homeless world cup
Il calcio per aiutare i senzatetto
di
Lorenzo Bruni
Se a qualcuno capitasse di mettersi
a cercare un buon film da gustarsi
in tutta tranquillità, nella
classica serata divano, tisana e
Netflix, potrebbe imbattersi in un
progetto curioso: The Beautiful
Game, diretto da Thea Sharrock,
famosa per il drammatico Io Prima
di te, e con Bill Nighy, il Davy
Jones della saga Pirati dei
Caraibi e il Rufus Scrimgeour di
Harry Potter, nel ruolo del
protagonista. Il film, in sé e per
sé, non è un capolavoro, ma
intrattiene, emoziona e,
soprattutto, porta lo spettatore a
conoscenza di una competizione
sportiva della quale, eccetto
qualche eccezione, fino ad allora
ignorava l’esistenza: l’Homeless
World Cup, un campionato del
mondo di calcio, o per meglio dire
di mini calcio, considerate le
differenze di regolamento, giocato
esclusivamente da senza tetto.
Incuriosito da questo evento
calcistico, del quale ammetto
l’ignoranza fino alla visione del
film, ho iniziato a fare un po’ di
ricerche su internet e, subito, mi
sono imbattuto nel suo sito
ufficiale: www.homelessworldcup.org.
Da qui è abbastanza semplice per
chiunque reperire informazioni sullo
svolgimento del torneo, sulla sua
storia, sui fondatori e su quelle
nazionali, a tutti gli effetti
campioni, che nell’arco di vent’anni
e più hanno avuto la fortuna e la
bravura di alzare il trofeo.
L’idea di organizzare questo torneo
è venuta nel 2001 a due amici,
entrambi sociologi di fama
internazionale, che stavano bevendo
una birra in un bar a Gratz: Mel
Young e Harald Schmied, al termine
di una conferenza internazionale
sugli Street Papers, i
giornali di strada scritti e venduti
dai senza tetto, sentivano che
l’incontro, per quanto utile e pieno
di buone intenzioni, non fosse
sufficiente per risolvere i problemi
dei senza tetto nel mondo.
L’obiettivo, di fatti, restava
quello di promuovere l’immagine
degli homeless nel mondo,
sensibilizzare la collettività, ma
soprattutto consentire a queste
persone di vivere un percorso di
crescita personale, dare loro
l’opportunità insomma di riprendere
in mano la propria vita. Gli
Street Papers erano, e sono,
utili, ovviamente, ma restavano
qualcosa di distante e che,
effettivamente, toglieva personalità
al soggetto, non mostrandolo in
primo piano. In che modo, si
interrogavano i due amici, cambiare
il mondo e aiutare queste persone?
Nel corso della serata, come un
fulmine a ciel sereno, ecco l’idea
geniale, la soluzione al dilemma: un
torneo di calcio, il linguaggio
universale sportivo per eccellenza,
che potessero giocare solo i senza
tetto. Entrambi approvarono il
progetto e iniziarono a muoversi in
prima persona per metterlo in
pratica.
L’organizzazione della
manifestazione, però, fu lunga e
complessa: richiese diciotto mesi di
tempo, al termine dei quali il
torneo venne giocato proprio a Gratz,
in Austria. Presero parte diciotto
squadre, con il coinvolgimento
totale di circa centoquarantaquattro
giocatori: infatti il regolamento
prevedeva che potessero giocare
assieme uomini e donne per un totale
di massimo quattro calciatori in
campo, di cui un portiere, e quattro
sostituzioni. Proprio il Paese
ospitante si assicurò la prima
storica vittoria contro
l’Inghilterra, al termine di una
bellissima partita della quale sono
rintracciabili alcune foto online.
Da allora il torneo si è ripetuto
ogni anno, eccezion fatta per il
triennio 2020-2022, quando il Covid
ha imposto una pausa, e nuove
migliorie sono state aggiunte al suo
svolgimento: dal 2015, per esempio,
non si gioca più su cemento, ma su
sintetico, e la copertura televisiva
degli incontri fa sì che qualsiasi
curioso volesse darci un’occhiata
può trovarli su Youtube; inoltre,
dal 2008, la Homeless World Cup
è raddoppiata: una competizione per
uomini e una per donne, con due
trofei distinti.
Sebbene lo scopo ultimo del torneo
non sia la vittoria di una coppa, è
giusto riportare anche notizie di
palmarès: se la competizione
femminile ha quasi sempre visto
trionfare il Messico, con otto
vittorie su dodici manifestazioni,
per il maschile i vincitori sono
sempre diversi e da ogni parte del
mondo, sebbene sia dal 2013 che
vincono solo squadre sudamericane:
Cile, Brasile, Scozia, Ucraina e
Afghanistan; anche l’Italia ha
vinto, per due volte consecutive,
nel 2004 e nel 2005. Sono quasi una
settantina, ormai, i Paesi membri
dell’Homeless World Cup, e
l’organizzazione punta a crescere
ancora. Mel Young, al momento,
figura come presidente
dell’associazione: Harald Schmied,
infatti, inizialmente suo CEO e
insignito del Merit Badge, la
più alta onorificenza austriaca, è
morto nel 2018, due anni dopo che
gli era stata diagnosticata la SLA.
L’obiettivo di Young e Schmied,
dichiarato fin dai primi giorni,
resta comunque lo stesso: dare
visibilità ai senza tetto, spesso
dimenticati dalle politiche dei vari
Stati, disprezzati e considerati
indegni di appartenere alla società,
nel tentativo di aiutare ognuno di
loro a trovare la sua via, il suo
posto nel mondo. Sono innumerevoli
sul sito le testimonianze di persone
che sono state aiutate da questa
competizione, che hanno trovato la
propria quadra nell’organizzazione
sportiva e nell’aiuto reciproco che
solo una squadra può fornire. In
aiuto a queste realtà, sono anche
arrivate alcune squadre
professionistiche, come il Tottenham
e il Bayern Monaco, che hanno
organizzato degli allenamenti
congiunti tra i propri giocatori e
quelli della Homeless World Cup.
Nel 2024 è nato un nuovo format
della competizione, chiamato
African Women’s Cup, a cui hanno
partecipato otto squadre africane
composte solo da ragazze: il torneo
è stato vinto dall’Uganda, in finale
contro la Tanzania.
La prossima città dove si terrà la
competizione sarà Seul: l’evento,
sponsorizzato anche dal calciatore
del Tottenham Kim Min-jae, si terrà
tra il 21 e il 28 settembre 2024. La
Corea del Sud si tratta del primo
Paese asiatico a ospitare la
manifestazione, che fino a ora si è
tenuta in tutti gli altri quattro
continenti; in Italia il torneo si è
disputato nel 2009, a Milano, e per
l’occasione Lewis Hamilton ha
figurato come padrino dell’evento.