ricevesse i doverosi interventi di risanamento e la definitiva ubicazione in piazza Montecitorio, dove è ancora oggi.

 

Il 7 giugno 1998, con l’inaugurazione della nuova sistemazione della piazza, è stata anche riattivata la funzione meridiana gnomonica dell’obelisco. Attualmente l’obelisco, compreso il nuovo basamento, è alto 33,97 metri. Il tentativo è ammirevole, ma le dimensioni dell’ombra proiettata dall’obelisco campense, in realtà, mal si conciliano con lo spazio disponibile. La distanza tra l’obelisco e l’edificio della Camera infatti risulta essere troppo esigua. Al Solstizio d’inverno la lunghezza dell’ombra gnomonica risulterebbe essere 70,50 metri, ma questa viene bruscamente interrotta al segno zodiacale dei Pesci proprio dalla facciata di Palazzo Montecitorio. Di fatto è una meridiana che funziona solo durante la bella stagione.

 

Per quanto riguarda gli studi fatti in epoca recente sul funzionamento dell’antico orologio solare, non possiamo non menzionare le valevoli ricostruzioni degli archeologi Edmund Buchner e Friedrich Rakob, dell’Istituto Archeologico Germanico di Berlino e Roma.

 

Nel 1979 il tedesco Buchner effettuò sistematici scavi in via del Campo Marzio all’altezza dell’attuale civico 48. La scoperta fu straordinaria: dagli scavi emerse, a 6,30 metri di profondità, un lastricato in travertino dove erano impressi con lettere in bronzo i nomi greci delle costellazioni zodiacali. Vi si può leggere: “ΩΝ” (della parola leon) “ΠΑΡΘ” (di Parthenos”), “ΟΣ” (di krios, ariete) e “ΤΑΥΡ” (di tauros), oltre a indicazioni stagionali o meteorologiche, come “ethesiai pauontai” (cessano i venti etesii) e “qerous arch” (inizio dell’estate).

 

Il lastricato era inoltre attraversato da una retta con tacche perpendicolari di 3 o 4 centimetri di larghezza:quest’ultima costituiva la linea meridiana corrispondente al mezzogiorno solare di Roma (42° di latitudine nord).

 

           

.

A sinistra la ricostruzione grafica del tratto di meridiana ritrovata da Buchner; a destra l'originale.

 

Pochi anni prima, in un punto non molto distante della stessa via, si era rinvenuto un piano battuto a circa 8 metri di profondità, interpretato come il piano di giacitura originale dell’orologio solare di Augusto. Sulla base di quei ritrovamenti e forti delle nuove scoperte, i due studiosi tedeschi sostennero, confermando precedenti teorie dello stesso Rakob, che l’intera struttura della meridiana comprendeva un’area estesa 165x75 metri circa e che in origine si trovava proprio alla profondità di 8 metri rispetto all’odierno piano stradale.

 

In seguito, durante il governo di Domiziano (non è dato sapere esattamente quando), il quadrante lapideo e l’imponente obelisco-gnomone furono nuovamente ricomposti secondo un assetto probabilmente identico all’originale, ma su un livello più alto di due metri: l’area, come già visto, era stata con ogni certezza precedentemente vittima delle piene del Tevere, e il lastricato venne così ricoperto da plurimi strati di sedimenti.

 

Il sistema calendariale, vale a dire la suddivisione dell’anno solare nei suoi intervalli temporali, si basava sulla posizione dell’ombra proiettata dallo gnomone sul cosiddetto aracne, un reticolato composto da linee rette poste in direzione verticale-obliqua (linee orarie) e da linee curve – fatta eccezione per il tracciato degli equinozi – in direzione orizzontale (linee di declinazione). Si tratta però di ricostruzioni ipotetiche, dacché come già detto, dagli scavi emerse solo la linea meridiana del mezzogiorno. Del resto dell’aracne non è infatti stata ancora trovata traccia.

 

.

Ricostruzione grafica dell'aracne. il quadrante dell'Horologium Augusti (Buchner 1982).

Ecco come appariva a Plinio il Vecchio (Naturalis Historia, XXXVI, 72-73) l’orologio di Augusto a pochi decenni dalla sua costruzione: All’obelisco che è nel Campo Marzio il divino Augusto attribuì la mirabile funzione di segnare le ombre proiettate dal sole, determinando così la lunghezza dei giorni e delle notti: fece collocare una lastra di pietra che rispetto all’altezza dell’obelisco era proporzionata in modo che, nell’ora sesta del giorno del Solstizio d’inverno l’ombra di esso fosse lunga quanto la lastra, e decrescesse lentamente giorno dopo giorno per poi ricrescere di nuovo, seguendo i righelli di bronzo inseriti nella pietra: un congegno che vale la pena di conoscere, e che si deve all’acume del matematico Facondo Novio. Questi aggiunse sul pinnacolo una palla dorata, la cui estremità proiettava un’ombra raccolta in sé, perché altrimenti la punta dell’obelisco avrebbe determinato un’ombra irregolare (a dargli l’idea fu, dicono, la testa umana. Questa registrazione del tempo da circa trent’anni non è più conforme al vero, forse perché il corso del sole non è rimasto invariato, ma è mutato per qualche motivo astronomico, oppure perché tutta la terra nel suo complesso si è spostata in rapporto al suo centro (un fatto che sento dire si avverte anche in altri luoghi), oppure semplicemente perché lo gnomone si è smosso in seguito a scosse telluriche, ovvero le alluvioni del Tevere hanno provocato un abbassamento dell’obelisco, anche se si dice che se ne siano gettate sottoterra fondamenta profonde tanto quanto è alto il carico che vi si appoggia”.



 

 

COLLABORA


scrivi per InStoria



 

EDITORIA


GBe edita e pubblica:

.

- Archeologia e Storia

.

- Architettura

.

- Edizioni d’Arte

.

- Libri fotografici

.

- Poesia

.

- Ristampe Anastatiche

.

- Saggi inediti

.

catalogo

.

pubblica con noi



 

links


 

pubblicità


 

InStoria.it

 


by FreeFind

 

 

 

 

 

 

 

 


[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE]


 

.